Un articolo del “Washington Post”, The share of Americans not having sex has reached a record high (29 marzo 2019), segnala l’incremento dei giovani vergini nella società americana, un numero che nel 2018 ha registrato un nuovo record tra i maschi dai 18 ai 30 anni.
Stunning chart: the share of men under 30 who aren't having sex has nearly tripled in the past decade https://t.co/0aazxCijYP pic.twitter.com/HVVmffy7Jc
— Christopher Ingraham (@_cingraham) March 29, 2019
La crudezza delle statistiche, che illustrano anche il divario crescente tra uomini e donne, è stata diluita con la vacuità delle interpretazioni perlopiù incentrate, come prevedibile, sulle miserie della mascolinità: è colpa dei videogiochi, dei bamboccioni, della pornografia, della droga, no, anzi, della disoccupazione…
Non è uno scherzo: la psicologa Jean Twenge ha chiamato in causa la “mancanza di lavoro che influisce sulle relazioni stabili”. Certamente, ma il sondaggio riguardava proprio la frequenza dei rapporti sessuali e non la “stabilità” di essi: lo scenario delineato è dunque molto più demoralizzante di quanto possa apparire, e man mano che la “forbice” tra uomini e donne si allarga, sarà sempre meno facile rifarsi sui maschi “erbivori” o “disfattisti”.
I motivi dietro al tracollo che si potrebbero citare sono infiniti, ma sicuramente è meno ridicolo additare la distruzione del matrimonio o la demenziale esaltazione della femminilità da parte di media e politici, piuttosto che continuare a deresponsabilizzare le donne e gettare la croce solo sul genere maschile.
Anche perché, a dirla tutta, la questione si potrebbe persino ridurre a una sola parola: ipergamia. A chi non avesse idea di cosa sia, giunge in soccorso la sapienza italica in formato Treccani:
«Usanza matrimoniale secondo la quale, in una società stratificata, gli appartenenti a un determinato gruppo sociale (classe, casta ecc.) scelgono il coniuge in un gruppo di posizione superiore al proprio. Solitamente l’ipergamia riguarda uno dei due sessi (per lo più quello femminile), mentre per quello opposto vale la regola inversa dell’ipogamia».
L’ipergamia è un dato di fatto, e il motivo per cui l’Occidente fino all’altro ieri contemplava società in cui fosse possibile vivere dignitosamente a quanto pare aveva proprio a che fare col contenimento di tale tendenza nelle donne. Anche la crisi demografica, col senno di poi, sembra dipendere meno da fattori legati al miglioramento delle condizioni generali della popolazione e più invece da questo inalienabile tratto della natura femminile (come ha notato l’opinionista conservatore Stefan Molyneux: gli standard troppo elevati delle donne occidentali stanno facendo precipitare il tasso di natalità).
Una volta acclarata la causa principale per cui la verginità maschile negli Stati Uniti (ma presto in tutto l’emisfero) stia macinando nuovi record anno per anno, un dubbio potrebbe sorgere sul perché l’ipergamia femminile sia divenuta in così poco tempo l’unico criterio regolatore del rapporto tra i sessi. Una interpretazione più “ottimista” (per così dire) potrebbe portare a credere che ciò sia dovuto alla martellante propaganda ginecocentrica alla quale siamo sottoposti quotidianamente, che “obbligherebbe” le donne a pretendere solo il meglio in qualsiasi campo della vita (e ad andar fuori di testa qualora non riuscissero a ottenerlo).
Tuttavia c’è anche la “pillola nera” dell’interpretazione incel, che addirittura vede l’attuale generazione di maschi come la prima a godere del privilegio (si fa per dire) di scoprire la vera natura femminile:
«Prima della rivoluzione sessuale degli anni ’70, le donne non esistevano. L’ideale delle donne intese come creature fedeli ed empatiche è stato tenuto in piedi attraverso il patriarcato e una rigida delimitazione de generi. Quando gli argini sono saltati, ci siamo resi conto che non avevamo mai visto una donna prima d’ora.
Alle donne sono stati conferiti tratti che gli uomini desideravano che possedessero con l’illusione che essi fossero “naturali”, ma ora possiamo infine vederle come semplici proiezioni corrispondenti all’immaginario della sessualità maschile».
Probabilmente questa è l’unica conclusione verosimile, seppur amara, sui motivi per cui non ce la danno mai: tutte le cose “noiose” come il matrimonio o la religione non erano solo superstizioni preistoriche, ma “tecnologie culturali” create allo scopo di salvaguardare la specie. Ora che tutto è saltato, osserviamo l’emergere di una dinamica da “orda primitiva” resa ancor più selvaggia dal contesto ultra-moderno in cui si sta nuovamente imponendo. Non si illudano però femministe e sinistrorsi di trarre un ordine da tutto questo: a dominare sarà solo il caos, che infine li travolgerà.