Grande Italia

Ho notato che su Wikipedia esiste una voce dedicata alla cosiddetta “Grande Italia” (espressione con cui si indica il progetto espansionistico fascista) in ben ventidue lingue (dal bielorusso al cinese, dal catalano all’ossetico, dall’ungherese… all’ebraico) che tuttavia è assente nella versione italiana. Dopo qualche ricerca ho scoperto che la voce è stata cancellata nel 2015 sostanzialmente con la motivazione che darebbe un’immagine troppo coerente e “unitaria” della politica estera dell’Italia del Ventennio, rappresentazione che a quanto pare può andar bene alle “enciclopedie libere” di mezzo mondo (compresa la Wiki “originale”, quella in inglese) ma non alla “nostra”.
Sembra in realtà che una minima parte di questa voce sia confluita in quella dedicata al Colonialismo italiano,  che tuttavia rappresenta un argomento piuttosto diverso, tanto che le altre Wikipedie gli dedicano uno spazio separato rispetto a quello sulla Grande Italia. Dal momento che considero la scelta della rimozione assurda, pubblico qui di seguito i contenuti dell’ultima versione disponibile prima della cancellazione, recuperati attraverso archive.org.

Grande Italia

Grande Italia o Italia imperiale fu un progetto con il quale il fascismo italiano aspirava a creare un impero italiano nell’area del bacino del Mediterraneo.

Mappa della Grande Italia: la linea arancione mostra le aree dell’Europa e del Nord Africa che dovevano essere incluse nel progetto del 1940. In verde le aree occupate dagli Italiani nel novembre 1942 (in rosso quelle inglesi)

L’elaborazione del progetto

Il progetto venne anticipato già nelle linee programmatiche del sansepolcrismo (con il programma omonimo del 24 marzo 1919) e nel Manifesto dei Fasci italiani di combattimento del 6 giugno 1919. Esso consisteva in una Grande Italia che doveva includere: Nizza, Savoia, Ticino, Venezia Giulia, Dalmazia, Corfù, Malta e Corsica, popolate in parte anche da comunità italofone, e ampie zone dell’Africa settentrionale e orientale: Libia, Egitto, Sudan e Corno d’Africa, alcune delle quali abitate da italiani dal XIX secolo.
L’espansione in questi territori avrebbe permesso all’Italia di riprendere il dominio del Mediterraneo (che veniva considerato dai fascisti come Mare nostrum) perso con la caduta dell’Impero romano d’Occidente.
Il progetto acquisì nuovi tasselli durante la seconda guerra mondiale, con l’occupazione di Grecia, Corsica, Tunisia e l’invasione dell’Egitto; tuttavia tale progetto dovette essere totalmente abbandonato con la sconfitta delle Potenze dell’Asse[1].
In preparazione della guerra contro la Francia nel 1940, il regime fascista era intenzionato ad ottenere la Corsica, Nizza, la Savoia e le colonie francesi della Tunisia e del Gibuti[2]. Il ministro degli esteri Conte Galeazzo Ciano il 10 giugno 1940 sostenne la spartizione della Svizzera tra Germania e Italia, con l’Italia che avrebbe annesso i cantoni Ticino, Grigioni e Vallese[3].

La politica militare

Il Dodecaneso
Il primo passo per la formazione della Grande Italia fu fatto da Cesare Maria De Vecchi. Nel 1936, dopo la nomina a governatore del Dodecaneso dette il via ad un processo di Italianizzazione delle isole greche, imponendo l’uso della lingua italiana e realizzando stanziamenti per un totale di 7.015 italiani a Rodi e nelle isole circostanti[4][5][6][7].
Nel 1940, con l’inizio della Campagna italiana di Grecia, De Vecchi propose l’annessione al Regno d’Italia del Dodecaneso e delle Isole Ionie nonché delle isole di Chio e Samo, che in passato era appartenuta alla Repubblica di Genova.

