La NATO sul suo canale Youtube (sì, ha un canale Youtube), ha pubblicato un breve documentario per celebrare i famigerati Fratelli della Foresta, quei partigiani estoni, lettoni e lituani che resistettero all’occupazione sovietica almeno fino alla metà degli anni ’50, quando vennero quasi completamente sterminati dagli invasori.
Il filmato, come prevedibile, ha suscitato accese polemiche da parte delle autorità russe, che non vedevano l’ora di riportare in auge le care vecchie accuse staliniane contro i guerriglieri baltici: tutto sommato la NATO ha fatto loro un piacere, tornando ai toni old school e lasciando da parte gli arcobaleni e le canzonette (che durante l’era Obama avevano messo a disagio un po’ tutti).
Nulla da eccepire, sia chiaro: nel campo della propaganda la lex talionis è l’unica regola valida, anche nella forma dello “specchio riflesso” (Tu mi chiami “Stalin”? E io ti chiamo “Hitler”!).
Tuttavia, solo per onestà intellettuale, sarebbe giusto precisare che le formazioni che concorsero nel formare la resistenza anti-sovietica, cioè i corpi franchi, le brigate antibolsceviche e i gruppi paramilitari, nacquero ben prima del nazismo (e anche del fascismo), in concomitanza con i primi vagiti di indipendenza delle loro patrie tra il 1918 e il 1919.
Bisogna inoltre ricordare che a ispirare i nazionalismi baltici non fu soltanto l’avversione ai russi, ma anche (e in alcuni casi soprattutto) un marcato sentimento anti-tedesco. Se in seguito molti dei Fratelli della Foresta fiancheggiarono le armate del Reich (e alcuni confluirono direttamente nelle SS), fu solo per motivazioni tattiche, in base al principio che “il nemico del mio nemico è mio amico”.
Persino i pogrom che accompagnarono l’avanzata tedesca nel Baltico non furono ispirati dall’antisemitismo nazista, ma si verificarono in continuità con le ossessioni locali, che in Estonia facevano apparire gli ebrei come quinte colonne del bolscevismo (un sospetto accresciuto dal colpo di stato tentato dall’Unione Sovietica nel 1924), mentre in Lituania (come è stato osservato da Maurice Bardèche), per quanto paradossale, la minoranza semita era considerata complice dell’imperialismo tedesco e contigua col suo tipo di capitalismo.
Insomma, una situazione nella quale “il più pulito c’ha la rogna”: per questo non mi interessa più di tanto polemizzare con chi evidentemente pensa che di storia si possa discutere solo in termini di tifoseria. L’unica cosa che mi piacerebbe è che i miei connazionali la smettessero di idealizzare gli imperi ai quali non sono stati sottomessi, fosse solo perché (tra le altre cose) tale atteggiamento è speculare all’entusiastica adesione alla NATO da parte dei Paesi baltici (che pure viene dagli stessi ipocritamente biasimata).
È anche vero che molti italiani non hanno neppure gli strumenti culturali per comprendere cosa ha significato per estoni e lituani vivere sotto l’occupazione sovietica, dato che nel nostro Paese il più piccolo accenno all’argomento viene ancora considerato politicamente scorretto, se non apertamente blasfemo: ultimamente si sta persino diffondendo l’andazzo di bollare qualsiasi critica a Stalin o all’Unione Sovietica come “filonazista” e/o “russofobica” (ma state calmi, i russi sanno benissimo difendersi da soli).
Se posso aggiungere My two cents (anche in Russia questa espressione sta prendendo piede, tradotta letteralmente come Мои два цента), penso che il video della NATO sia un encomio tardivo verso popoli che sono stati dati in pasto a Stalin in nome del nuovo equilibrio internazionale.
Per quel che mi riguarda, anche se non vedo in Stalin il male assoluto, devo tuttavia ammettere che il tiranno bolscevico mi suscita molta meno simpatia di quella nutrita nei suoi confronti da Churchill e Roosevelt. Per ingraziarsi Baffone, gli Alleati infatti fecero cose che gridano ancora vendetta: pochi conoscono, ad esempio, la famigerata Operazione Keelhaul, attraverso la quale Roosevelt e Truman gli consegnarono almeno un milione di combattenti anti-bolscevichi. Tra di essi, cosacchi, russi bianchi e persino semplici civili che da un giorno con l’altro erano diventati cittadini sovietici. In particolare, gli appartenenti all’Esercito di Liberazione del generale Vlasov (la versione russa dei “fratelli della foresta”, seppur dal carattere più smaccatamente collaborazionista) che caddero nelle mani degli americani, vennero riconsegnati a Stalin addirittura “impacchettati”, cioè storditi con lacrimogeni e barbiturici.
