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Il mito della fotografia tridimensionale negli anni ’80

Alla fine degli anni ’80 qualche rivista italiana parlò di una sensazionale invenzione che avrebbe soppiantato la scultura: la Fotografia Solida (il maiuscolo è d’uopo per ogni nuova tecnologia). L’idea era molto semplice eppure ancora oggi suggestiva: un soggetto veniva fotografo da otto Nikon a motore modificate e le informazioni poi inviate a un computer che procedeva a “replicare” l’immagine in 3D dirigendo trapani e lame rotanti su un blocco di paralene (che sarebbe servito da calco per le varie fusioni con vari metalli).

Il giornalista di Fotografare (la rivista da cui sono tratte le immagini) sognava avveniristiche applicazioni del mezzo:

«I dati del computer possono venire teletrasmessi a un’altra apparecchiatura simile: un giorno, se volessimo, potremmo ricostruirci la Pietà di Michelangelo sulla Luna o su Marte».

La tecnica era stata messa a punto da una società produttrice di radar e attrezzature militari, la Dynnell Electronics, che puntava alla commercializzazione nell’industria meccanica, nel campo della medicina e persino nella gioielliera di massa. Chissà poi com’è finita: solitamente internet non è avaro di informazioni sulle tecnologie scomparse, ma in questo caso non ho trovato nulla. A meno di non voler considerare l’attuale stampa 3D, come pare ovvio, una indiretta discendente di tale tecnica, nonostante il principio della stereolitografia da cui essa parte sia decisamente diverso da quello appena descritto.

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