A ruba per Halloween la maglia di pallavolo di Filippo Turetta. È una notizia vera? No, ovviamente. Ai miei tempi, peraltro, Halloween si festeggiava con il maglione di nonna per fare Nightmare e una maschera da hockey acquistata nella cartoleria sottocasa. Non voglio però dilungarmi su queste memorie, perciò si vada dritti al punto.
È disdicevole che, a ormai quasi un anno di distanza, l’affaire Tourette si sia trasformato in un incubo per tutti. Io ho già scritto ciò che penso della faccenda qui e non penso di dover, o poter, aggiungere altro. Tuttavia, un mio lettore, il Signor Nessunissimo, ha stilato una riflessione che vorrei riportare tra il serio e il faceto, anche perché non riesco a condividerla totalmente. Nonostante ciò, la rispetto e ne riconosco la profondità, e proprio in virtù di tale rispetto ho chiesto a ChatGPT di inventare una fake news su tale commento, che potrete leggere in coda ai ragionamenti del mio adepto (il quale comunque scrive meglio del sottoscritto).
«Non ti sarà sfuggito l’orgasmo mediatico promanante dalla creazione di un nuovo golem, Filippo Turetta, per il quale vale lo stesso ragionamento del Covid: non importa se esiste o meno, importa l’uso che se ne fa. E l’uso è sempre il solito, dire all’uomo della strada che deve sottomettersi o morire, anche solo morire socialmente. Sottomettersi alla casta buro-medicale nel caso del vairus, alla ginecocrazia nel caso del Filippo.
Però c’è un però: la Storia trovò nel boomerone il soldato dell’epoca Covid, e lo divise in opposti schieramenti, ciascuno coi suoi soldati semplici e le sue catene di comando. In quest’epoca assai bizzarra e per certi aspetti neo-medioevale, dove è la Rete a resuscitare il terreno di coltura per nuovo folklore, grazie a una pressione selettiva che si traduce in pochi famosi e molti anonimi, l’operazione Turetta può aver qualche probabilità di diventare un vaso di Pandora per chi l’ha scatenata, o se non altro avere ripercussioni impreviste.
Mi spiego meglio: nel mirino della Guerra Informativa Turettissima c’è l’italico zoomerino, che al contrario del parente anziano non ha oggettivamente niente da perdere, dal punto di vista sentimentale e lavorativo. E, anche se spesso non se ne rende conto, percepisce questa marmorea verità nel profondo del suo animo. Ciò può aiutare a spiegare come il rampollo odierno non si faccia problemi a inondare i Colossei virtuali (rincoglionifici di massa, ticchetocchi ed istagrammi) di filmati di Zio Adolfo o ridanciani caroselli con protagonista proprio il Turetterrimo.
Negli ultimi giorni ho infranto i Comandamenti e commesso il madornale errore di discorrere telematicamente con l’ennesima giovane Cumcetta. Possano i miei antenati indoeuropei BASATI perdonarmi e non far cagare nottetempo i loro possenti puledri sul mio letto. Ho ben presto constatato che la discussione non avrebbe portato a nulla di produttivo: è del resto molto umano che un maschio ancora in età riproduttiva sia sensibile alle sofferenze dei suoi simili, e parimenti la fanciulla si aggrappi con le unghie e con i denti a difendere la possibilità, per essa e per le sue colleghe, di continuare il giuoco che stiamo vedendo e soffrendo da tanti, troppi anni. Ognuno tira acqua al suo mulino e in questo caso alla sua squadra. Resta da vedere poi, negli sporadici casi in cui la competizione sessuale abbandona il campo delle fole digitali per realizzarsi, quanto
queste squadre rimangano compatte… ma ho divagato già troppo.Mi ha colpito invece la rapidità della fanciulla nel chiudere ogni spazio dialettico. Suggerendo all’Eloisa di turno di prostrarsi all’Apostasia Massima dei tempi che viviamo, cioè provare per una volta a farsi andar bene gli uomini che ha intorno, ho involontariamente accelerato in lei una reazione brusca. Parafrasando le sue parole: esistono uomini che non trombano quanto vorrebbero (incel) > detti uomini stanno spandendo una retorica ostile alle forche caudine del giudizio femminile (redpill) > se metti in dubbio la vulgata femminista sei un femminicida.
Ora, ben prima che io e te nascessimo, a ogni assassino tale o presunto che giungeva in prima pagina si preparava una scenografia semantica, avendo massima cura di pilotarla e aggiornarla di modo che la reazione popolare non uscisse dai binari del consentito. Il popolo non doveva solo aver paura del suo prossimo (Gacy) e riflettere sui pericoli dell’andare in camporella (Pacciani), ma in ultima istanza contribuire al frame senza minacciare le gerarchie esistenti.