La Quarta Sponda
Un altro leader fascista, Italo Balbo, promosse invece attivamente l’incremento della comunità italiana sulle coste della Libia, colonia italiana sin dal 1912. Balbo chiamò Tripolitania e Cirenaica la Quarta Sponda dell’Italia, in riferimento alle altre tre sponde (tirrenica, adriatica e ionica) della penisola italiana. Il 28 ottobre 1938 Balbo dette il via alla spedizione dei primi 20.000 coloni italiani, i cosiddetti Ventimilli, provenienti principalmente da Napoli e da Genova, in Libia. Il 28 ottobre 1939 venne dato il via ad una seconda spedizione, che riguardò altri 10.000 italiani.
Nel 1940, alla vigilia della Seconda guerra mondiale, grazie a Italo Balbo i dati della colonizzazione italiana della Libia apparivano assai promettenti:
• in Tripolitania italiana il terreno agricolo ammontava a 231.089 ettari divisi in 3.675 poderi, abitati da 3.960 famiglie (23.919 persone);
• in Cirenaica italiana gli ettari erano 79.831, le famiglie 2.206, gli italiani 15.014.
A questi occorreva aggiungere altri 70.000 italiani sparsi nelle città della costa e, per completare il quadro, 424 chilometri di strade asfaltate, 2.740 chilometri di strade in terra battuta e 1.882 chilometri di litoranea dal confine tunisino a quello egiziano[8].
La comunità italiana di Libia raggiunse così il suo apice con 112.600 persone, ovvero il 13,26% della popolazione dell’intero territorio libico[9]. L’obiettivo finale era ancora più ambizioso: creare una colonia di 500.000 persone entro gli anni sessanta, in modo che gli italiani si ponessero in maggioranza, costituendo i 2/3 della popolazione della Libia costiera. Nel novembre 1942 anche la Tunisia, con i suoi 120.000 italiani, venne inclusa nella Quarta Sponda, ma pochi mesi dopo fu riconquistata dagli Alleati.

I Balcani occidentali
Nella primavera del 1941, grazie all’aiuto degli alleati tedeschi, l’Italia riuscì a sconfiggere la Grecia e conquistare parte della Jugoslavia[10]. Il Regno d’Italia annesse la Slovenia centrale e meridionale (provincia di Lubiana) e una parte della Dalmazia, che andò a costituire l’omonimo governatorato.
Il generale Vittorio Ambrosio, comandante in capo dell’Esercito italiano durante la conquista della Dalmazia jugoslava, creò una linea d’occupazione italiana da Lubiana al Montenegro, che successivamente fu considerata il confine orientale della Grande Italia. Questa frontiera includeva il Montenegro, l’Albania etnica ed il Principato del Pindo, in Epiro. De Vecchi propose anche l’annessione alla Grande Italia di Corfù, delle Isole Ionie e delle isole egee meridionali, territori appartenuti alla Repubblica di Venezia, nonché le “genovesi” Chio e Samo. In questo progetto di De Vecchi tutti i Balcani occidentali dalla Slovenia alla Ciamuria sarebbero stati italiani; si sarebbe così creato uno spazio vitale italiano, però assai meno esteso e ambizioso del Lebensraum germanico.

Il concetto

Lo spazio vitale, che albergava nel pensiero fascista italiano, riassumeva e giustificava le sue aspirazioni di espansione territoriale[11]. Tuttavia, mentre la conquista dello spazio vitale nazista era basata sul razzismo scientifico, e implicava necessariamente un’operazione di ingegneria razziale sull’Europa, da attuarsi con il genocidio delle nazioni soggiogate[12], l’aspirazione egemonica di Benito Mussolini non presupponeva il genocidio, ma affidava alla razza italiana, considerata “custode e portatrice di una civiltà superiore”, la missione di esportare la rivoluzione fascista fuori dai propri confini, “civilizzare” i territori conquistati, e «imporre i criteri morali e razziali, il diritto, la virtus e la libertas»[11]. Le nazioni sconfitte sarebbero state sottoposte al potere e alla “protezione” di Roma, pur mantenendo la propria lingua e la propria cultura[11]. L’ideologo fascista Giuseppe Bottai, nei suoi Contributi dell’Italia al nuovo ordine, paragonava questa missione storica all’agire degli antichi romani, affermando che «i nuovi italiani avrebbero illuminato il mondo con l’arte, educato con la sapienza, dato ai nuovi territori una salda struttura con la tecnica e l’abilità amministrativa».[11]
Lo spazio vitale sarebbe stato suddiviso tra il “piccolo spazio”, cioè lo spazio fisico dei soli italiani, e il “grande spazio”, abitato invece da altre popolazioni sotto la dominazione coloniale italiana, sul quale esercitare un potere sottratto a ogni ingerenza di potenze estranee[13]. Lo “spazio vitale” sarebbe stato il perimetro entro cui imporre il Nuovo Ordine e nel quale realizzare quel ruolo storico speciale che, secondo la retorica fascista, sarebbe spettato alla nazione italiana[13].
L’estensione territoriale dello spazio vitale italiano doveva coprire l’intero Mediterraneo (il Mare Nostrum della retorica imperiale) e tutta l’Africa settentrionale, dall’Oceano Atlantico all’Oceano Indiano[14]. L’inequivocabile ambizione espansiva sul Mare Nostrum si era espressa già in maniera lampante con il massiccio impegno bellico profuso sul fronte della guerra civile spagnola, con 35.000 soldati impegnati, un esborso di oltre 6 miliardi di lire per l’approvvigionamento di materiale bellico, e le ingenti perdite umane, ammontanti a 4.000 morti e 11.000 feriti[15].

