Il Presidente della Regione Emilia-Romagna, nonché Presidente della Conferenza delle Regioni Stefano Bonaccini se l’è appena presa con un medico che ha osato affermare che “il covid non è la peste”.
Il medico che, in una intervista su un importante quotidiano nazionale, afferma che il Covid-19 non è la peste, sminuendone la pericolosità, per me deve fare una cosa: cambiare mestiere. Subito.
— Stefano Bonaccini (@sbonaccini) December 30, 2020
Penso sia venuto il momento per i politici di “fare un passo indietro” (per usare la loro lingua di legno) e abbandonare immediatamente questa hybris verso i cittadini di cui sono i rappresentanti: non solo nei confronti dei medici cosiddetti “dissidenti” (ma vedremo che il bersaglio di Bonacini non ha detto nulla di trascendentale), ma anche giornalisti e avversari politici. Ne ultra crepidam, verrebbe quasi da dire: ognuno rispetti gli spazi dell’altro senza invitare a “cambiare mestiere” (suggerimento che se proviene peraltro da qualcuno in una posizione di potere assomiglia più a una velata minaccia che a un amichevole consiglio).
Comunque, vediamo chi sarebbe il reo di tale pericolosissima affermazione: si tratta di Mariano Amici, medico della Asl Roma 6 di Ardea che su “Repubblica” del 30 dicembre ha espresso un moderato scetticismo nei confronti dell’efficacia dei vaccini anti-covid:
“La mia esperienza dice che in tutti questi mesi, tra i pazienti del gruppo di medici che coordino ad Ardea, non abbiamo avuto vittime, né abbiamo ricoverato alcun paziente positivo al tampone. E noi assistiamo un bacino di oltre seimila pazienti. Questo dimostra che, nel più dei casi, la malattia si può curare a casa, prevenendo le complicazioni importanti. Non è la peste“.
Ora, il medico si è limitato a dire che “il covid non è la peste”: l’affermazione più pacifica che si possa fare al momento, anche di fronte al bollettino quotidiani dei deceduti (mai tenuto per qualsiasi altra malattia), perché una patologia che ha una tasso di letalità nelle persone sane al di sotto dei 70 anni dello 0,05% non può essere paragonata alla peste, che secondo gli storici ha avuto un tasso di mortalità dal 60% al 90% (la famigerata peste nera del XIV secolo sterminò un terzo dell’allora popolazione europea).
Se davvero però Bonaccini è convinto di quanto scritto, allora usi gli stessi toni nei confronti delle decine di persone che hanno affermato l’ovvio, e cioè -lo ripetiamo- che “il covid non è la peste”. A cominciare dai giornalisti dell’Agenzia Giornalistica Italiana (Il Covid non è la peste, 24 ottobre 2020):
“Il Covid non è finora neppure lontanamente parente della peste e della spagnola. Nei primi 8 mesi del 2020 l’Istat ha registrato un incremento del 4,22% della mortalità nei venti capoluoghi di regione rispetto alla media 2015-2019. Nei 20 capoluoghi la media dei morti negli anni 2015-2019 da gennaio ad agosto è stata di 72.199 decessi. Nel 2020 i morti da gennaio ad agosto sono stati 75.248 (+4,22%). A Roma, Napoli, L’Aquila, Potenza, Cagliari i morti del 2020 sono stati finora inferiori a quelli del periodo 2015-2019“.
Per continuare con il virologo Giorgio Palù, ex presidente della Società italiana ed europea di Virologia, che ha appunto affermato che “il covid non è la peste” in un’intervista al Corriere del 23 ottobre 2020:
«[…] Parliamo di “casi”, intendendo le persone positive al tampone. Fra questi, il 95% non ha sintomi e quindi non si può definire malato, punto primo. Punto secondo: è certo che queste persone sono state “contagiate”, cioè sono venuti a contatto con il virus, ma non è detto che siano “contagiose”, cioè che possano trasmettere il virus ad altri. Potrebbero farlo se avessero una carica virale alta, ma al momento, con i test a disposizione, non è possibile stabilirlo in tempi utili per evitare i contagi.
[…] Quello che veramente conta è sapere quante persone arrivano in terapia intensiva: è questo numero che dà la reale dimensione della gravità della situazione. In ogni caso questo virus ha una letalità relativamente bassa, può uccidere, ma non è la peste».
In verità è proprio dal punto di vista scientifico che l’affermazione “il covid non è la peste” trova la sua conferma. Come infatti afferma tranchant Scienza In Rete (Storie di epidemie e di Covid-19: meno narrazioni e più storie naturali, 30 aprile 2020), “Nessun fattore in gioco nella trasmissione di SARS-CoV-2 somiglia alla peste”. Il motivo è che sono due patologie completamente diverse, per giunta causate da agenti differenti:
“La peste è un improbabile termine di confronto come malattia/pandemia, anche senza tirare in ballo le differenze siderali con la medicina, l’economia, la società e la psicologia individuale nel medioevo all’alba dell’età moderna. Si tratta di una malattia infettiva che ha nel ratto l’ospite vertebrato d’elezione, e il parassita è un batterio e non un virus. La peste colpiva l’uomo quando i ratti morivano per l’infezione e le pulci affamate si spostavano per cercare cibo. A quel punto, dato che ratti e uomini vivevano a stretto contatto, le pulci pungevano l’uomo per prendere sangue, rigurgitando in concomitanza intorno al luogo della puntura coaguli di sangue contenenti l’agente Yersiania pestis (sviluppatosi nello stomaco dell’insetto al punto da chiuderlo e impedirgli di alimentarsi). La pulce non inoculava il parassita: quando l’uomo si grattava per la puntura, apriva varchi nella pelle per il patogeno”.
Ma questo a Bonaccini non basterà sicuramente. Cambiate dunque tutti mestiere, se ne avete ancora uno.