Il Canada, in onore della visita di Zelenskij, ha reso omaggio alla Camera con tanto di applausi e ovazioni a Yaroslav Hunka, immigrato ucraino di 98 anni che “ha combattuto per l’indipendenza ucraina”, come ha dichiarato al suo cospetto il Presidente della Camera Anthony Rota, che lo ha anche definito “eroe ucraino e canadese” e “veterano nella guerra contro i russi”.
Hunka, classe 1925, è sì un “veterano”, ma della 14. Waffen-Grenadier-Division der SS (nota anche come SS Galizien): il dettaglio ha suscitato l’immediata reazione di associazioni ebraiche come il Friends of Simon Wiesenthal Center, che ha condannato la Divisione a cui è appartenuto Hunka come “responsabile dell’omicidio di massa di civili innocenti con una brutalità e malvagità inimmaginabili“, facendo riferimento a episodi come il massacro di civili polacchi di Huta Pieniacka del 1944.
Da molti anni nelle principali città ucraine si tengono parate in onore delle SS Galizien ogni 28 aprile, giorno della fondazione della Divisione (l’ultima, prima della guerra, si è svolta a Kiev nel 2021).
È nota da decenni l’attenzione che gli Stati Uniti e in generale tutta l’anglosfera hanno covato nei confronti degli ex nazisti durante la Guerra Fredda: ci sono interi sobborghi americani (e anche canadesi) che nel dopoguerra hanno accolto colonie di nazionalisti ucraini, poi redenti in onestissimi “patrioti”; ancora oggi la NATO, del resto, celebra apertamente “eroi” dello stampo di quello appena esaltato dai canadesi.
Con l’aumento delle tensioni fra Mosca e Washington, certi elementi e le loro filiazioni (non solo ideologiche ma anche di sangue) sono tornati utili a molti livelli, senza che l’ipoteca “antinazista” ponesse alcun ostacolo al loro impiego. In effetti anche nelle reazioni delle autorità canadesi a questa presunta “gaffe”, l’imbarazzo è praticamente assente. Così come in ambito mainstream l’indignazione è ormai lasciata tutta a organizzazioni ebraiche e diplomatici israeliani, in una perfetta commedia delle parti che rivela l’inconsistenza totale e il vuoto morale di qualsiasi “antifascismo”.