Grande Reset: “Vivo in una scatola di cartone, mangio insetti e la mia vita non è mai stata così bella”

Il famigerato World Economic Forum (WEF), l’organizzazione fondata dall’ingegnere tedesco Klaus Schwab che riunisce annualmente i filantropi di tutto il mondo a Davos e che vorrebbe approfittare della pandemia per imporre una tecnocrazia universale politicamente insostenibile (si veda qui e qui) nel novembre del 2016 pubblicò una insolita testimonianza della ex ministra dell’ambiente danese Ida Auken, intitolata Benvenuti nel 2030: non possiedo nulla, non ho alcuna privacy e la vita non è mai stata così bella. Ne riportiamo solo qualche passaggio per farvi capire di cosa si tratta:

«Benvenuti nell’anno 2030. Benvenuti nella mia città – o dovrei dire “la nostra città”. Non possiedo nulla. Non ho un’auto. Non ho una casa. Non posseggo alcun elettrodomestico o vestito. Potrei sembrarvi strano, ma tutto ciò ha perfettamente senso per noi in questa città. Tutto ciò che voi consideravate un prodotto, ora è diventato un servizio. Abbiamo accesso ai trasporti, agli alloggi, al cibo e a tutto ciò di cui abbiamo bisogno nelle nostre vite quotidiane. Poco per volta, tutte queste cose sono diventate gratuite, quindi non ha senso per noi averne tante. Le prime a diventare digitalizzate e gratis per tutti sono state le comunicazioni. Poi, quando l’energia pulita è diventata gratuita, le cose hanno iniziato a evolvere rapidamente. Il prezzo dei trasporti è crollato. Per noi non ha più senso possedere un’auto, perché in pochi minuti possiamo chiamare un veicolo a guida automatica o un’auto volante per i viaggi più lunghi.
[…] Nella nostra città non paghiamo alcun affitto, perché, quando non ne abbiamo bisogno, qualcun altro utilizza i nostri spazi. Quando non ci sono il mio soggiorno viene usato per incontri di lavoro. Di tanto in tanto, mi piace cucinare per me stessa. Nulla di più semplice: gli utensili da cucina mi vengono consegnati davanti alla porta in pochi minuti. Da quando i trasporti sono diventati gratuiti, abbiamo smesso di tenere cose ammassate nelle nostre case. Perché avere macchine per la pasta o padelle stipate nelle nostre dispense? Possiamo semplicemente ordinarle quando ne abbiamo bisogno.
[…] Quando i robot ci hanno sostituito nella maggior parte dei nostri lavori, abbiamo improvvisamente trovato il tempo per mangiare meglio, dormire e trascorrere dei momenti con gli altri. Il concetto di “orario di punta” non ha più senso, poiché il lavoro che facciamo può essere svolto in qualsiasi momento. Non dovremmo più nemmeno chiamarlo “lavoro”, è più tempo dedicato al pensiero, alla creazione e allo sviluppo.
[…] La mia più grande preoccupazione è per tutti quelli che non vivono in città. Quelli che abbiamo perso lungo il cammino. Quelli che hanno deciso che la tecnologia sia andata troppo oltre. Quelli che, quando i robot hanno assunto il controllo di gran parte del mondo del lavoro, si sono sentiti obsoleti e inutili. Quelli che si sono arrabbiati con il sistema e si sono rivoltati. Vivono stili di vita diversi, fuori dalla città. Alcuni di loro hanno formato piccole comunità autosufficienti. Altri sono rimasti nelle case vuote e abbandonate dei piccoli paesini del XIX secolo.
Di tanto in tanto mi infastidisce non avere privacy. Non posso andare da nessuna parte senza essere schedata.
So che, da qualche parte, ogni cosa che faccio, penso o sogno viene registrata. Spero soltanto che nessuno la usi contro di me. Tutto sommato, è una bella vita […]».

Il WEF era così sicuro della bontà di questa utopia, che ha preferito far sparire il pezzo dal proprio sito (ma archive.org l’ha ovviamente conservato). Tuttavia, l’organizzazione ha voluto comunque incastonare la pensata della politicante danese in una sorta di “pubblicità progresso”, che identifica il primo cambiamento fondamentale del 2030 con questo motto icastico: “Non possederai nulla e sarai felice”. You’ll own nothing and be happy.

