I rapporti tra Gianluca Paul Seung e gli psichiatri basagliani

Venerdì 21 aprile 2023 la psichiatra Barbara Capovani è stata aggredita fuori dall’ospedale di Pisa dall’ex paziente Gianluca Paul Seung, un 35enne italo-cinese che l’ha uccisa percuotendola almeno una decina di volte con un corpo contundente (forse un mattarello). Seung era da tempo noto alle questure, anche se il suo lunghissimo “curriculum” criminale non aveva mai realmente portato a una incarcerazione. Giusto per ricordare: l’assassino aveva iniziato a dare segni di squilibrio sin dai vent’anni (epoca in cui viene richiesto il primo TSO), ma solo nel 2012 si fece notare per il primo scoppio di violenza cieca, quando all’ospedale Versilia di Camaiore (Lucca) colpisce alle spalle un medico con una penna e gli provoca ferite da taglio al volto (una ventina di punti di sutura) e fratture del naso. Le conseguenze penali però arrivano solo per un altro episodio, risalente al 2015, quando viene arrestato per violenza sessuale su una ragazzina di 13 anni a Torre del Lago, sempre nel lucchese.

Dopo un breve periodo nel carcere di Sollicciano (Firenze), viene mandato ai domiciliari, da quali evade più volte per recarsi proprio nei reparti di psichiatria a molestare medici (e anche pazienti) a nome di una sua fantomatica associazione in difesa degli “utenti psichiatrici”, nonché in diverse questure della zona per denunciare fantomatiche cospirazioni internazionali. Solo nel 2016 gli viene impedito, dal Questore di Lucca, sempre per la sua aggressione al medico del Versilia, di avvicinarsi al reparto psichiatria dell’ospedale.

Nel 2019 una delle sue tante scorribande alla questura di Lucca per querelare gli “illuminati” gli procura un’altra richiesta di TSO per i suoi comportamenti particolarmente aggressivi (avrebbe usato spray al peperoncino contro gli agenti); ed è in tale occasione che entra in contatto con la dottoressa Barbara Capovani, la quale lo dimette dopo una settimana di ricovero, giudicandolo “totalmente consapevole delle proprie azioni” e quindi perseguibile per i reati commessi.

Tuttavia a questa decisione non segue alcuna azione concreta e Seung continua indisturbato la sua “carriera” di pericolo pubblico (oltre che di stalker nei confronti della dottoressa): per ben due volte aggredisce un vigilante del tribunale di Lucca ma non viene giudicato colpevole perché “incapace di intendere e di volere”, anche se la perizia psichiatrica lo delinea come soggetto “ad elevata pericolosità sociale” e dunque da ricoverare in una struttura idonea. L’iter è però lunghissimo (prima bisogna confermare la “pericolosità” e poi ovviamente porre in essere la misura), i mesi passano e alla fine Seung giunge a fare quel che ha fatto.

Se risulta complesso ricostruire le vicende di cui si è reso infelicemente protagonista questo soggetto è perché si fa fatica a rendersi conto di quanta impunibilità godano quelli come lui. Decenni di basaglismo hanno dato i loro frutti: se a un individuo dalla elevatissima pericolosità sociale e che addirittura si è macchiato di reati violentissimi viene riconosciuto anche un solo vizio parziale di capacità di intendere e di volere, diventa impossibile contenerlo in alcun modo (per giunta la Cassazione ha di recente stabilito che persino i disturbi di personalità pervarsivi e duraturi possono garantire l’impunibilità).

L’unico modo per arginare tali bombe ad orologeria sarebbe quello di farli ricoverare presso un OPG (Ospedale psichiatrico giudiziario), che però dal 2013 sono stati aboliti e rimpiazzati dalle REMS (Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza), le quali non solo si sono già rivelate insufficienti per accogliere i malati mentali ma addirittura sono sprovviste di servizio di sicurezza, come ha denunciato amaramente in un’intervista a Repubblica il direttore del dipartimento di salute mentale della Asl5 di Roma Giuseppe Nicolò:

«La legge sulle Rems è stata un fallimento. Siamo in una perenne condizione di pericolo, mentre per soggetti come l’aggressore di Barbara non esistono strutture adeguate. Dunque restano a piede libero. Liberi di fare del male. […] È stato totalmente sottovalutato il criterio della sicurezza, anche per ragioni ideologiche. Se negli OPG i pazienti venivano soltanto contenuti e non curati, oggi nelle REMS prevale, giustamente, l’aspetto sanitario. Ma noi trattiamo persone che hanno anche una pericolosità sociale, hanno commesso reati, possono aggredire e spesso aggrediscono. Però nelle Rems non è previsto alcun servizio di sicurezza. Vi sembra possibile?».

