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Gli iraniani stanno per attaccare…. un manifesto su un muro… in cui annunceranno… un’imminente reazione a ulteriori provocazioni israeliane…

Le armate del Califfato dei Rāshidūn durante la battaglia di al-Qādisiyyah

L’Iran ha dimostrato per l’ennesima volta una certa titubanza nel concretizzare le minacce di rappresaglia nei confronti di Israele. Chiunque può interpretare la situazione attuale come desidera, eventualmente anche valutando la condotta di Teheran come espressione più che di debolezza di saggezza e lungimiranza di fronte all’isterismo di Tel Aviv e ai continui tentativi ebraici di gettare benzina sul fuoco. Detto questo, sono costretto per l’ennesima volta a ricapitolare la breve storia triste della potenza militare persiana (ispirata a un noto meme).

La conquista musulmana dell’impero sassanide fu rapida (633-644) ma non indolore: gli scontri decisivi si svolsero in un pugno d’anni e furono contraddistinti da episodi poco onorevoli. Una delle battaglie più importanti, quella di al-Qadisiyya, si aprì con l’avanzata dei Mubārizūn (i “Duellanti”), l’unità d’élite del Califfato dei Rāshidūn mandata in “avanscoperta” per fronteggiare i nemici prima dell’attacco (l’obiettivo di tale tattica era demoralizzare gli avversari uccidendone i guerrieri migliori).

Il generale sassanide Rostam Farrokhzād, dopo aver assistito a numerose sconfitte dei propri soldati nei singoli duelli, decise di dare il via alla battaglia ordinando alla sua ala sinistra di attaccare l’ala destra dei musulmani. Il combattimento durò quattro giorni e si concluse con una devastante sconfitta per i persiani.

Alla conquista di Qadisiyyah seguì la breve battaglia di Burs (636 d.C.), nella quale il comandante Rāshidūn Zuhra ibn al-Ḥawiyya sconfisse il suo omologo sassanide… in duello. Dopodiché, i musulmani marciarono sulla capitale dell’impero, Ctesifonte: l’assedio durò per due mesi e la città fu presa nel marzo del 637. In uno dei tentativi di spezzare l’assedio, la guarnigione sassanide si fece guidare da un leone addestrato per la guerra, che terrorizzò i cavalli degli arabi: il comandante dei Rāshidūn, Hashim ibn ‘Utba, riuscì però ad abbatterlo con un solo colpo.

Quella sera stessa il comandante sassanide venne ucciso da Zuhra in… un altro duello, e i combattimenti cessarono. Un emissario persiano recò ai musulmani un messaggio dello Shāhanshāh (“Re dei Re”) che così recitava:

«L’Imperatore domanda se siate favorevoli a una pace che contempli il Tigri come linea di demarcazione tra voi e noi, in modo che le terre che si estendono a Oriente rimangano nostre e ciò che si trova a Occidente sia vostro. E se ciò non soddisfa la vostra di conquista, allora nulla potrà saziarla».

Gli arabi non accettarono e in poco tempo sottomisero quel che restava dell’Impero.

Ovviamente sono storie di quattordici secoli fa che si raccontano solo per trollare certi commentatori in vena di entusiasmi per le odierne capacità militari di Teheran: con tutta la simpatia che possiamo portare per la nazione del martirio, consigliamo di raffreddare i bollenti spiriti.

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