Siamo tornati nel 2007? Non so, ma ora che le procure, con un gioco di prestigio, hanno scoperchiato il sigillatissimo “Processo di Garlasco”, le agenzie informative nazionali sono tutte a caccia di vecchie notizie da trasformare in scoop. In questi giorni, per esempio, si fa un gran parlare della “pista satanica”, che emergerebbe, anzi ri-emergerebbe (e vedremo perché), dalla testimonianza di uno degli avvocati di Alberto Stasi, la dottoressa Giada Bocellari, che nel settembre 2017 aveva denuciato ai Carabinieri di Milano i pedinamenti subiti da lei e da Fabio Giarda, codifensore del presunto (ma per la verità giudiziaria “assunto”) assassino di Chiara Poggi.
Come emerge da stralci del verbale riportati dall’AGI, l’avvocatessa, dopo un’indagine a Garlasco, avrebbe fatto mettere nero su bianco quanto segue:
«[Io e il mio collega Giarda] nel corso di questi mesi abbiamo preso contatti, per lo più attraverso dei nostri collaboratori, con varie persone della zona di Garlasco. Da queste attività sono emersi alcuni aspetti che nulla, apparentemente, hanno a che fare con la nota vicenda di Garlasco, ma sono aspetti che hanno interessato alcuni soggetti già emersi nei mesi precedenti. Mi riferisco a una serie di suicidi di ragazzi della zona di Garlasco e della Lomellina, avvenuti in circostanze strane e del suicidio di un anziano signore avvenuto nei pressi di un canale. In questa serie di fatti si inserisce anche l’omicidio di una donna, madre di uno dei ragazzi suicidatisi, rimasto irrisolto».
Dopo aver riportato gli “atti persecutori” di cui si riteneva vittima (pedinamenti e messaggi inopportuni), la Bocellari accenna al satanismo:
«Per chiarezza e completezza vi comunico che da diverso periodo si è messa in contatto con me una persona attraverso l’applicativo Messenger di Facebook. Questa persona si chiama, per quanto riguarda il profilo FB, S.S., sedicente veggente-sensitiva, che mi ha fornito anche utenza cellulare e mail. Questa donna mi ha riferito in sostanza che le indagini che io sto facendo stanno andando su un terreno pericoloso dove sono coinvolte persone legate al satanismo. Sullo stesso piano, recentemente, sono i messaggi sempre via Messenger inviatimi da tale G.T. (il suo profilo Facebook) che mi ha di recente scritto che la vicenda di Garlasco è legata al satanismo e questo mondo potrebbe risultare pericoloso. Questa persona che mi ha scritto con questo profilo, mi ha anche detto di abitare a Milano fornendomi l’utenza telefonica sulla quale io non l’ho mai sentita […]».
La Bocellari, seppur lievemente intimorita, si premura di valutare anche “l’aspetto ludico” di tali messaggi, nonostante il giorno dopo si ripresenti dai carabinieri per rilasciare nuove dichiarazioni:
«Di questi suicidi ne sono venuta a conoscenza casualmente poiché nel corso delle mie attività era emerso l’interesse di parlare o comunque prendere informazioni su alcuni ragazzi che ho poi appreso essere deceduti a causa di suicidio. Ovviamente dopo aver saputo che più di un ragazzo che frequentava la stessa comitiva si è tolto la vita ho avuto la curiosità di acquisire ulteriori informazioni apprendendo che alcuni di questi suicidi erano avvenuti in maniera anomala, almeno per quello che mi è stato riferito e non vorrei dire cose di cui non posso dare oggettivi riscontro».
La questione dei suicidi era già stata affrontata da Gianluca Zanella in una sua analisi degli aspetti meno conosciuto del delitto e della cittadina in cui è avvenuto, pubblicata su “InsideOver” nel 2024:
«Nel 1990 due giovani, tali Giordano e Daniele, si erano uccisi con il gas di scarico della macchina di uno dei due dopo aver passato una serata con gli amici che non aveva lasciato presagire nulla di preoccupante. Di questa storia si trova labile traccia in alcuni articoli, ma i dettagli sfuggono. Di certo c’è solo che teatro di questo gesto è via Mulino, dove parecchi anni dopo, il 23 novembre 2010 si consumerà un’altra tragedia inspiegabile e inspiegata.
