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Green Pass: e adesso che si fa?

Era ampiamente prevedibile l’introduzione del cosiddetto Green Pass anche per il personale scolastico: per usare un’abusata formula giornalistica, non è più questione di “se”, ma di “quando”. Non possiamo più ragionare col criterio dell’impossibilità politica o del “questo non lo faranno mai”, perché il sistema attuale a quanto pare ha assunto il criterio dell’impensabile (o addirittura dell’impensato) come strumento di governo. Alla fine, non resta più molto da discutere sull’argomento – e questa è la vera tragedia, perché se avessimo pensato l’impensabile/impensato invece di evocare continuamente rivolte di piazza e gesti eclatanti, forse a quest’ora avremmo anche gli strumenti concreti (cioè immateriali) per affrontare tutto ciò.

Al contrario, anche ora si continua a evocare le barricate mentre al contempo si corre a vaccinarsi. È per questo che non scrivo più molto: non mi va di offendere i lettori, né tanto meno gli amici. Però non posso fare a meno di ignorare che anche chi ha “capito tutto” (e per giunta non ha più nulla da perdere), messo un po’ alle strette è andato a farsi punturare: persino chi citava Foucault un tanto al chilo (senza saper pronunciarne il nome correttamente) o ha fatto la tesi su Günther Anders. Non sono deluso, forse lievemente amareggiato; in realtà il sentimento che in me predomina è l’imbarazzo: imbarazzo per dover essere uno dei pochi “resistenti” dopo una vita passata a beccarmi del codardo, del fancazzista, dell’accidioso.

Imbarazzo anche per dover “resistere” assieme a compagni di sventura appena sbarcati dal pianeta strampalato, con i quali non riesco a condividere praticamente nulla, neppure i presupposti della critica al Green Pass. Come posso scendere in piazza con quelle zekke che piagnucolano per qualsiasi cosa, ma hanno potuto fare quel che vogliono in pieno lockdown (come cantavano i bardi: “Lo sbirro non ti tocca, non ti può neanche guardare”) con la protezione delle giunte piddine inferocite contro gli “irresponsabili”? Come posso scendere in piazza con le squadracce arcobaleno che riesumano slogan anni ’70 (“Il corpo è mio e decido io”), all’insegna di un libertarismo tanto anacronistico quanto privo di qualsivoglia coerenza o logica (per dire: nemmeno li avremmo visti se fosse stato già approvato il famigerato DDL Zan)? Come posso scendere in piazza con quelle categorie che hanno sempre pensato al loro orticello e avrebbero venduto le proprie madri in nome della concorrenza, ma ora che il mercato si destruttura e ristruttura riscoprono qualche straccio di principio? Come posso scendere in piazza con quei boomer che ormai non riescono più a dirne una giusta neppure imparandosi a memoria gli audio complottisti che gli arrivano ogni giorno su Whatsapp e sono totalmente privi di alcun riferimento politico o ideologico, persi a manifestare come uniche preoccupazioni da un lato la necessità di sopravvivere a una vita passata a indebitarsi e dall’altro il bisogno di alimentare una cultura del divertimento obbligatorio tra post-sessantottismo ed edonismo reaganiano? (Perlomeno quest’ultima categoria è pittoresca e non eccessivamente irritante).

La situazione mi spinge a non perder più tempo a dimostrare che la questione non è mai stata sanitaria, ma politica. Che senso ha discutere con chi ha effettivamente capito tutto, ma poi si conforma acriticamente dopo la minima pressione? Non mi va di insultare né far venire sensi di colpa, ma ognuno deve prendersi le proprie responsabilità. Chi vuole salvare la propria vita la perderà, diceva un non vaccinato. Ora tutti cantano la stessa canzone: la cantano i soldati, che si sono prestati alla più ridicola delle dittature sperando di poter sfogare un po’ di frustrazione sui propri concittadini dopo anni di pattugliamento “politicamente corretto”; la cantano i figli alcolizzati, che si sono fatti suggestionare dallo specchietto per le allodole del “ritorno alla normalità” (con un lasciapassare anche per pisciare) e non hanno neppure saputo tenere il punto dell’edonismo e della superficialità, auspicando a quel “vivere superiore” e al senso di responsabilità che hanno sempre disprezzato finché non gli si è presentato in forma di siringa (si parla sempre di vaccini, comunque); la cantano i preti progressisti, che dopo aver ceduto su tutto si sono letteralmente prestati a un giuseppinismo da sanatorio, che è la farsa di una farsa penso faccia inorridire pure Satana.
(Per chi ha capito la citazione: sì, ascolto ancora la radio).

Facciamola breve, dai: se la pandemia esistesse, quale senso avrebbe adottare provvedimenti (dalle quarantene di massa ai lasciapassare per cagare) già ampiamente smentiti dalla letteratura scientifica e ormai rivelatisi inefficienti persino dal punto di vista dell’esperienza? E anche se il numero di decessi per covid fosse stato calcolato con qualche criterio minimamente valido a livello epistemologico, avrebbe senso sacrificare le vite degli adolescenti per salvare il 30% della popolazione ultranovantenne? Rendiamoci conto che lo stesso sistema basato sui paradigmi efficentisti ora sputa sul giovanilismo per anni propagandato e impone di distruggere il lavoro in nome della salute. Ci chiedevano di “rimboccarci le maniche”, che fuor di metafora voleva dire rinunciare a ogni diritto (compreso quello della salute sul posto di lavoro…): ora ce lo chiedono ancora, ma solo per iniettarci qualche porcheria sperimentale (forse c’è una coerenza in tutto questo, ma il suo squallore impedisce di perder tempo a identificarla).

Sapete tutti che il punto non è la salute, non lo è mai stato: negli anni ’90 nessuno avrebbe mai chiesto un Aids Pass per entrare in discoteca; nei pronto soccorso non c’è mai stato un test anti-epatite all’ingresso; nei ristoranti non è mai stato chiesto un certificato “no herpes” per consumare. Eccetera eccetera. Perciò non ha nemmeno più tanto senso continuare a parlare di “dittatura sanitaria”.

In conclusione, facciamoci vaccinare, schedare, rinchiudere e dissezionare. In fondo ci hanno detto che tutto tornerà come prima. E non potranno tirare troppo la corda, ché poi si spezzerà. E non riusciranno a far durare l’emergenza all’infinito. E non arriveranno a fare tanto. E soprattutto quella cosa, non la faranno mai.

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