I motivi per far scoppiare il caso politico ci sarebbero tutti, e così ha tentato di fare il professor Mario Di Fiorino, che in quanto primario di Psichiatria dell’ospedale Versilia si è imbattuto personalmente nel Seung. Il luminare, noto a livello internazionale, ha pubblicato sul suo profilo Facebook le immagini in cui costui si accompagnava a noti “psichiatri democratici” (tra i quali uno storico collaboratore di Basaglia) che addirittura nel 2013 -lo ricorda un servizio del TGR Toscana– ironizzavano sulla sua presenza a una conferenza con la didascalia “Gianluca insieme a due cattivi, anzi cattivissimi maestri”, e ha rilasciato una dirompente intervista a “Il Giornale” lanciando accuse pensatissime a un mondo, quello della cosiddetta “antipsichiatria”, che continua a rifiutare ogni responsabilità nei confronti della deriva in cui ci troviamo.

Di Fiorino in primis ha ricordato i suoi incontri ravvicinati col soggetto, rivelando di esser stato persino denunciato dal Seung («Ci accusava di aver spaccato il torace a una settantina di persone. Era sua abitudine fare questi esposti deliranti») e di aver dovuto richiedere il divieto di avvicinamento al Questore di Lucca per impedirgli di irrompere continuamente nell’ospedale. E poi è giunto dritto al punto:

«[Seung] è stato utilizzato in chiave antipsichiatrica. Chi lo doveva seguire per conto del Comune, organizzava incontri tra gli antipsichiatri. Lui è stato, come dire, da un lato fanatizzato, invitandolo come relatore ed ospite qua e là, si è sentito importante, ha avuto una ragione di vita.
[… Gli antipsichiatri] hanno cercato di creare a Viareggio un centro di loro interesse. Lui è un soldatino di questo gruppo, e si muove per cercare di ottenere dei risultati perché chiaramente accusa gli psichiatri di ogni nefandezza e cerca di portare avanti questa idea antipsichiatrica.
[…] Basaglia in Italia ha chiuso ogni struttura, e siamo rimasti con delle comunità che per legge devono essere come case di civile abitazione. Generando un problema enorme al malato grave. Demonizzano gli strumenti utilizzati dallo psichiatra, i farmaci, la terapia elettroconvulsivante. Sostengono che l’istituzione psichiatrica serve solo per la custodia, sorveglianza e punizione della persona».

A parere dello psichiatra, Seung avrebbe cominciato a “fare il matto” con dichiarazioni sempre più deliranti perché ormai sicuro di poter sfuggire a qualsiasi condanna («Sparo cose enormi così almeno non mi puniscono, sono malato»). Ma la responsabilità più grande Di Fiorino la addebita sempre agli “antipsichiatri” («È chiaro che noi sapevamo di avere a che fare con un fanatico che all’epoca aveva anche delle protezioni politiche che gli hanno concesso di avere spazio»), e invita infine a indagare su tali “protezioni”.

Le “piste” da battere sarebbero  in effetti tante: non solo quelle riguardanti un sistema che sembra gestito da perenni autosabotatori; non solo gli inquietanti legami con un apparato, quello vagamente definibile come “basaglista”, che a quanto pare detta ancora le regole del gioco nonostante i ripetuti fallimenti; ma soprattutto le radici profonde di questa sorta di “dittatura del perdonismo” (o “buonismo”) che andrebbero analizzate proprio partendo dal milieu della psichiatria “radicale” o “democratica” (non va più di moda definirla “antipsichiatria”).

One thought on “I rapporti tra Gianluca Paul Seung e gli psichiatri basagliani

  1. Molto interessante. Il caso di specie è sicuramente un’esperienza fallimentare. Un processo al basaglismo andrebbe però condotto sulla base di dati statistici significativi. P..S. il link dell’intervista di Di Fiorino al Giornale porta a un articolo sullo stupro alla Stazione Centrale di Milano.

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