La memoria dei Fratelli della Foresta rimane comunque controversa su entrambi i fronti, poiché mentre gli americani si trovano ora costretti a rivalutarli, sancendo un’improponibile continuità tra partigiani anticomunisti e forze armate lituane, quasi a certificare il fallimento del proprio progetto geopolitico (incoraggiare i revanscismi altrui rappresenta da sempre l’ultima ratio di un impero, come la storia ha dimostrato in più occasioni), al contrario i russi stanno ancora cercando di capire se Putin sia erede di Nicola II o Stalin: il dibattito tra nazionalisti da quelle parti, già particolarmente infuocato, si è acuito col conflitto in Ucraina. Le posizioni in realtà sono molto più composite di come vengono presentate da intellettuali come Aleksander Dugin, che ovviamente hanno tutto l’interesse a dipingere un’estrema destra monoliticamente «filo-atlantista, filo-americana, razzista, anti-putiniana, anti-ortodossa» (ma si pensi solo al surreale exploit di Eduard Limonov a favore dell’occupazione di Crimea e Donbass).
Da che parte oggi combatterebbero i Fratelli della Foresta, si chiedono i patriottardi russi (in attesa di diventare grandi): con i banderisti ucraini (perché, a seconda delle simpatie, i traditori restano traditori, o gli anti-comunisti restano anti-comunisti), oppure con gli insorti di Donetsk e di Lugansk, le milizie popolari che hanno unito filorussi, vetero-stalinisti, anarchici, nazional-bolscevichi e trotskisti?
La questione è sempre aperta, anche perché l’Armata di Liberazione (“R.O.A.” in russo) resta una componente importante dell’immaginario dei nuovi momenti nazionalistici, che negli ultimi anni si sono impossessati non solo dei suoi simboli (come la bandiera con la Croce di Sant’Andrea), ma della sua stessa eredità “morale”. Per farsi un’idea, presento di seguito la traduzione di uno degli inni che negli ultimi anni sono stati dedicati proprio a coloro “vennero dalla foresta”:
Выходили к лесу добровольцы,
[Vykhadili k lesu dabravol’tsy,]
I volontari vennero dalla foresta
Позади шумел тенистый сад,
[Pazadi šumiel tjenistij sad,]
dietro di loro il fruscio di un giardino ombreggiato
По полям звенели колокольцы
[Pa paljam zvinjeli kalakol’tsy]
per i campi tremolavano i fiori
И склонялось солнце на закат.
[I sklanjalos’ sontse na zakat.]
e il sole calava al crepuscolo.
Шли они межою полевою
[Šli ani mježoju paljevoju]
Camminarono attraverso i campi
А над ними неба берюза,
[A nad nimi njeba berjuza,]
Sopra di loro il cielo turchino
И с холма за речкой небольшою
[I s khalma za rečkoj njebal’šoju]
E dalla collina dietro il piccolo fiume
Вслед смотрели девичью глаза.
[Vsled smatrjeli djevič’ju glaza.]
li seguivano gli occhi di una ragazza
Ненаглядный сердцу друг любимый
[Njenagljadnyj serdtsu drug ljubimyj]
Un amico adorato e dal cuore sincero
Синеглазый парень удалой,
[Sineglazyj paren’ udaloj,]
Un ragazzo sveglio dagli occhi blu
За свободу и за край родимый,
[Za svabodu i za kraj radimij,]
Per la libertà e la patria santa
Уходил на подвиг боевой.
[Ukhadil na podvig bajevoj.]
è partito gloriosamente a combattere.
Я иду туда где враг кровавый,
[Ja idu tuda gde vrag kravavyj,]
Io vado laddove sta il sanguinario nemico
Притаил в осоке пулемёт,
[Pritail v asoke puljemiot,]
Nascondendo la mitragliatrice tra le fronde
Я иду на бой святой и правый
[Ja idu na boj svjatoj i pravyj]
Combatto una guerra giusta e santa
За свободный труд и за народ.
[Za svabodnyj trud i za narod.]
Per la libertà, il lavoro e la patria
Спи спокойно мой любимый город!
[Spi spakojna moj ljubimyj gorad!]
Dormi tranquilla, oh adorata città!
Колосись ты, рожь, в родном краю,
[Kalasis’ ty, rozh’, v radnom kraju,]
Ondeggino i campi di grano della patria,
Кто сегодня смел и сердцем молод,
[Kto sivodnija smel i serdtsem molad,]
Perché chi ora ha coraggio e cuore giovane
Встанет тот за Родину свою…
[Vstanet tot za Rodinu svaju…]
Inciterà tutti i patrioti…
И летела песня в степь и дали,
[I ljetela pjesnja v step’ i dali,]
E la canzone vola alle steppe e ancor più lontano,
И алела неба бирюза,
[I aljela njeba birjuza,]
E il cielo si fa sempre più turchino
И с холма лаская провожали
[I s khalma laskaja pravažali]
E dalla collina dolcemente ci seguono
Добровольца девичьи глаза.
[Dabravol’tsa djevič’i glaza.]
Gli occhi di una giovane volontaria.