Fino all’anno scorso se parlando dell’omicidio di Yara Gambirasio muovevi qualche dubbio sulla colpevolezza di Massimo Bossetti venivi tacciato come minimo di terrapiattismo, se non di fasciosovranismo. Nel 2024 poi Netflix ha prodotto una serie televisiva sul caso e magicamente l’opinione del mainstream è cambiata, addirittura senza che il gigante dello streaming si peritasse di far interpretare Bossetti da qualche caratteristica di origine africana (peccato che il mitico Isaac George abbia avuto qualche guaio con la giustizia, perché sarebbe stato perfetto).
Il lato più ridicolo di questa faccenda è che la stessa Netflix, in collaborazione con Medusa, nel 2021 aveva lanciato il “capolavoro” Yaradi Marco Tullio Giordana, probabilmente uno dei film più inguardabili realizzati da un regista considerato di “cinema d’autore”, soprattutto per l’assoluta amoralità con cui la lettura “colpevolista” viene sbattuta in faccia allo spettatore con metodi da propaganda.
È obiettivamente angosciante che quell’area che si considera da troppi decenni “la parte migliore del Paese” possa cambiare repentinamente la propria opinione su un fatto seconda di quel che la tv (anche quella “personalizzabile”) decide di trasmettere. Certo, Oltre ogni ragionevole dubbio, il documentario di Gianluca Neri è un prodotto eccellente, che pur non aggiungendo chissà che a quanto è stato detto in questi anni dalle fonti più disparate (lo scienziologo decorato come l’ultimo degli youtuber) comunque fornisce un contributo “materiale” incredibile alla verità sul caso, sia offrendo a una platea internazionale la possibilità di informarsi su quel che è suscettibile di diventare l’errore giudiziario del secolo (anche se la storia di Rosa e Olindo forse è ancora peggio), sia muovendo i suoi potenti mezzi per spulciare archivi e raggiungere tutti i “protagonisti” della vicenda (compreso il decano della genetica forense britannica che smentisce gli stessi investigatori italiani che l’hanno eletto a proprio mentore…).
Al contrario, Yara di Giordana è una produzione patetica: la rappresentazione della PM amazzone/eroina solitaria contro l’uomo nero (per fortuna solo metaforicamente parlando!) e l’Italia innocentista che vorrebbe in galera un marocchino piuttosto che il suo animale-totem, il maschio bianco patriarcale.
Ma vaffanculo, va. Qui c’è davvero da incazzarsi nel momento in cui il “Venerato Maestro” della cinematografia nazionale è lo stesso che negli anni passati ha confezionato alcune delle opere tra le più ingenuamente complottiste sui “misteri” del Bel Paese come Pasolini, un delitto italiano (1995) o Romanzo di una strage (2012, sull’attentato in Piazza Fontana del 1969).
Purtroppo non riesco a discutere “a palle ferme” di questo tema, perché il debunkerismo a fasi alterne del mainstream pseudo-sinistroide me le ha davvero frantumate. Se in una storia non c’è da denunciare i “fasci” (la versione parapiddina del Deep State è l’Internazionale Nera e/o le Forze Oscure Della Reazione In Agguato), allora si può benissimo soffocare ogni dissenso in nome del “rispetto” della “Istituzione” che allo stato attuale sembra la più vicina alle proprie sensazioni politiche (tipo la magistratura, che nell’affaire Yara ha goduto della gloria riflessa dei dogmi giustizialisti forgiati nel golpe di Mani Pulite e concretizzatisi con la crociata anti-berlusconiana).
Mi rammarico di dover rubare l’idea di un altro (seppur un amico), ma su tale mirabolante salto carpiato mi pare che l’intuizione migliore l’abbia avuta Boni Castellane, che poco tempo fa ha sostenuto che:
«Fino al 2000 la Sinistra era complottista (dalla Luna agli Ufo a Kennedy sino ai documentari di Moore sull’Undici settembre) dopodiché con l’instaurazione del Governo mondiale globalista il ruolo della Sinistra è passato da eccitante a narcotico. Si chiama gestione del potere».
Fino al 2000 la Sinistra era complottista (dalla Luna agli Ufo a Kennedy sino ai documentari di Moore sull’Undici settembre) dopodiché con l’instaurazione del Governo mondiale globalista il ruolo della Sinistra è passato da eccitante a narcotico.
Si chiama gestione del potere.— Bonifacio Castellane (@boni_castellane) July 31, 2023
Mi pare sia una descrizione eccellente del motivo per cui, nonostante lo “sbufalamento” sia diventato un elemento imprenscindibile dell’identità del “militante de sinistra”, difficilmente si vedrà certi campioni del debunking smentire, per l’appunto, l’ormai cinquantennale campagna complottista sull’omicidio Kennedy oppure le varie bufale su Piazza Fontana, l’omicidio Pier Paolo Piedini (sic) e l’assassinio di Aldo Moro. Sembra che su certi argomenti ci vadano con i piedi di piombo proprio per rendere onore a una parte di quella storia che ora li ha fatti diventare “consulenti” di qualche “osservatorio” italoiota o europoide.