Con la pandemia, questi pii desideri di frugalità, convivialità, condivisione  e decrescita si sono moltiplicati. È interessante, da tale prospettiva, leggere l’articolo di Bloomberg Why and How I Plan to Die With an Empty Bank Account (F. Torabi, 3 ottobre 2020), che sostanzialmente ci invita a “spendere tutto senza rimpianti”. L’Autrice esordisce con considerazioni banali (“Se il 2020 ci ha insegnato qualcosa, è che la vita è incertezza”), ma poi arriva dritta al punto: «L’unica “eredità” che voglio lasciare è aver speso tutti i miei soldi in esperienze significative e per le persone e le cause in cui credo».

Questa “filosofia finanziaria” è apertamente ispirata ai super-ricchi:

«Laurene Powell, che ha ereditato oltre 20 miliardi di dollari dal suo defunto marito Steve Jobs, ha annunciato di voler donare tutto quel che possiede finché è in vita, contribuendo a cause sociali ed economiche che necessitano di sostegno finanziario. Anche Sting, Bill Gates e Warren Buffett sono intenzionati a non lasciare ai loro figli alcuna eredità».

Per l’editorialista tale stile di vita dovrebbe diventare mainstream, perché “spendere mentre si è vivi è più appagante che lasciare un gruzzolo dopo la propria morte”. Secondo un certo Bill Perkins, uno dei guru della nuova corrente di pensiero, esiste una “utilità ottimale del denaro” che va sfruttata finché appunto si è in vita: nel suo volume dal titolo programmatico Die With Zero, Perkins invita i lettori a calcolare la propria “cifra di sopravvivenza”, cioè i soldi che si necessitano per mantenersi per quanto riguarda salute, casa e cibo. La giornalista porta come esempio l’abitazione:

«Abbiamo appena comprato la nostra casa nel New Jersey e abbiamo intenzione di rimanere qui per i prossimi 15 anni, fino a quando i nostri figli non avranno finito il liceo. Dopodiché, non avrebbe molto senso mantenere la nostra residenza, viste le alte tasse comunali, che servono principalmente alle scuole pubbliche».

(Il riferimento alla scuola pubblica dipende dal fatto che negli Stati Uniti i “distretti scolastici” possono imporre tasse per finanziare il sistema di istruzioni di una determinata zona).

Torabi aggiunge poi un altro argomento alla nuova smania di sputtanarsi il conto corrente: «L’idea di lasciare i soldi a delle organizzazioni non profit nel nostro testamento potrebbe nuocere alle cause che vogliamo sostenere. Perché non dare prima se possiamo?».

Su questa linea, l’editorialista invita a cambiare il concetto stesso di “eredità”: «Lasciate ai vostri figli la vostra ricchezza quando sono giovani e forse vogliono avviare un’impresa o farsi una famiglia o investire». Solita arroganza dei moderni: il motivo per cui nessuno ci aveva mai pensato non è perché i genitori sono tutti stronzi, ma semplicemente perché, come sosteneva sei secoli fa il “mercante perfetto” Benedetto Cotrugli (1416–1469) nel suo Libro de l’Arte de la Mercatura:

«Fa’ che al tuo figliuolo non lassi manegiar denari fin che non cognosce che cosa è lo denaro, et quanto vale, et con quanta fatica si guadagnia».

Comunque, la parte migliore è -sempre- tra le righe, quando, en passant, la teorizzatrice dello spendaccionismo valuta l’idea di “non andare mai in pensione”: «Sto già pensando di diventare agente immobiliare a 50 anni per generare un reddito aggiuntivo e integrare i nostri bisogni in pensione». In conclusione, nel 2030 non possederete nulla, lavorerete fino alla morte e sarete felici.

PS: L’allusione all’entomofagia nel titolo riguarda l’ultima passione delle élite: mangiare insetti. Poteva mancare un invito del genere da parte del World Economic Forum? Certo che no

One thought on “Grande Reset: “Vivo in una scatola di cartone, mangio insetti e la mia vita non è mai stata così bella”

  1. Leggere e rileggere tutte queste cose negative senza avere una possibilità di fare qualcosa mi deprime. Ormai sappiamo che stiamo vivendo in un mondo distopico, alcuni se ne sono accorti/ne erano convinti da ancora più tempo e sappiamo che questo problema con il covid non è la fine e sarà ancora peggio con la “catastrofe” climatica. Ma il problema non è azzeccare tutte le cose negative, il vero problema è riuscire ad evitarle se non come nazione (praticamente impossibile visto le teste di cazzo che vivono questo pianeta) almeno come individui/piccole comunità. Io ancora non riesco a trovare una soluzione se non quella di fuggire in qualche paese povero dove nascondersi diventa facile e la tecnologia è poca. Ma devo essere sincero mi convince poco visto che non ho conoscenze sull’agricoltura, sull’allevamento e sulle costruzioni di qualche riparo.

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