Mi è piaciuto, per la crudezza e l’onestà, questo messaggio di Imbecille (così si firma):
“Non ti mando un centesimo. Tutti i miei sudatissimi centesimi mi sono costati 2 siringate. Oppure andavo sotto i ponti. Non sono un bonzo e non mi do fuoco per protestare. Non ci sono veri amici, non ci sono confratelli, compagni, in questa faccenda schifosa. Mi sono piegato? Come si è fatto in altre occasioni, dove non era un vaccino ma qualche altra porcata. Senza frignare. Perché non serve a un cazzo. Non ho abbastanza la faccia di cazzo da elemosinare in giro per finanziare l’eroico mio sacrificio. Dicasi, c’è un autentico motivo per lottare, resistere? Nemmeno io credo ai gesti simbolici, perché dovrei convincere gli altri a destinarmi l’8×1000? Se uno è uno sfigato di merda è uno sfigato di merda, la strada è già battuta, il percorso agevole, il cammino sereno. C’è sempre qualche inconsapevole che si si inoltra nella selva, credendosi il Rambo della genìa, la coscienza politica, lo stratega, lo stregone degli sfigati di merda. Poi ritorna tra di noi, dopo una patetica scampagnata nel bosco delle imprese immaginarie. Pronto a nuovi deliri, squinternati progetti per l’illusione di un riscatto. Ma la sfiga di merda è il luogo della nostra anima, il suo motore, la sua essenza. Le continue fughe tra i miraggi, sempre nuovi, sempre più demenziali, sempre più nevrotici: fughe dalla verità. Io ho questa strada, silenziosa quieta vile, rassegnata a una serena accettazione. Una strada vera. Perché se anche facessi l’eroe, nessuno apprezzerebbe, il mio sacrificio sarebbe patetico e sgradevole, il mio eroismo fastidioso, inopportuno. Bisogna avere la faccia da eroe, lo spirito non serve a niente e l’atto ancor meno. E io ho la faccia di sfigato di merda. Nessuno si aspetta da me nient’altro. Se riuscissi a salvare questo mondo, sotto sotto penserebbero lo stesso che sono uno sfigato di merda. Non mi spetta nessuna alta dignità. Un suicidio, silenzioso e senza stupidi bigliettini di spiegazione, in disprezzo a tutti, purtroppo non ce lo si può più permettere: sul giornale di provincia poi scriverebbero chissà che corbellerie. E ammazzarsi è fatica sprecata, io sfigato di merda morirò di qualche stupidaggine, prima dell’agognata improbabile pensione. È un nostro destino, un classico, una certezza tranquillizzante. Non devo nemmeno preoccuparmi della quota cento duecento trecento. Questa società fa schifo ma anche in un mondo migliore, quello che io penso migliore, sarei lo stesso uno sfigato di merda. Sono nato per non godere nella vita, della vita, per la vita. La società non c’entra. Per essere felice dovrei essere un altro, questa è la verità. Ed è anche una pazzia.
Quindi non ti do un soldo”.
Sono momenti difficili per tutti, specialmente per chi in vita sua ha avuto sempre momenti difficili, dunque faccio fatica a rispondere per le rime (considerando peraltro il tono da eautontimoromeno). Mi limito solamente a tre punti: il primo è che chi scrive cose del genere non può porsi l’alternativa tra “farsi il vaccino” e “andare sotto i ponti”, sia perché quelli che hanno come unica prospettiva morire il prima possibile, a meno che in questi anni non abbiano dissipato stipendi e sussidi per tirare Uova Fabergé contro i muri dei vicoli di periferia, avrebbero benissimo potuto “resistere” (cioè non fare un cazzo come sempre, vaccino incluso); sia perché l’Italia del 2021 non è una provincia ottomana centro-asiatica (“o ti fai eunuco o muori di fame”) ma un Paese che sta accentuando la tabe assistenzialista a scopo di rimodellare l’economia, la società e l’umanità stessa.
