Il mio amico Soros

Gad Lerner accorre in soccorso di Soros: ma zio George ne ha poi bisogno?
(Gog&Magog, 17 giugno 2019)

Gad Lerner su “Repubblica” ci riprova a candidarsi quale difensore d’ufficio di zio György (come ne avesse poi bisogno), dopo averlo definito in passato “lo speculatore buono” (e aver gridato “Viva Soros! da Formigli). Forse nella foga di cancellare sue passate posizioni ben meno acritiche verso il finanziere, l’ex esponente di Lotta Continua si scorda che anzitutto va scelta una linea coerente. Sono “tutte mascalzonate” quelle su Soros, come scrive nell’incipit, o lo speculatore ungherese è invece un “filantropo” che “investe in progetti umanitari una quota significativa dei suoi profitti” (cit.) e fa un opera meritoria di sostegno ai migranti a livello mondiale, intervenendo da Israele agli Usa e all’est Europa, come scrive sempre Gad poche righe dopo? Si decida!

[Peraltro] che sia “inventato di sana pianta” un coinvolgimento di Soros nelle confische naziste di beni ebrei in Ungheria è una” invenzione di sana pianta” di Lerner. È stato Soros stesso, in una intervista del 1998 alla trasmissione Usa “60 minutes”, a esprimersi così (video integrale):

– Mi risulta che lei abbia aiutato nella confisca dei beni agli ebrei.
Soros: “Sì, è vero.”
– Sembra un’esperienza terribile. È stato difficile?
Soros: “No, per niente. Forse da piccolo non vedi la connessione.”
– Nessun senso di colpa?
Soros: “No”.
– “Nemmeno, per esempio, un ‘Sono ebreo, ed eccomi qui, a guardare queste persone che se ne vanno. Potrei esserlo altrettanto facilmente io’. Niente di tutto questo?”
Soros: “Beh, naturalmente, ….. potrei essere stato dall’altra parte o potrei essere stato quello a cui il bene veniva portata via. Ma non aveva senso che non dovessi essere lì, perché  —  beh, in realtà, in modo curioso, è proprio come nei mercati  —  se non ci fossi stato io  —  certo, non lo stavo facendo, ma qualcun altro lo avrebbe fatto  —  glielo avrebbero portato via in ogni caso. Ed era il  —  che io ci fossi o no, ero solo uno spettatore, la proprietà veniva portata via. Così il  —  non ho avuto alcun ruolo nel togliere quella proprietà. Così non avevo sensi di colpa”.

Si è cercato di sostenere che “si era sbagliato” ed era”solo” stato nascosto dai genitori, spacciandolo per un cristiano, presso un funzionario del governo ungherese (tale Baumbach) che si trovò a fare l’inventario di beni di ricchi ebrei fuggiti dal paese (così Kaufman, in Soros: The Life and Times of a Messianic Billionaire), e lo accompagnò in questa missione quando aveva non più di 14 anni, ma le sue parole nell’intervista restano ambigue e trasmettono un senso alienante di distacco da quei drammi, all’insegna del “come nei mercati, lo avrebbe fatto qualcun altro al mio posto”.

È un esempio di come il carattere patologico del personaggio,che ama precisamente passare per un Grande Vecchio, sia la prima fonte di molto “complottismo” nei suoi confronti: in una intervista del 1993 al britannico “Indipendent” disse:

«È una specie di malattia quando finisci per considerarti una specie di dio, creatore di ogni cosa, ma sono sempre stato a mio agio da quando ho iniziato ad avere questa sensazione».

Concetto che covava da molto prima delle speculazioni contro ltalia e UK del ’92  — che gli diedero denaro e fama mondiale —  se già nel libro The Alchemy of Finance, del 1987, scriveva:

«Per dirla in modo brutale, io mi sono sempre visto come una specie di dio o un riformatore economico alla Keynes, o, ancora meglio, come un Einstein. Il mio senso della realtà era abbastanza forte da farmi capire che queste aspettative fossero eccessive, perciò le tenni nascoste come peccati vergognosi. Tale atteggiamento rappresentò una fonte di infelicità per gran parte della mia vita. Mentre mi facevo strada nel mondo, la realtà si avvicinava sempre più alla mia fantasia e così potei finalmente confessare il mio segreto, perlomeno a me stesso. Inutile dire che ora mi sento molto più felice per averlo fatto».

Questa insistenza plateale del finanziere, possiamo dire una ossessine patologica, ha riscosso i frutti sperati: nel 1997 la rivista americana Time (sarà complottista, per Lerner?) poteva ritrarlo nella copertina di settembre mentre allungava le mani sul globo, con il titolo San Giorgio e le sue improbabili crociate e soprattutto un lungimirante sottotitolo: Il bilionario George Soros vuole cambiare il nostro approccio alle droghe, agli immigrati e alla morte.

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