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I cinesi potrebbero creare un virus che non li infetta?

Il nostro mondo è cambiato (o crollato) così in fretta che ormai non val più la pena fingere di non esser complottisti. Tanto vale dunque saltare ogni preambolo, indossare direttamente il cappellino di carta stagnola e ipotizzare lo scenario più estremo in una guerra biologica: i cinesi che modificano il genoma della propria popolazione per rilasciare nel mondo un virus che si “attacca” solo a determinati recettori.

È recente la condanna a tre anni di carcere di He Jiankui, il biofisico dell’Università di Shenzhen che nel novembre 2018 sconvolse il mondo annunciando la nascita di due gemelline geneticamente modificati, Lulu e Nana, alle quali attraverso la tecnica di manipolazione genetica nota come Crispr aveva disattivato il gene CCR5, ritenuto il codificatore di una proteina di membrana che costituirebbe il recettore dell’HIV.

Dopo pochi mesi si scoprì l’esistenza di un terzo bambino (probabilmente nato tra giugno e luglio 2019) il cui embrione era stato sottoposto allo stesso editing genomico, attraverso appunto la rimozione di 32 paia di basi nel recettore cellulare CCR5. Allo stato attuale non si sa nulla riguardo a questi bambini “ogm”, nemmeno se siano ancora vivi: gli esperti tuttavia sostengono che, ad onta di tutta la spregiudicatezza orientale, non è con la logica del cosa fatta capo ha che nella scienza si ottengono risultati.

Infatti, da quel che è trapelato, pare che in Lulu uno dei due alleli sia rimasto inalterato mentre nell’altro ci sia stata una delezione del gene CCR5 ma solo per 15 paia di basi; per Nana invece non è stata registrata nessuna delezione delle 32 basi (in un allele si è inserita una base e nell’altro se ne sono perse 4). Alcuni giornali hanno ipotizzato uno sviluppo eccezionale dell’intelligenza e della memoria come effetto collaterale della modifica genetica, in base a quanto osservato negli esperimenti di inibizione del gene CCR5 nei topi, che hanno mostrato un aumento del 30-60% delle capacità di orientamento spaziale e memoria.

Nonostante il clima da eugenetica spinta, è probabile che il dottor Jiankui abbia comunque tentato di replicare in laboratorio una mutazione già presente in natura, che rende non funzionale il gene che codifica il recettore per l’HIV in alcuni individui, conferendo loro una protezione appunto “naturale” (per quel che vale il termine in tal caso) al virus. Si stima che circa il 15% della popolazione europea sia portatrice di una versione non funzionale del gene, priva di 32 coppie di basi, e c’è chi suppone che essa offra una qualche “immunità” anche nei confronti del vaiolo e della peste bubbonica.

Ora, fin qui ho cercato di mantenere un tono “neutrale” (ma se credete che io sappia realmente di cosa sto parlando, auguri). Tuttavia con l’esplosione della pandemia da covid sono emerse alcune notizie che andrebbe probabilmente lette anche alla luce degli esperimenti di ingegneria genetica attualmente in corso in Oriente (dei quali ovviamente noi non possiamo che osservare la punta dell’iceberg): in primis, che l’Istituto di virologia di Wuhan almeno dal 2008 tenti di combinare coronavirus e hiv per renderli più facilmente trasmissibile all’uomo, permettendogli di legarsi al recettore ACE2 umano. Insomma, i laboratorio di Wuhan sarebbero pieni di “virus chimera” creati appositamente per far passare un virus dai pipistrelli agli esseri umani.

Nel 2008 i virologi di Wuhan hanno combinato il coronavirus con l’aids per renderlo trasmissibile all’uomo

In secondo luogo, che tra i farmaci utilizzati per curare il covid siano annoverati alcuni specificamente anti-aids come il lopinavir/ritonavir (commercializzato sotto il nome di kaletra), un inibitore dell’enzima della proteasi che consente ai virus di replicarsi. Non ho le competenze per stabilire se da ciò si possa in qualche modo dedurre una “affinità” tra i due virus almeno nella dinamica di replicazione, però forse qualcuno più preparato (in complottismo, intendo) potrebbe vederci un collegamento.

Australia: curare il coronavirus con farmaci contro Aids e malaria

Infine, la questione dei vaccini: con l’introduzione di farmaci a base di RNA messaggero (o mRNA) si è a tutti gli effetti pervenuti a una sperimentazione di terapie geniche di massa. Da questo punto di vista sarà piuttosto facile in futuro utilizzare la Crispr per la vaccinazione, come peraltro già si pensa di fare con la cosiddetta “CRISPR profilattica antivirale in cellule umane” (PAC-MAN), tecnica che attraverso l’enzima Cas13 potrebbe alla distruzione di determinate sequenze di nucleotidi nei genoma a RNA dei coronavirus.

Tutto è sdoganato, insomma, perciò non credo sia più così impensabile ipotizzare, in un futuro molto prossimo, l’uso intensivo della manipolazione genetica non solo a scopi terapeutici o filantropici. L’azzardo di He Jiankui, seppur pubblicamente condannato, apre la possibilità a qualsiasi tipo di sperimentazione sull’umano: ma se è già realtà la modifica di un embrione a scopi sostanzialmente eugenetici, perché non potrebbe esserlo anche la creazione di un’arma biologica in grado di selezionare i propri bersagli?

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