Dopo l’exploit trumpiano del camerata Elon Musk, è iniziata la guerriglia vaginocratica contro la rinascita dello spirito faustiano nel terzo millennio: OCCUPARE MARTE. Per esempio, la starlette Olivia Rodrigo, intervista da Netflix, ha appena affermato che a suo parere il “più grande campanello d’allarme” nell’approccio ad uomo sarebbe la sua volontà di conquistare il cosmo: “Chiedo sempre loro se vorrebbero andare nello spazio. E se rispondono di sì, non ci esco“.
The left hates Elon so much that they’re trying to psyop the youth into not wanting to go to Space. Absolute insanity. Ambition is now WEIRD. pic.twitter.com/oJZcv4WTCf
— Autism Capital 🧩 (@AutismCapital) November 3, 2024
Ma vaffanculo, inutile sciacquetta. Cerchiamo di chiarire un paio di punti: in primo luogo, è da decenni che si cerca di mandare una donna nello spazio. L’ultima in ordine di tempo ha aperto un buco con un trapano sulla ISS dopo il classico sclero.
Stiamo spendendo BILLIONI DI DOLLARI (persino noi di Caltanissetta!!!) per convincere queste handicappate -in senso etimologico- a far qualcosa di utile per l’umanità, e loro che fanno? Fanno le ritardate, come al solito. E allora lasciatemi ricordare per l’ennesima volta una storia italiana, una tragedia maschile, uno psicodramma italico e virile che ancora mi fa tremare le vene e i polsi.
Nell’ottobre del 2016 le testate nazionale riportarono la curiosa vicenda di Pietro Aliprandi, uno psicoterapeuta ventiseienne di Conegliano (TV) che, dopo aver superato una rigida selezione, sarebbe dovuto partire per Marte da dieci anni a quella parte, ma che decise di rinunciare alla storica impresa per amore, comunicando la sua scelta con una lettera aperta al manipolo di fedelissimi che si era costruito nella prospettiva di diventare il primo italiano (ma soprattutto il primo veneto) a sbarcare sul Pianeta Rosso:
«Cari sostenitori,
[…] Mi avete chiesto in molti, nei mesi passati, quali novità ci fossero con la mia candidatura – novità che più volte promisi. Ebbene sì, una novità c’è: poche settimane fa ho ritirato la mia candidatura. Ho dato le dimissioni. Non sarò più il primo italiano ad andare su Marte.
La ragione di questo difficile, quasi insormontabile passo, è tanto semplice quanto incisiva: l’amore. Quando conobbi la mia ragazza, Elena, io ero già candidato alla missione; entrambi sapevamo che, a causa di ciò, presto o tardi la nostra storia sarebbe giunta al termine. Abbiamo “provato” a lasciarci, e ci siamo pure riusciti, per due volte – e per due volte siamo tornati assieme. L’ultima è stata la scorsa estate, dopo essere tornato dal mio viaggio “in solitaria” negli Stati Uniti, durante il quale in realtà ebbi occasione di incontrare molti altri candidati. Qui cominciò l’agonia: ero convinto più che mai di partire, di far parte di quel meraviglioso gruppo di piloti, medici, ingegneri e fisici provenienti da tutti i continenti della Terra. Allo stesso tempo, però, per quanto mi sforzassi non riuscivo, neanche lontanamente, ad immaginare per me un futuro senza Elena. Lasciare Mars One mi ha fatto sentire mutilato, come se avessi rinunciato al 49% di me stesso (l’avventuriero) proiettato nello spazio, per preservare quel 51% (l’amante) che risiede qui sulla Terra. Non è stato difficile prenderla, questa decisione: è difficile scegliere quale dessert ordinare al ristorante, mentre decisioni come la mia vengono offerte con la risposta già stabilita. Ciò che è arduo, e per me lo è stato, è accettare tale scelta. Ma in fondo, a renderci più forti sono esperienze come queste, le scelte importanti e difficili che prendiamo e accettiamo.
So di aver deluso molti di voi, magari di aver infranto il sogno di vedere un altro italiano scoprire un nuovo mondo, come lo fecero Marco Polo e Cristoforo Colombo. Per molti ero diventato un modello, un simbolo. Altri, più romantici, saranno sollevati, ne sono certo. Infine qualcuno, leggendo questa mia dichiarazione, penserà “c’avrei giurato”, “lo sapevo”, “l’avevo detto”. Non passa giorno senza che io, prima di tutti, non ritorni a quel momento, quando ho inviato l’e-mail al Quartier Generale di Mars One. Ma poi guardo la mia duchessa [lol, ndr], i suoi occhi uno blu e uno verde, penso a tutto quello che abbiamo passato, a quello che passeremo, e la malinconia si smorza fino a sparire.