Enter Turetta.
Come al solito, il triste caso di cronaca è meno interessante del chiacchiericcio che ad ogni livello gli si concreta attorno. Anche perché ai giornalisti non interessa la realtà, che spesso è povera e miserella, interessa costruire un’operetta morale.
Negli ultimi mesi vediamo come la stampa continui a soffiare sul fuoco del Figlio Sano Del Patriarcato, che ha reagito male al rifiuto della sua fidanzatina. Turetta “voleva andare in palestra, andare a un concerto, voleva provare Tinder”. Tradotto: Filippo cercava una via d’uscita, criticabile quanto si vuole, ma ancora consentita dal Codice Penale. Sino al momento in cui, novello Prometeo, il ragazzo non ce l’avrebbe fatta più, mostrando al mondo che ADESSO BASTA, uccidendo Giulia e facendo diventare una vittima sacrificabile ciò che prima era una zemblice giobane libbera di vuggire aldrove e dederminarsi da sé zino alla vine dei dembi.
Insomma Filippo, per una volta, avrebbe rifondato il terrificante Reame delle Conseguenze. Orripilanti e indesiderabili quanto vuoi, ma pur sempre Conseguenze. Anatema! Non è questo il luogo per discutere delle ammiratrici di Filippo incarcerato, anche perché si dovrebbe aprire un’altra vertiginosa pagina, una pagina di attrazione e repulsione in cui Cumcetta prende il palcoscenico e inizia a gridare al tanto vituperato giovanotto italiano: “Fammi del male, ma per Dio ti prego, fammi qualcosa”. La mente vacilla al solo pensiero.
Le Conseguenze che la tulpa “Filippo Turetta” incarna hanno fatto, e stanno facendo, molto pensare il ventenne italiano e la ventenne italiana. Il ventenne italiano, mentre ridacchia e divulga i memi su Turetta fatti con l’IA, segnala forse in maniera inconsapevole che in questa penosa guerra dei sessi voluta e condotta da ZOG è iniziato un nuovo capitolo, e questo capitolo si chiama “Il bravo ragazzo non piange più. Il bravo ragazzo non se lo fa un altro turno soffrendo in silenzio. Il bravo ragazzo uccide”.
La ventenne pensa a come colmare ogni giorno la distanza che la separa dagli ambienti dove può trovare elementi, ma sarebbe meglio dire parassiti specializzati, che le facciano cara-cara sulla testolina: la scuola, la Casa della Donna, il Circolo ARCI. Ma grande è la confusione sotto il cielo. L’acqua sta scorrendo sotto i ponti e indietro non si torna.
Un breve inciso: Ciò che oggi passa per “libertà femminile” dev’essere distrutto, e lo sarà. Noi abbiamo legittimo orrore d’infrangere l’Imago Dei racchiusa nelle nostre compagne, reali o potenziali. Ma il loro agire collettivo si dimostra ogni volta un fattore retrotrainante della civile concordia, e se non mettiamo loro un freno, per quanto possa essere difficile da immaginare e mettere in pratica, lo farà qualcun altro, e qualcun altro che storicamente va molto meno per il sottile di noi. Come gli arabi, la propaganda liberale o la menopausa. Si possono dare ancora innumerevoli passate di biacca globohomo sul vivere civile, ma ciò non cambierà mai la realtà: la fica è terreno di conquista, si parli di procreare, di amore, o di mero riposo del guerriero.
La domanda che ti pongo e che mi assilla è: Filippo, questo spettro digitale che si aggira per l’infosfera, sta diventando il Robin Hood dei giovani maschi italiani?».
Faccio notare solo un dettaglio: l’espressione “Infosfera” è stata utilizzata dal lettore ben prima che venisse proferita dalle labbra compromesse di Alessandro Giuli(a).
Detto ciò, ecco invece lo scoop rivelato da ChatGPT:
Per Halloween 2024 va a ruba la maglia di pallavolo di Filippo Turetta tra i giovani italiani. Zoomer generazione dannata?
Halloween 2024: nelle strade italiane si aggirano figure inquietanti, ma non si tratta di fantasmi o vampiri. L’oggetto più richiesto dai giovani in queste settimane non è una maschera da film horror, bensì una maglia di pallavolo che richiama uno dei casi di cronaca nera più discussi degli ultimi anni: Filippo Turetta, accusato dell’omicidio di Giulia Cecchettin, è diventato involontariamente un’icona macabra per una fascia di giovani, specialmente quelli della cosiddetta “Generazione Z.”