Giovanni Ferri, meccanico in pensione, ultra ottantenne in buona salute, dedito alla moglie invalida, […] si infila tra un muro e un palazzo, in un pertugio di circa 50 cm – o almeno, è lì che viene ritrovato – e si taglia i polsi e la gola. Nonostante le nostre ricerche sul punto, non siamo mai riusciti a sapere se il coltello sia mai stato ritrovato sul posto.
Negli anni a seguire, invece, a uccidersi saranno dei ragazzi. Tutti giovanissimi, poco più che ventenni. Uno di loro, che tra l’altro frequentava la comunità diretta dal rettore del Santuario [della Madonna della Bozzola], nel 2011 si lancia da un acquedotto.
Un altro nel 2014 si impicca a una trave facendo un nodo scorsoio molto difficile da realizzare; nel 2015 un’altra impiccagione. Tragedie che lasciano intere famiglie distrutte. La spia di un disagio che corre silenzioso tra giovani che da anni, da quel maledetto 13 agosto 2007, vivono con il fantasma di un delitto che ha stravolto la quotidianità di un’intera cittadina, compresa la loro».
La storia dei due giovani, Giordano Orlandi e Daniele Poggi (un’omonimia?) è ricapitolata da un articolo de “l’Unità” dell’8 settembre 1990, consultabile online, il quale collegava “idealmente” il gesto a quello compiuto una settimana prima da tre giovani altoatesini:
«Si erano allontanati ieri, alle prime luci del mattino, a bordo di una Fiat Panda. Avevano raggiunto la periferia del grosso borgo della Lomellina, tra Pavia e Vigevano. Giunti ai margini della campagna, a ridosso di un gruppo di villette in costruzione, hanno collegato lo scarico dell’automobile, per mezzo di un tubo di gomma, all’abitacolo. Neppure una riga per spiegare la loro scelta. Li ha trovati un passante, adagiati sui sedili anteriori, verso le otto: il motore ancora acceso e nel mangianastri una musicassetta ormai alla fine.
[…] L’altro ieri Daniele e Giordano erano usciti dopo cena, con l’automobile della madre di quest’ultimo, per trascorrere la serata in un bar del loro paese. Avevano chiacchierato a lungo con un gruppo di amici. Poi, prima di lasciarli verso l’una e trenta, una frase buttata lì, come se niente fosse: “Questa sera dovremo morire”. Un commiato assai simile a quello dei tre giovani altoatesini. Ma scavare nelle loro vite non aiuta a capire le radici della scelta.
[…] A Garlasco – meno di 10mila abitanti, nel cuore della Lomellina “rossa” tra il Po e il Ticino, ancora legato alla terra e dove, tanti ricordano i tempi delle mondine – i commenti sono dettati dall’incredulità, la gente è smarrita. Proprio oggi sarebbe dovuta iniziare la tradizionale sagra e il borgo era già addobbato a festa. Che forse non ci sarà più. Per altro dall’inizio della settimana i suicidi nel Pavese hanno raggiunto quota quattro: lunedì scorso un pensionato di Vigevano si è lanciato dal secondo piano della sua abitazione, mentre un agricoltore di Retorbido si è sparato col fucile da caccia […]».
