In Italia l’industria editoriale sta puntando molto sul “fenomeno Greta”, cercando di sfruttare in tutti i modi un andazzo che probabilmente scemerà soprattutto a causa del mancato conferimento del Nobel per la Pace alla giovane svedese.
Dopo aver spacciato per “il libro di Greta” un’inconcludente e confusa autobiografia della madre della stessa (Malena Ernman), ora la Mondadori tenta di far il bis presentando lo stesso libro (La nostra casa è in fiamme) in versione per bambini, Greta. La ragazza che sta cambiando il mondo, affidandone la cura alla giornalista del “Corriere della Sera” Viviana Mazza.
Il volume è appunto pensato come una “favola” della ragazzina coraggiosa che sconfigge i giganti cattivi: una narrazione che, a dirla tutta, non è poi molto diversa da quella propinata agli adulti, dunque per certi versi non aggiunge né toglie nulla al “lavaggio del cervello” che già subiamo quotidianamente.
Una operazione editoriale in teoria legittima, se non fosse per il fatto che, al pari delle altre, non dice proprio tutta la verità. Prendiamo, solo a titolo d’esempio, un passaggio casuale:
“Greta ha deciso di diventare vegana per ridurre la propria impronta ecologica. Ha cambiato le sue abitudini, ma ci tiene a dire che non forza nessuno a fare lo stesso” (p. 45).
In verità ne La nostra casa è in fiamme (da cui, ripetiamo, è tratta la “versione illustrata” della Mazza), “Mamma Malena” ci tiene invece a presentare una Greta continuamente impegnata a imporre gli altri il suo stile di vita: a parte dai suoi genitori, che appunto a causa dei ricatti psicologici della figlia sono dovuti diventare vegani, fino ai politici verdi teoricamente “amici”, incessantemente ripresi dalla mocciosetta svedese perché “continuano a prendere aerei, a mangiare carne e latticini”, oppure diventano vegani solo “per poter continuare a volare”.
Questo è di per sé già un’indice di quanto maquillage sia servito a far apparire il personaggio come pacifico, democratico, razionale ed equilibrato, quando al contrario il fanatismo delle idee di Greta (cioè di sua madre che la sta manipolando) trasuda da ogni riga. È una cosa che peraltro la stessa Mazza è disposta ad ammettere, per esempio riconoscendo che la sua paladina “vede il mondo in bianco e nero”: incredibilmente, in un contesto dove il relativismo da “metodologico” è divenuto ormai “obbligato”, questa intransigenza viene spacciata come qualità positiva.
Evidentemente qualcosa non quadra e forse sarebbe il caso di fermarsi un momento a riflettere (come si spera il mancato conferimento del Nobel a cui accennavamo aiuterà a fare). Soprattutto perché, come riconosce ancora l’Autrice, a livello internazionale esistono già numerosi accordi a favore del clima e le nazioni occidentali stanno da anni investendo miliardi e miliardi di dollari nella salvaguardia dell’ambiente.
Alla luce di questa semplice constatazione dovrebbe sorgere spontanea la domanda: allora a che serve Greta, in un contesto dove i politici sono “risvegliati” da un pezzo e addirittura in nome dell’ambiente si pongono talvolta contro i loro stessi interessi elettorali?
La risposta è spiazzante: la lotta di Greta serve a convincerci che “si usano mezzi di trasporto inquinanti e il nostro stile di vita non è ancora sostenibile, cioè consumiamo, sprechiamo e inquiniamo troppo” (p. 89).
Temo che la maggior parte dei gretini non abbia capito l’antifona: Greta non ce l’ha tanto con i “giganti”, i “potenti”, seppure in alcuni discorsi abbia attaccato i “pochissimi uomini molto ricchi che guadagnano miliardi distruggendo il pianeta”. Questo sembra perlopiù un espediente retorico per mascherare il vero obiettivo della sua battaglia, che sono i gretini stessi.
I quali dovranno letteralmente vergognarsi di prendere un aereo, di mangiare pietanze a base di “animali morti”, di non “vivere a chilometro zero”, di “fare shopping”, di non avere ancora comprato un’auto elettrica. Ecco perché forse Greta andrebbe vietata ai minori: non solo ai “minori” dal punto di vista anagrafico, ma anche intellettuale e sociale.