Il secondo riguarda il disfattismo di default del messaggio: “Se anche facessi l’eroe, nessuno apprezzerebbe, il mio sacrificio sarebbe patetico e sgradevole, il mio eroismo fastidioso, inopportuno”. A meno di non avere una casistica di un certo rilievo a portata di mano, queste affermazioni lasciano il tempo che trovano e fanno pendant con il volontarismo e il facile entusiasmo di stregoni politici e complottisti assortiti. E comunque, in risposta al pessimismo ontologico, a volte basta un meme:
La terza controversia riguarda i dubbi sui motivi per cui “lottare, resistere”: a parte che questa era un’occasione storica per opporsi a ciò che secoli di letteratura distopica ci hanno insegnato a temere, in ogni caso anche un banale scrupolo di natura sanitaria appare più che lecito (specialmente dopo che hanno imposto una dittatura appunto sanitaria per salvare la vita a qualche ultranovantenne). Come scrive, ad esempio, Stefano (che mi ha donato 5€ dopo aver letto il commento di cui sopra):
«Vorrei […] portare un argomento molto più terra terra a giustificare il mio (nostro?) rifiuto della “vaccinazione”: ci tengo alla pellaccia. Io, semplicemente, ho la forte “sensazione” che per me – 38 anni – sia molto più pericoloso vaccinarmi che ammalarmi»
In effetti nella fascia d’età 30-39 ci sono stati 288 morti, tutti affetti da gravi comorbilità. Certo, seguendo la logica del primo commento potremmo ammettere che chi vuol morire senza suicidarsi e ha meno di 60 anni dovrebbe preferire il vaccino al covid, ma sfiga per sfiga non sarebbe meglio affidarsi a qualche altra soluzione?
Tuttavia, al di là di qualsiasi considerazione eudemonistica su rischi e benefici, bisogna comprendere se realmente vale la pena considerare sub specie politicae l’opposizione tra vaccinati e non. Lascio le conclusioni a Progetto Razzia (alla fine pubblichiamo il trailer del suo canale YouTube, che ovviamente invitiamo a visitare):
«La distanza tra quella che i politologi chiamavano “centro/periferia” oggi è siderale e quindi gli esclusi al potere, al contrario dello scenario post prima guerra mondiale che vide una generalizzata mobilitazione e un pugno di rivoluzioni di diverso (?) segno … a sto giro invece le mobilitazioni verranno poco per volta erose e chi piegandosi chi obtorto collo verremo tutti ricondotti alla ragione (“la ragione della forza” dirai, ma che purtroppo è l’unica importante). Che dire? che penso che l’unica soluzione stia nel cercare davvero un approccio religioso e provare a tenere il punto per “affermare” un principio, non di fronte ai posteri, ma forse di fronte a noi stessi. E d’altra parte superato un certo livello neppure piegarsi ha senso perché: A) buona parte di chi condivide l’approccio vaginatorio (o vaccinatorio) non è una persona di piacevole compagnia (perlomeno con chi è troppo tiepido nei confronti del dogma vaginatorio) e B) non è che “piegarsi” risolve un problema perché la puntura è solo l’inizio di una lunga serie di punture e umiliazioni ecc ecc e se fai tanta fatica ad ingollare la prima non avrai mai l’entusiasmo bovino di chi non vede l’ora di farsi la terza, la quarta dose ecc ecc. Tocca davvero invidiare i credenti insomma, oppure diventarlo».
Per quanto concerne l’approccio “religioso”, c’è un monaco del Monte Athos (Savvas Agioritis) che sostiene che il vaccino possa influenzare in senso negativo la spiritualità di una persona, e riporta la confessione di un confratello che dopo essersi fatto la prima dose di Pfizer non è stato più in grado di pregare. Storie dal pianeta strampalato, naturalmente, ma da una prospettiva “ulteriore” è difficile non considerare chi ha deciso di farsi il siero come portatore di una serie di istanze che non si fermano a un livello sanitario o politico, ma arrivano alla radice, all’essenza, di tutto ciò in cui una persona crede.
PS: Grazie a tutti per le donazioni. Continuate a mandare contributi perché ho già finito lo champagne per la piscina nuova e la resistenza non si porta avanti senza aver prima soddisfatto i bisogni primari ed essenziali.
Se vi avanzano spicci non dateli a Ibu. C'è il mister.https://t.co/hZVTm82LUt
— Assaltoniglio (@Assaltoniglio) November 7, 2021