Zanella segnala poi una dimensione altrettanto inquietante di Garlasco, se non “satanica” in senso lato, perché collegato al Santuario della Madonna della Bozzola:
«[Dal 1990 è rettore del Santuario della Madonna della Bozzola] un prete che nel 2003 fonda una comunità per il recupero di ragazzi e ragazze con problemi di tossicodipendenza e di natura psicologica. Il suo nome salì alla ribalta delle cronache tra il 2014 e il 2015, quando venne coinvolto in una brutta storia di ricatti a sfondo sessuale. Un cittadino romeno sosteneva di averlo ripreso in atteggiamenti intimi con un altro uomo, chiedendogli poi una somma di denaro per comprare il suo silenzio. […] Il prete cede e decide di pagare. A fare da intermediario per la consegna dei soldi, l’allora sindaco di Garlasco. Il romeno ottiene qualche decina di migliaia di euro e, come se non bastasse, per farlo stare buono, l’allora sindaco, che era anche un commercialista, gli apre una ditta individuale per permettergli di lavorare nel ramo edilizio, grazie alla collaborazione di un altro professionista: un avvocato che, già in precedenza, aveva svolto il ruolo di intermediario tra il romeno e altre persone a vario titolo convinte a cedergli del denaro, approntando anche della documentazione che giustificasse la dazione. Alla fine, secondo gli inquirenti, il rettore del Santuario consegnerà in totale al romeno circa 150 mila euro, fin quando la situazione, ormai fuori controllo, arriverà a interessate le alte sfere del Vaticano e le autorità, che arresteranno l’uomo».
Il giornalista riesce a trovare un collegamento fra questa vicenda e gli sviluppi attuali:
«[…] Resta poco chiaro il motivo che ha portato l’allora sindaco di Garlasco e un avvocato del foro di Vigevano – che, è bene specificarlo, non sono mai stati indagati per questa vicenda – a esporsi in favore di un becero truffatore. Lo stesso avvocato lo ritroviamo come difensore di Andrea Sempio quando il ragazzo finisce al centro della bufera, indicato dalla difesa di Alberto Stasi come il vero autore dell’omicidio, dopo che il suo DNA – a seguito di indagini difensive che verranno aspramente criticate, sebbene poi considerate del tutto legittime – verrà riconosciuto come lo stesso presente sotto le unghie di Chiara e, fino a quel momento, attribuito ad ignoto.
[… Esiste] una circostanza curiosa che merita di essere portata all’attenzione dei lettori e che aggiunge un ulteriore tassello a quel quadro di contesto che nel delitto di Garlasco è sempre rimasto in ombra. Sono le 13.50 del 5 febbraio 2017. Andrea Sempio, che è sotto indagine e che qualche sera prima è stato ospite della trasmissione Mediaset “Quarto Grado”, […] è al lavoro in un negozio e, mentre si trova dietro il bancone, riceve una telefonata di circa 50 secondi. Sempio risponde senza esitazioni, ma dalla trascrizione sembra quasi sorpreso, come non si aspettasse di sentir parlare quell’interlocutore.
A chiamare è un uomo che gli investigatori indicano come piuttosto in là con l’età. Non ha mai telefonato prima e non telefonerà mai più e non sembra essere mai stato identificato. Di per sé nel corso della telefonata non si dice nulla di particolare. L’uomo, che a Sempio dà del “tu”, chiede se vada tutto bene. Sempio, che invece dà del “lei”, dice di si, che “qualcosa si sta muovendo” e che di giornalisti, per ora, non se ne sono visti. “Bene” commenta l’uomo, che poi saluta».
La chiamata, a detta di Zanella, sarebbe “interessante” perché il telefono da cui viene effettuata è intestato a una “donna di origine extra-europea” (romena) che diventerà successivamente praticante avvocato nello studio dell’avvocato di Sempio. La stessa donna era comparsa anni prima nel processo per favoreggiamento della prostituzione all’allora comandante della stazione dei Carabinieri di Garlasco, che gestiva un locale notturno con altri compari.