Forse ho rinunciato al mio sogno di diventare un pioniere spaziale, ma non rinuncerò alla mia passione per lo spazio e l’astronomia: la soddisfazione che si prova nell’alimentare la meraviglia degli appassionati è impagabile, e per questa ragione non smetterò di scrivere, continuerò a viaggiare, a parlare della mia esperienza fino a questo punto, a quanto sia difficile diventare astronauta, non tanto per il training e le selezioni, quanto per il prezzo da pagare. Magari un giorno il mio curriculum arriverà su una scrivania dell’ESA; oppure, chissà, io ed Elena ci candideremo assieme alle prossime selezioni di Mars One, o ci uniremo alle migliaia di coloni previste da Space X.
Sta di fatto che non sparirò tanto presto, e che presto sentirete parlare nuovamente di me. Pertanto, mi limito ad un semplice “arrivederci”».
Uno dei lati singolari della vicenda è che, sul suo blog, Aliprandi aveva discusso mesi prima della propria risoluzione, ma il tutto era rimasto una non-notizia finché il Corriere della Sera non decise di imbastirci un pezzo dai toni struggenti: Non parto più: l’amore di Elena è più forte dei miei sogni di bambino.
Lasciamo da parte l’imbarazzante esito del progetto Mars One (che letto alla veneta ricorda un epiteto poco carino –marsone– da rivolgere ai propri competitors), organizzato da una start-up olandese che era riuscita a razzolare milioni di dollari con la promessa di organizzare il primo reality show marziano (salvo poi dichiarare bancarotta nel 2019 e sparire col bottino), nonché le motivazioni del buon Aliprandi (che oggi a quanto pare esercita a Padova ed è evidentemente molto riservato sulla sua vita personale, dal momento che è impossibile sapere se almeno sia rimasto assieme a quella Elena) e il suo freddo calcolo sulle percentuali da destinare all’avventura (49%) e all’amore (51%); è doveroso tuttavia ricordare il modo in cui i commentatori del Corsera (naturaliter boomeroni) accolsero la notizia, con quella malinconia agrodolce che, tra le tante cose, attesta la giustezza di un celeberrimo verso dei Pooh sugli Uomini soli perduti nel “Corriere della Sera”:
«Quando quegli occhi che oggi ti appaiono dolci, trasuderanno rabbia ed isteria, vorrai essere davvero in orbita intorno a Marte, o forse ancora più lontano. Ma non potrai. E dovrai subire!!!»
«Quando l’amore sarà tramontato, molto presto ti mangerai le mani a morsi per non essere partito. Mai rinunciare ai propri sogni per una donna o un uomo. Non ti capiranno mai. Ti tarperanno solo le ali in tutti i modi. Uno che ci è passato!»
«Grande amore ma piccoli uomini. Nessuna relazione sentimentale vale un viaggio da pioniere spaziale. Non scherziamo».
«Non ricordo grandi invenzioni realizzate da uomini sposati. (Tesla pensiero)»
«Ci vediamo alla prima paranoia pesante della tua amata. E quando la pressione della tua adoranta (sic) ancella arriverà alle stelle (perché arriverà), ti farò vedere come ti mangerai le mani per non esserci andato veramente tra le stelle. Qualsiasi cosa ti sembrerà meno brutto di scappare lontano!!»
È una mia ipotesi, ma penso che solo un uomo che abbia “tradito Marte” per amore possa giungere a inacidirsi così tanto: del resto, è un dato di fatto che le donne al giorno d’oggi siano talmente insopportabili che qualsiasi maschio sano, una volta resosene conto, non possa fare a meno di preferire un viaggio senza ritorno verso un luogo sconosciuto e inospitale.
Quanto soffrono gli uomini sempre e comunque, sia che riescano a coronare il loro sogno d’amore sabotando il destino faustiano dell’Occidente, sia che vengano pugnalati alle spalle dalla prima che passa.
Si dovrebbe erigere un monumento a tutte le povere vittime maschili di questo assurdo matriarcato in cui stiamo vivendo. D’altro canto, questa è la prova provata che se noi maschi bianchi non avessimo dovuto subire il femminismo, ultimo precipitato di un millennio di amour-passion, oggi avremmo già le macchine volanti e colossēī su Marte.
Regína cæli lætáre,
allelúia.
Quia quelli merúisti portáre,
allelúia.
Resurréxit, sicut dixit,
allelúia.
Ora pro nobis Deum,
allelúia.
Gaude et lætáre, Virgo María,
allelúia.
Quia surréxit Dominus vere,
allelúia.