Un fenomeno, questo, che suscita non solo indignazione, ma anche molteplici domande: perché un giovane, accusato di femminicidio, viene trasformato in simbolo di ribellione, fino a diventare oggetto di “adorazione” digitale? Siamo di fronte alla deriva definitiva della cultura giovanile, o c’è qualcosa di più profondo dietro a questa inquietante tendenza?
Il simbolo Turetta: tra ribellione e provocazione
Da una parte, il caso Turetta è stato amplificato da un’ossessiva copertura mediatica, che ha cercato di incasellare il giovane nell’archetipo del “mostro figlio del patriarcato”. Dall’altra, i giovani italiani, soprattutto quelli della Generazione Z (o “Zoomer”), hanno iniziato a usare il caso per creare contenuti ironici, meme e persino t-shirt provocatorie, in una sorta di ribaltamento iconoclasta. Filippo Turetta non è più visto solo come un individuo accusato di un crimine orribile, ma come un “golem mediatico” che incarna una sfida contro le narrazioni imposte dalla società e dal femminismo, come sottolineato da alcune riflessioni più estreme circolate online.
Ma perché proprio lui? La risposta sembra trovarsi nella natura stessa della comunicazione moderna. I social media, i meme e le nuove forme di contenuto digitale hanno creato un cortocircuito fra tragedia e ironia, tra il serio e il grottesco. Turetta diventa un “simbolo di conseguenze” in una generazione che, come si è sostenuto, spesso si sente alienata e priva di punti di riferimento stabili, soprattutto in termini di relazioni interpersonali e affermazione sociale.
Il fascino oscuro delle conseguenze
In un’epoca dominata dalla superficialità e dall’infinito scroll, la morte e la violenza assumono nuovi significati, e quello che prima era inaccettabile diventa “contenuto virale”. Ma c’è un altro fattore in gioco: la percezione, da parte di alcuni giovani, di un sistema oppressivo, non diverso da quello evocato durante la pandemia di COVID-19. Il paragone non è casuale. Nella narrazione di chi difende la diffusione del “culto Turetta”, si insinua l’idea che il potere stia cercando di sottomettere gli uomini, in questo caso alla “ginecocrazia”, proprio come si era detto che il sistema avesse cercato di sottomettere l’individuo alla “casta buro-medicale” durante il Covid.
Le magliette di Turetta, quindi, diventano una provocazione: indossarle è, per alcuni giovani uomini, un modo per sfidare il discorso dominante. Non si tratta di un omaggio al crimine, ma di un grido di ribellione contro un sistema percepito come ingiusto, che costringe il “bravo ragazzo” a vivere in una società che non gli permette più di sbagliare senza essere demonizzato.
Una generazione perduta o in cerca di senso?
Il fenomeno solleva interrogativi più ampi sulla condizione psicologica dei giovani italiani. Cosa sta spingendo un’intera generazione a ridurre eventi tragici e dolorosi in meme e merchandising? È un segnale di un disagio più profondo, di una difficoltà nel trovare significati in un mondo frammentato, dove le relazioni sono spesso mediate da schermi e avatar?
Gli psicologi parlano di un crescente distacco emotivo che i giovani sviluppano nei confronti della realtà, un sintomo dell’iperconnessione che rende persino la morte materia di ironia. Ma non si può ridurre tutto a un fenomeno di insensibilità. La Generazione Z sembra percepire che qualcosa di fondamentale non funziona nella società, e reagisce con i mezzi che ha a disposizione: l’ironia, la provocazione e il disprezzo verso la morale imposta dall’alto.
Il pericolo di glorificare l’orrore
Questa tendenza a trasformare eventi di cronaca in simboli di resistenza culturale nasconde tuttavia un rischio concreto: la normalizzazione della violenza. Ogni volta che un caso come quello di Turetta viene trasformato in feticcio digitale, si perde di vista la gravità dei fatti. Il pericolo è che i confini tra ribellione simbolica e glorificazione della violenza diventino sempre più labili, soprattutto in un’epoca dove la percezione della realtà è costantemente mediata dai social.
Il rischio è che dietro la maschera della provocazione si nasconda un vuoto morale che porta non solo alla confusione, ma anche all’indifferenza verso il dolore delle vittime. Se da un lato possiamo comprendere il bisogno dei giovani di sfogare il loro malessere sociale, dall’altro è fondamentale denunciare il pericolo di una cultura che finisce per strumentalizzare tragedie come quella di Giulia Cecchettin a fini di ribellione senza causa.