Ora, di tutte queste faccende aveva già parlato in tempi non sospetti la scrittrice Gabriella Ambrosio nel suo Il garbuglio di Garlasco. Un perfetto colpevole e l’ostinata ricerca della verità (2022). Partiamo dalla “pista satanica“: la Ambrosio cita di una veggente, tale M.M.G. (non la stessa di cui parla l’avvocatessa Bocellari) che nel 2018 verrà condannata a risarcire Alberto Stasi di 10mila euro per i suoi “post aggressivi” contro di lui. Questa sensitiva sosteneva di poter vedere Chiara Poggi “sotto le spoglie di una farfalla”, mentre le dettava dall’aldilà “parole di luce e di incoraggiamento per la mamma” (fatevi pure delle grasse risate, ma personaggi di tal fatta vengono ancora assoldati dagli inquirenti per le loro “consulenze”).
La Ambrosio ha annotato alcuni messaggi comparsi nella pagina Facebook aperta dalla consulente (censuro i nomi perché –come già detto– non voglio querele, nonostante l’Autrice li riporti interamente):
«Uno dei dibattiti più appassionati all’interno di quella pagina era: chi si nasconde dietro i commenti firmati Anacleto? M.P. [figlio dell’ex sindaco di Garlasco, ndr] il ragazzo che nei primi tempi era stato definito l’amico del cuore di Alberto ma che non lo era per niente, a suo tempo aveva raccontato agli inquirenti che Anacleto era il secondo nome del ragazzo che, la mattina in cui sarebbe accaduto il delitto, l’aveva accompagnato a prendere il treno per Garlasco. Ma nella pagina si preferiva piuttosto accendere i fari sulla cugina [di Chiara Poggi] S.C.. Stressata dal fuoco di fila delle loro domande, S.C. spostava a sua volta il tiro sulla sorella di M.P. : “Il caschetto biondo è E.P., cazzo, non ci vuole una scienza”, scriveva, attribuendo così una nuova identità alla ragazza che quella mattina [M.M.] avrebbero visto pedalare con un alare in mano».
In questo passaggio ci si rifà alla testimonianza di un operaio che avrebbe visto la cugina della vittima aggirarsi su una bicicletta per le vie adiacenti alla villetta in cui si è svolto il delitto con in mano un’asta di ferro (di quelle che si usano per tenere sollevati i ceppi nel camino). In una interazione con la sensitiva, che le chiedeva di “riti maligni” e “gesti diabolici”, la cugina di Chiara Poggi avrebbe sostenuto quanto segue:
«Io non ne sapevo nulla ma lo sospettavo, perché tutti i loro amici venivano definiti “la setta dei cretini” dagli inquirenti… So solo che, prima di partire per Loano, M.P. ha dato una festa e Chiara non è stata invitata!».
Infine, incalzata dalla veggente che voleva “render pubblica la notizia dei festini”, S.C. si sarebbe defilata dalla conversazione togliendole l’amicizia su Facebook.
Ora, cercando di rimanere coi piedi per terra, si può osservare pacificamente che la zona del pavese, come qualsiasi provincia (non solo settentrionale) italiana, è stata piagata da certe forme di satanismo “ludico”: gatti morti, sparizione di oggetti liturgici, profanazione di cimiteri ecc…
Con una semplice ricerca su Google, è possibile tracciare una casistica: per esempio, nell’area della Lomellina, si può ricordare che nell’aprile del 2004 la “Provincia Pavese” parlò del ritrovamento di resti di uno scheletro di animale, con brandelli di stoffa su un teschio e “scritte deliranti che inneggiano a Satana” in una vecchia fornace a Gerola; nel maggio 2017, invece, “Il Giorno” riportò la profanazione della cappella della Madonna di Casaletto, con i sospetti di “occultismo” del parroco, per via di “resti di candele in cerchio, oltre ad alcune uova sode”.
Cose che, ripeto, sfortunatamente accadono in ogni angolo d’Italia. Infatti, per concludere, non so dove possano portare queste piste, se non su qualche sfigatissimo video di YouTube che poi verrà di certo censurato. Suonano comunque perturbanti le parole di uno dei legali di Stasi, che inizialmente dimostrò qualche scetticismo nell’accettare il caso perché “dietro i delitti di sangue c’è quasi sempre un’organizzazione, perciò altre persone prima o poi vengono a chiederti il conto, e io non voglio essere obbligato a nessuno”.