Ci si dovrebbe chiedere per quale motivo tanti italiani vogliano credere alla fantomatica “emergenza femminicidio”, immaginando scenari da incubo come squadroni della morte che vagano di città in città per sterminare il maggior numero di donne possibile, oppure ipotizzando l’esistenza di una cultura maschilista a livello familiare o istituzionale – idea che può essere agevolmente smentita aprendo un giornale qualsiasi (il quale conterrà sicuramente un pezzo dal titolo Le donne superano gli uomini in tutto), oppure ascoltando le dichiarazioni di qualunque politico che, almeno a parole, vorrebbe che al governo ci fossero solo esponenti del gentil sesso.
Dopo anni di martellamento mediatico, sembra che l’Italia e, in generale, i Paesi occidentali (soprattutto quelli latini) sentano il bisogno di questa propaganda, poiché nell’immaginario collettivo è ancora vivo l’archetipo della donna angelicata. Tuttavia, dal momento che scarseggiano i soggetti nei quali personificarlo (Cesare Pavese nel 1938 già scriveva che «99 donne su 100 sono troie»), l’intangibilità della femmina non ha più nulla a che fare con la sua effettiva virtù, ma viene presentata come un dato di fatto, consacrato da una norma che sancisce la superiorità della donna sull’uomo. Questo nuovo culto del corpo femminile, che negli intenti dei suoi propugnatori dovrebbe essere ultra-progressista, in realtà genera alcuni interessanti paradossi “reazionari”. Facciamo due esempi estremi.
Il primo è quello delle false accuse di stupro. Siamo giunti al punto in cui ogni donna potrebbe trascinare in tribunale un amante occasionale e accusarlo di violenza carnale per non aver dato un consenso “totale” all’atto. Nulla impedirebbe al giudice di condannare l’imputato basandosi proprio sul “ritiro del consenso” da parte della vittima, ovvero su un suo cambio d’opinione (se poi ciò non accade è perché la giustizia italiana è vergognosamente inefficiente, ma in uno Stato che funzionasse alla perfezione, con leggi e opinione pubblica come la nostra, centinaia di presunti stupratori, o stupratori potenziali, finirebbero immediatamente in galera).
Questa nuova tendenza a convalidare per via giuridica l’equazione “uomo = stupratore” non potrà che condurre, anche sulla breve distanza, alla riscoperta del valore della castità maschile o perlomeno a marcare una decisa separazione tra il sesso prima e dopo il matrimonio. Sembra una ipotesi assurda, ma a pensarci bene un esito del genere non è affatto irreale: se la propaganda instilla nella mente dei maschi che ognuno di loro è un potenziale stupratore, un mostro, un violento, mentre invece sappiamo (se non altro statisticamente) che così non è, allora il povero maschietto si convincerà che per mantenere il controllo sulle proprie irrefrenabili pulsioni non potrà far altro che… arrivare vergine all’altare (almeno lui)?
Il secondo esempio riguarda le soluzioni proposte per combattere l’emergenza (o l’allarme) femminicidio. Se si è arrivati a teorizzare un’assurdità come l’ergastolo per un crimine che non ha ancora una chiara definizione giuridica (nella maggior parte dei casi un uomo non uccide una donna “in quanto donna”, l’uxoricida meridionale non è il serial killer americano), allora si può davvero proporre di tutto. Infatti è così: per punire il “femminicida” è consentito rispolverare torture come lo smembramento con quattro cavalli, la corrente elettrica sui genitali, la castrazione tramite forbici in diretta tv ecc… In una società dove domina il cosiddetto “perdonismo”, cioè la tendenza a giustificare qualsiasi crimine in favore del recupero e del reintegro del reo, fa specie che si possa sparare a zero soltanto su chi si è reso colpevole di violenza sulle donne. È chiaro che il discorso inverso non funzionerebbe: chi volesse proporre il rogo per le infanticide, verrebbe come minimo accusato di misoginia.
Infine, è necessario riconoscere che tutto questo nasce dal fallimento della rivoluzione sessuale che, come le altre, aveva promesso la liberazione dell’essere umano ma, non potendo gestire il caos generato dalla distruzione del vecchio ordine, ha dovuto forgiare nuove catene. La nuova catena oggi è il femminismo: ci sono tanti modi per salvarsi, senza ovviamente diventare per forza “femmincidi”…