Conclusione: il futuro che ci aspetta
Siamo di fronte a un Halloween diverso, dove la paura non proviene più dai soliti mostri immaginari, ma dalle distorsioni della realtà stessa. La maglia di pallavolo di Filippo Turetta diventa l’ennesimo simbolo di una generazione che, tra meme e ironia, cerca disperatamente di trovare il proprio spazio in una società che sente distante. Ma dobbiamo chiederci: fino a che punto possiamo accettare che il dolore e la violenza siano ridotti a semplice gioco mediatico? L’interesse mediatico attorno a casi come quello di Turetta non è casuale. Siamo in una società che, a ogni livello, alimenta la confusione e il sensazionalismo, dimenticando spesso il significato umano dietro le notizie. Il vero orrore, forse, è proprio questo.
“segnala forse in maniera inconsapevole che in questa penosa guerra dei sessi voluta e condotta da ZOG è iniziato un nuovo capitolo, e questo capitolo si chiama “Il bravo ragazzo non piange più. Il bravo ragazzo non se lo fa un altro turno soffrendo in silenzio. Il bravo ragazzo uccide””
Ah, quindi un “supremo gentleman” de noartri, un Elliot Rodger redivivo che manifesta la sua vendetta intercontinentale al di là del tempo e dello spazio.
Come al solito, la cultura Giudeoamericana si ripete con lo scarto di pochi anni nella penisola/colonia.
Based
Visto che ha accennato al meme di “Turetta non esiste” – ho letto l’articolo su questo con ritardo – vorrei dire qualcosa a riguardo.
Nell’immediatezza dei fatti a seguito del delirio mediatico-femminista commentai a un utente su Facebook – su cui ho un altro nome – che alla fine Filippo Turetta era una maschera e un ologramma su cui la stampa e le femministe intendevano colpire il maschio bianco etero in cui il Turetta corrispondeva perfettamente. Intuivo che la sua figura sarebbe stata proiettata come un riflesso torvo su cui riversare l’odio e una resa dei conti premessa di un’orda sanguinaria verso tutti noi che apparteniamo alla categoria ormai assunta a Male Assoluto.
Magari qualcuno che mi ha letto sì è ispirato per il meme…, anche se non credo di avere tanto potere mediatico, e neanche tanto pubblico…
In verità sono stati proprio i media mainstream a far sì che “Turetta non esiste” cioè hanno cancellato il Turetta-persona per innalzare il Turetta-riflesso in cui tutti noi maschi caucasici testoteronici siamo “Filippo Turetta” in cui OGNUNO di noi ha ammazzato “Giulia”, ha mancato di rispetto a una donna, se le abbiamo fischiato, se le abbiamo detto di tacere, se ci siamo permessi di contraddirle o per qualche paranoia delle loro teste. Tutto questo magari senza aver torto un capello, come ha detto la sorella della defunta.
Il Turetta-persona è stato volutamente oscurato dal Turetta-riflesso perché concentrasi sulla persona non sarebbe stata funzionale all’opera di ingegneria sociale messa in atto, ma avrebbe posto altre tipo di considerazioni
Io penso che il Turetta-persona abbia ucciso la sua ex fidanzata non in preda a un’ideologia misogina o a un delirio machista ma perché evidentemente ha una grave immaturità relazionale-nevrotica, una sorta di bambino mal cresciuto che di fronte al primo no serio della vita la sua disfunzione emotiva è sfociata in una violenza capricciosa tanta spietata quanto crudelmente fatua. Turetta ha ammazzato la sua ex fidanzata come poteva ammazzare i genitori, un suo amico o chiunque si opponeva al suo desiderio di possesso tardo-infantile. Che avrebbe potuto essere una ragazza o qualcos’altro.
Si capisce che sono riflessioni ben diverse da fare e che queste gravi immaturità siano latenti nelle giovani generazioni abituati a non ricevere dei no, è che non sia affatto una questione di “genere”.
Basta vedere un altro episodio di cronaca – perfino più spaventoso di “Turetta-Cecchettin” – ovvero il doppio infanticidio di Chiara Petrolini rimasta incinta due volte facendo di tutto per sopprimere i suoi figli prima tramite aborto e poi avvelenandoli, soffocandoli e seppellendoli nel giardino di casa e continuando a fare la sua beona vita come se niente fosse. Basti pensare che dopo aver ammazzato il secondo figlio, il giorno dopo è partita per New York. Come sarà mai un figlio di fronte alla libertà e all’emancipazione… Si comprende che questa storiaccia sia invece stata silenziata dai media.
Insomma un qualcosa di molto più profondo da scavare ma si comprende è molto più allettante politicamente e socialmente cercare di risolvere i mali con l’eradicazione del maschio bianco etero. Agendo proprio come i totalitarismi novecenteschi
Il sogno proibito di tutti i subumani inferiori.