Il nazional-populismo sta vincendo in tutto il mondo

Il NYT sconsolato: il “nazional-populismo” à la Trump sta vincendo in tutto il mondo
(Gog&Magog, 28 maggio 2018)

In un editoriale del 24 maggio, a firma di Bret Stephens, il quotidiano Bibbia dei liberal prende atto che il “trumpismo” sta prendendo piede in tutto il mondo. India, Australia, UE, UK, Brasile, Filippine…

Il giornalista ricorda le parole di Trump nel 2016 ad un comizio elettorale: “Vinceremo così tanto che potrete perfino stancarvi di vincere. E direte “per favore, per favore, per favore, stiamo vincendo troppo, non ce la facciamo più”.

E continua:

«Il filo conduttore [di queste vittorie] non è solo il populismo di destra. È il disprezzo per l’ideologia di “loro prima di noi”: dell’immigrato prima del nativo; dell’interesse globale o transnazionale prima di quello nazionale o locale; delle minoranze razziali o etniche o sessuali prima della maggioranza; del trasgressivo prima del normale. È una rivolta contro chi propone di pagare un prezzo immediato e visibile per un bene invisibile e a lungo termine. È l’odio verso chi da un lato si arroga il diritto di definire quale sia quel bene, dall’altro pretendo di farlo pagare ad altri.
Quando l’anno scorso in Francia sono scoppiate le proteste per il tentativo di Emmanuel Macron di introdurre una tassa ambientale sulla benzina, uno degli slogan dei gilet gialli ha sintetizzato la lamentela principale: “Macron è preoccupato per la fine del mondo; noi siamo preoccupati per la fine del mese”.
Questa è una potente forma di politica, ed è per questo che sospetto che Trump sarà rieletto l’anno prossimo, a meno che non si verifichi un crollo economico o uno shock in politica estera. Si potrebbe pensare (come faccio spesso) che questa amministrazione sia una vergognosa carnevalata quotidiana. Si può anche pensare che i conservatori siano ancora più colpevoli dei liberali e progressisti della politica del “prima di noi”: l’1 per cento prima del 99 per cento; le grandi aziende prima del piccolo business, e così via.
Ma la sinistra ha un problema più profondo. Questo in parte perché concepisce consapevolmente la politica come una “lotta contro l’egoismo”, e in parte perché ha investito così profondamente, e in modo sempre più rigido, su temi come il cambiamento climatico o l’immigrazione. È un cocktail per una sconfitta politica continua, alleviata solo da una sensazione di superiorità morale. I progressisti stanno accelerando, in stile Thelma e Louise, verso la stessa scogliera che hanno attraversato negli anni Settanta e Ottanta…»

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