Le aspettative con la vittoria della seconda guerra mondiale

In caso di vittoria delle Potenze dell’Asse, Benito Mussolini era intenzionato ad acquisire il controllo della parte dell’isola di Creta occupata dai tedeschi e le circostanti isole greche del sud, in modo tale da allargare i possedimenti italiani oltre Dodecaneso e le Isole Ionie[16]. A sud della Quarta Sponda alcuni esponenti fascisti sognarono una Grande Italia che, partendo dal Fezzan, comprendesse Egitto, Sudan e l’Africa Orientale Italiana[17]. La vittoria degli Alleati e la successiva caduta del fascismo posero fine al progetto.

Note

  1. Blitzer Wolf, Century of War, p.125.
  2. Owen Chadwick. Britain and the Vatican during the Second World War, Cambridge University Press, 1988, p. 104.
  3. MacGregor Knox, Mussolini Unleashed, 1939-1941: Politics and Strategy in fascist Italy’s Last War, Cambridge, England, UK; New York, New York, USA; Oakleigh, Melbourne, Australia: Cambridge University Press, 1999. p. 138.
  4. Massimo Baioni, Risorgimento in camicia nera, p. 47.
  5. Dubin Marc, The Dodecanese and the East Aegean Islands, Rough Guides, 2002.
  6. A. Del Boca Le guerre coloniali del fascismo. p. 71
  7. Carlo Galeotti, Credere obbedire combattere – I catechismi fascisti, p. 72
  8. Sergio Romano. La quarta sponda, Longanesi, p. 260
  9. Helen Chapin Metz Libya: A Country Study.
  10. Alberto Rosselli, Storie Segrete. Operazioni sconosciute o dimenticate della seconda guerra mondiale, p. 36.
  11. Davide Rodogno, Il nuovo ordine mediterraneo. Le politiche di occupazione dell’Italia fascista in Europa (1940-1943), Bollati Boringhieri, 2003, p. 72.
  12. Rodogno, op. cit., p. 97.
  13. Rodogno, op. cit., p.74.
  14. Rodogno, op. cit., p. 73.
  15. Rodogno, op. cit., p. 40.
  16. Davide Rodogno. Fascism’s European Empire. Italian Occupation During the Second World War, Cambridge Univ. Press, 2006.
  17. Alberto Rosselli, op. cit., p. 49.

Bibliografia

  • Baioni, Massimo. Risorgimento in camicia nera. Carocci. Arezzo, 2006.
  • Blitzer, Wolf. Century of War. Friedman/Fairfax Publishers. New York, 2001.
  • Chapin Metz, Helen. Libya: A Country Study. GPO for the “Library of Congress”. Washington, 1987.
  • De Felice, Renzo Interpretations of Fascism (translated by Brenda Huff Everett). Harvard University Press. Cambridge, 1977.
  • De Felice, Renzo. Mussolini l’Alleato: Italia in guerra 1940-1943. Rizzoli Ed. Torino, 1990.
  • Del Boca, Angelo. Le guerre coloniali del fascismo Laterza. Roma, 1991.
  • Galeotti, Carlo. Credere obbedire combattere – I catechismi fascisti Stampa Alternativa. Milano, 1996.
  • Lamb, Richard. Mussolini as Diplomat. Fromm International Ed. London, 1999.
  • Payne, Stanley G. A History of Fascism, 1914-45. University of Wisconsin Press. Madison, Wisc., 1995.
  • Rosselli, Alberto. Storie Segrete. Operazioni sconosciute o dimenticate della seconda guerra mondiale Iuculano Editore. Pavia, 2007.
  • Vignoli, Giulio. I territori italofoni non appartenenti alla Repubblica Italiana, Giuffrè, Milano, 1995.
  • Vignoli, Giulio. Gli Italiani dimenticati. Minoranze italiane in Europa, Giuffrè, Milano, 2000.
  • Zaffiri, Gabriele. L’Impero che Mussolini sognava per l’Italia, The Boopen Editore, Pozzuoli (Napoli), ottobre 2008.
  • Tomaz, Luigi. Il confine d’Italia in Istria e Dalmazia. Duemila anni di storia, Presentazione di Arnaldo Mauri,Think ADV, Conselve, 2008.

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