Poland’s Tatars Feel Uncertain as Anti-Muslim Sentiment Grows
(New York Times, 16 marzo 2016)
Sebbene sia una musulmana polacca, Dzenneta Bogdanowicz non si è mai sentita in pericolo nel piccolo villaggio di Kruszyniany a pochi chilometri dal confine con la Bielorussia, dove ha appena contribuito all’apertura del primo centro culturale per i tatari Lipka, una piccola minoranza presente da sei secoli in Polonia.
Tuttavia, dopo l’ondata terroristica e la crisi dei migranti anche la signora Bogdanowicz ha cominciato a ricevere minacce e messaggi d’odio online. Eppure, nonostante la crescente avversione per i musulmani, la stessa comunità tatara sostiene la posizione ferma del governo conservatore contro la redistribuzione dei migranti.
Circa 30.000 musulmani sono entrati in Polonia dalla caduta del comunismo: di conseguenza i 3000 tatari temono che qualsiasi ulteriore afflusso di migranti musulmani possa minacciare il loro monopolio di sei secoli sull’Islam polacco, e con esso la loro identità.
“Ci sono tanti musulmani che non sono tatari”, dichiara Dzemil Gembicki, custode della moschea di Kruszyniany. “Vogliamo restare fedeli alle nostre tradizioni. Temiamo che l’enorme gruppo di musulmani provenienti da altri luoghi potrebbe farci perdere le tradizioni dei tatari polacchi”.
Tomasz Miskiewicz, il mufti della Polonia, anche lui un Lipka, ha affermato che “la situazione della società tatara qui in Polonia è al limite, molte cose stanno cambiando”.
I tatari Lipka discendono da popolazioni turche dell’Asia centrale che emigrarono nella regione baltica nel XIV secolo. Coloro che vivono nella Polonia odierna sono storicamente concentrati nella regione della Podlaskie, un’area nel nord-est dove vagano ancora bisonti e lupi, e dove la campagna è costellata di chiese ortodosse e cattoliche, sinagoghe e moschee: una diversità religiosa sorprendente per una nazione al 94% cattolica.
“Sono musulmana, sono tatara, sono polacca”, dice la signora Bogdanowicz, che gestisce un ristorante tataro a Kruszyniany. “Sono identità indivisibili”.
Negli anni successivi al collasso del comunismo, molte famiglie tatare mandarono i loro giovani a compiere studi islamici a Parigi, Sarajevo o Medina. L’idea era che questi ragazzi, fra cui Miskiewicz, sarebbero tornati in Polonia per aiutare a ricostruire le istituzioni islamiche del Paese. Le ricche nazioni arabe hanno impiegato ingenti risorse per sostenere l’Islam nell’Europa orientale, ma i tatari polacchi hanno preferito evitare di farsi “comprare” e hanno deciso di gestire da soli il rinascimento islamico del proprio paese.
“Cerchiamo di mantenere la nostra tradizione, la nostra cultura”, ha dichiarato Maciej Szczesnowicz, presidente della comunità musulmana nel villaggio di Bohoniki. “Abbiamo il nostro modo di pensare e le nostre tradizioni religiose”.
Dopo il 1989 i tatari ripresero le loro celebrazioni e lottarono per l’insegnamento della loro lingua e dell’arabo. Le due moschee secolari, sopravvissute alla seconda guerra mondiale e al comunismo, furono restaurate e ne furono inaugurato di nuove. Un centro di educazione islamica verrà costruito nel villaggio di Sokolka quest’anno, e un altro è previsto a Bialystok nel 2017.
“Vogliamo far rinascere le nostre preziose tradizioni, prima che vengano dimenticate”, ha affermato Roza Chazbijewicz, presidente di una fondazione culturale tatara. “L’identità deve essere mantenuta”.
Le pratiche tradizionali dei tatari differiscono da quelle di molti immigrati musulmani in Polonia. Nella storica moschea di Bohoniki, una tatara settantenne discute del velo integrale: “Cosa dovrei fare con quella roba addosso, dovrei stare seduta a pregare tutto il giorno?”.
In genere i tatari si tengono distanti dalla politica, ma molti di essi apprezzano l’orientamento nazionalista e anti-immigrati dell’attuale governo: “La Polonia non è pronta per gli immigrati”, ha dichiarato il mufti Miskiewicz.
D’altra parte, il nazionalismo li ha presi di mira: “Non sappiamo a cosa potrebbe potrebbe questo clima politico”, sostiene ancora la signora Bogdanowicz, la ristoratrice.
Ci sono stati episodi di violenza contro i tatari negli ultimi anni, con l’acuirsi della crisi migratoria. La moschea nella città portuale di Danzica, costruita dai tatari nel 1991, è stata bruciata nel 2013. A Kruszyniany dei vandali hanno dipinto slogan anti-musulmani, un maiale e una X rossa su una moschea del XVIII secolo, vandalizzando il cimitero adiacente.
“È difficile dire se ci saranno ancora episodi del genere, a causa dei problemi rappresentati dall’immigrazione”, ha detto il Mufti, “a causa di questa ondata di risentimento verso l’islam, si tende a fare di tutta l’erba un fascio”.