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Ho la febbre e sono maschio

Al giorno d’oggi se si è maschi non ci si può più ammalare senza essere derisi per ogni dove: a casa, sul lavoro, in TV, su Facebook. Una valanga di battutine e reprimende, tipo “Voi maschi per un raffreddore correte a fare testamento” ecc… La cosa in verità più non mi tange, da quando la scienza ha dato ragione agli uomini, decretando che l’influenza colpisce i maschi in modo più aggressivo delle donne: «I sintomi dell’influenza maschili sono davvero peggiori di quelli femminili: colpa della carenza di estrogeni, che nell’altra metà del cielo giocano invece un ruolo protettivo contro le infezioni», scrive Focus.

Inoltre, la vita media si è allungata e le persone si sposano tardi (e magari poi divorziano), quindi in diverse circostanze della vita si ritrovano sole. A causa di ciò, la naturale decadenza del corpo, con il conseguente calo delle difese immunitarie, viene vissuta in modo particolarmente penoso, obbligando a un eccesso di bilanci esistenziali che non possono che risultare insoddisfacenti.

Nel mio caso, per esempio, ricordo bene che ai tempi del liceo non mi ammalavo mai, neanche se masticavo sigarette o mi piazzavo nudo davanti alla finestra spalancata in pieno inverno dopo aver fatto una doccia. Per riuscire a restare a casa dovevo fingere di svenire non appena sceso dal letto, oppure dare a intendere che il braccio formicolante sul quale mi ero addormentato fosse l’avvisaglia di un’incipiente paralisi.

Adesso invece non tengo più il conto delle volte che mi sono preso la febbre, e percepisco come immane sofferenza anche i sintomi collaterali: mal di gola, mal di testa, afte, dolori alle ossa. E più passano gli anni, meno ho il diritto di lamentarmi: se almeno fossi un padre di famiglia, la gente nonostante tutto sarebbe obbligata a compatirmi (invece di squadrarmi come se sotto sotto auspicasse un mio rapido trapasso).

In ogni caso, qualche anno fa ho trovato un’eccellente apologia dell’ammalato maschio su un grande blog (ormai non più aggiornato, come quasi tutti i grandi blog di una volta), Il supplizio del raffreddore maschile (“Mr. Nice Guy”, 24 Aprile 2013). Lo ripubblico quasi interamente qui di seguito (auspicando che non scompaia dal web un giorno con l’altro, come purtroppo è già accaduto con troppi capolavori misconosciuti):

«È opinione diffusa e ampiamente condivisa fra le varie fasce d’età del popolo femminile, che gli uomini, quando si ammalano, diventano delle lagne spaventose. Che mentre una donna è in grado di sopportare tutti i dolori della terra senza fare un lamento, un uomo per un banale raffreddore ne faccia una questione di vita o di morte. Che si senta pronto a rassegnare l’anima al Creatore, e si comporti di conseguenza.
[…] Le argomentazioni a sostegno della teoria femminile sono molte, dettagliate e ben strutturate. Ma anch’io ho una mia teoria a riguardo. Per come la vedo io, tutto dipende dal fatto che le donne ne hanno sempre una, mentre gli uomini generalmente stanno sempre bene, e questo causa una distorsione delle percezioni. Ecco che allora quando il loro uomo sta male, e per la prima volta magari in un anno si lamenta, alle donne sembra che si senta pronto a fare testamento. Quindi si convincono che mentre loro non si lamentano mai, nonostante tutti i dolori che le affliggono, il loro lagnosissimo moroso/compagno/consorte sta facendo una storia che non finisce più per un banale raffreddore.
Quello che magari gli sfugge, è che la realtà è un’altra. Le donne si lamentano di continuo.
Intendiamoci, è assolutamente incontestabile che una donna debba fronteggiare tutta una serie di acciacchi che sono quasi una maledizione. A partire dal mal di testa da sindrome premestruale per arrivare ai dolori da ciclo, praticamente per 2 settimane al mese ha qualcosa che la fa stare male. Per tutti gli altri giorni, ci sono il mal di schiena, le gambe gonfie ed i dolori a spalle, polsi, caviglie e ginocchia. Praticamente non c’è un solo giorno al mese, in cui non capiti qualcosa degno di essere menzionato. Se succedesse a me, mi sparerei domani. Quindi giustamente le donne se ne lamentano.
Tristemente costretta ad un tormento quotidiano sempre diverso, con una rottura nuova ogni mattina che le accompagna dal buongiorno alla buonanotte, non passa giorno che Dio manda in terra, senza che una donna non abbia qualche dolore di cui lamentarsi. Allora la lamentela diventa come un mantra, ripetuto ogni giorno, tutti i giorni, per tutto l’anno. Di continuo.
Chiaramente le donne non se ne accorgono, perché probabilmente hanno cominciato a lamentarsi a 14 anni, e da allora non hanno più smesso. E lo sappiamo tutti che quando una cosa la fai di continuo, smetti di rendertene conto. Come respirare, o ricordarsi se hai chiuso la macchina in parcheggio.
Si lamentano talmente tanto, che nemmeno gli uomini se ne accorgono più, perché si sono abituati. Sono stati abituati prima dalla madre, dopo dalle amichette, poi dalle fidanzate e infine dalle mogli. Tutte a lamentarsi di continuo, al punto che le lamentele smettono di essere addirittura percepite. Semplicemente diventano un rumore di sottofondo. Tipo il traffico o la televisione accesa.
In sostanza, è vero quindi che gli uomini quando hanno il raffreddore si lamentano, intanto perché non sono abituati a stare male, e poi perché il raffreddore è veramente una tortura, però non è altrettanto vero che le donne non si lamentano mai. Anzi. Si lamentano così tanto, che intere generazioni di uomini hanno perfezionato la nobile arte di ignorarle completamente. E questa, va detto, è senza dubbio un’impresa notevole […]».

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