In conclusione, dunque, è assolutamente comprensibile la posizione di chi si “iscrive ai terrapiattisti” come reazione viscerale a un sistema di maestrini ipocriti e servili. Bossetti è innocente, dunque, ma anche: nei vaccini c’è il 5G, l’orizzonte non curva mai, i politici sono rettiliani mutaforma, Michelle Obama è un uomo, mettono il fluoro nell’acqua per sterilizzarci, lo sbarco sulla Luna è stato girato da Kubrick, la famiglia reale inglese ha fatto uccidere Lady Diana, l’AIDS non esiste, l’11 settembre lo ha organizzato il Mossad, JFK è stato ucciso da un lupo solitario, Pasolini è morto da puttaniere pedofilo qual era, e la bomba a Piazza Fontana l’hanno messa gli anarchici.
Il sinistrato è letteralmente il meme dell’NPC
Ma ha senso paragonare e presupporre una filiazione diretta tra i rossi di cinquanta anni fa che decifravano ovunque le trame occulte dello Stato Imperialista delle Multinazionali (SIM) e del Grande Vecchio, e questi piddini post-democristianucci che fanno i primi della classe al corso di Rational Thinking for Fedora Atheists?
Beh, è lo stesso motivo per cui si parla di “marxismo culturale”, quindi da una certa prospettiva sì, ha senso
Dai, marxismo culturale, è una semplificazione quasi à la Jordan Peterson. La parola marxismo finisce per nobilitare quella melma inutile dei piddini.
Ha senso perché sono le stesse persone, il periodo di transizione fu la prima amministrazione Obama: 4 anni, non 50
Non c’è stata transizione così rapida, semplicemente nel centro-sinistra non erano più le stesse teste da ben prima di Obama. Obama avrebbe favorito l’emersione rapida, manifesta e “liberatoria” di tendenze liberali che erano latenti ma scalpitanti nel centro-sinistra già da tempo, la transizione era avvenuta molto tempo prima e in modo non del tutto silente. Nei decenni scorsi c’era da tener buono un certo segmento elettorale di vecchi nostalgici di sinistra che delle istanze liberal all”americana non sapevano che farsene. In mancanza di meglio, il vuoto di idee del centro-sinistra poteva riempirsi di quell’ossessivo ripiego che fu l’antiberlusconismo feroce. Con Obama, nella sinistra si dà la stura a ciò che si era accumulato negli anni, riveduto e nobilitato da un garante afro-americano “di sinistra” (ma americana…). Il solito vuoto d’idee della sinistra post-sovietica poteva adesso mollare gli eccessi dell’antiberlusconismo per rifarsi un poco con l’adorazione del presidente americano. E nel mentre nel centro-sinistra si disvelano apertamente quei personaggi che sarebbero stati più coerenti se avessero militato in Forza Italia.
Nella residuale e miserabile dialettica politica degli ultimi anni, fa comodo tanto al cosiddetto centro-sinistra odierno quanto alla cosiddetta destra italiana fingere che la sinistra italiana sia sempre la stessa, che abbia mantenuto una continuità col passato. Nell’immenso magazzino delle elucubrazioni cosiddette marxiste che fiorivano nelle università ai tempi che furono, a posteriori, si possono ripescare tutti i germi che si vogliono per dimostrare o giustificare che c’è una continuità… ma quelle vecchie idee da seminario della Sorbona occupata non hanno prodotto nulla nel momento in cui sono state elaborate né poco dopo, perché erano uno sterile esercizio di docenti e studenti oziosi. Per l’eterogenesi dei fini, oggi un sinistrato può tirar fuori quei vecchi discorsi per dimostrare che c’è continuità e che la sinistra perciò non si è affatto snaturata, e a destra si fa lo stesso in forma di accusa. Ma lo schifo contemporaneo ha altre cause, figuriamoci se si tratta della realizzazione di un vasto programma di questa inutile sinistra. Il fantoccio fa comodo a chi non vuole analizzare le dinamiche.
Berlusconi ha preceduto Trump.
Licia Ronzulli ha preceduto Kamala Harris. Il Banco Ambrosiano ha preceduto la Lehman Brothers. L’Italia – pare buffo – è ancora il faro del mondo, in rovina. Gli anni Novanta – così grunge, così white trash – grondanti paranoia e melanconia esibita a flutti di disagio interiore e musica urlata, hanno preceduto tutto.
Ecce Homo Copertina flessibile – Grande libro, 11 giugno 2024
di Danilo Fabbroni (Autore)
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L’orda Neo-Con sottoposta a radiografie nel passato ancorché interessanti non hai mai avuto strappata la Maschera di Ferro dietro cui si cela, complice l’alleanza subdola tra complesso militar-industriale ed ambienti finanziari. Su quest’ultima connessione fu fatto luce, in qualche modo, sebbene sporadico, sul marchiano punto focale da cui si originò la vulgata Neo-con non è dato sapere o lo si sa, in maniera quasi fortuita. Ogni tentativo serio è stato bypassato o silenziato o respinto dal Muro di Gomma del culturame Mainstream, segno che qualcosa restava da decifrare. Lo scopo di questo saggio è proprio questo. Nei precedenti lavori avevamo affrontato di petto più il versante Sinitroverso mentre in questo tiriamo in ballo anche quello Destroverso per scoprire che nello scenario Neo-con questi due lati sono l’uno il rovescio dell’altro e la loro sintesi perfetta quanto tremenda è l’olocausto a cui assistiamo impotenti ai giorni nostri. Questa carneficina programmata a tavolino non è null’altro che la malattia senile socio-patologica avocata, coltivata e promossa dal nihilismo nientificatore delle élite tecno-finanziarie iniziatiche.