Il parlamento ucraino ha appena approvato un disegno di legge che invita le Nazioni Unite e le organizzazioni internazionali a riconoscere la deportazione dei tatari di Crimea come genocidio.
Per Hakan Kırımlı, esperto di politica estera dell’Università Bilkent di Ankara intervistato dalla Anadolu Agency, la brutale deportazione dei tatari di Crimea da parte dell’Unione Sovietica nel 1944 detiene tutte le caratteristiche di un genocidio
“Sono stati detenuti in condizioni terribili una volta deportati, e la metà di essi uccisi”. Definendo la deportazione come “genocidio”, Kırımlı ha dichiarato: “Volevano che i tatari di Crimea scomparissero completamente dalla storia e hanno persino vietato l’utilizzo dell’espressione, allo scopo di cancellare totalmente l’identità di questa etnia”.
Kırımlı, di origine tatara, ricorda che durante la deportazione la sua gente venne stipata in carri coperti a gruppi di circa 300 “come sacchi di patate”, senza spazio per muoversi. “Immaginate vostro figlio, o fratello o nonno morire davanti a voi, e di dover continuare ad avere il suo cadavere davanti agli occhi perché non c’è spazio”.
La deportazione iniziata il 18 maggio 1944 è durata circa una ventina di giorni: l’obiettivo era la russificazione completa della Crimea. Dopodiché i tatari hanno sempre lottato democraticamente e mai ricorrendo al terrorismo contro l’URSS.
Per Kırımlı, commemorare gli eventi passati senza condannare la recente occupazione russa della Crimea è un segno di ipocrisia: egli ha infatti denunciato l’occupazione “disumana e illegale” seguita all’annessione russa del 2014.
“Quasi 50.000 tatari di Crimea si radunavano a Simferopoli, la capitale della Crimea, per commemorare la deportazione. Ora, nemmeno tre persone potrebbero riunirsi per ricordarlo”, ha aggiunto. La pena per chi parla della deportazione tatara in Crimea può anche essere di vent’anni: “Quasi tutte le scuole e gli organi di informazione dei tatari di Crimea sono state chiuse e gli intellettuali arrestati”, ha sottolineato.
Il professore invoca l’inasprimento delle sanzioni contro la Russia: “Se la Russia non venisse punita, i nativi della Crimea scomparirebbero e il diritto internazionale verrebbe calpestato”, ha aggiunto.
Le forze russe sono entrate nella penisola nel febbraio 2014, quando il presidente russo Vladimir Putin ha diviso formalmente la regione in due distinti soggetti federali sotto l’autorità di Mosca. Da allora, i tatari di Crimea hanno continuato la loro lotta per l’integrità territoriale dell’Ucraina contro l’occupazione russa.
Nel marzo 2014 lo storico attivista Mustafa Abdülcemil Qırımoğlu, arrestato sei volte per attività anti-sovietica tra il 1966 e il 1986, ha partecipato a una riunione informale del Consiglio di Sicurezza dell’ONU organizzata dalla Lituania a New York: in quell’incontro Qırımoğlu (il cui cognome “russificato” è Dzhemilev) ha dichiarato i suoi timori per la sorte dei tatari di Crimea e ha invocato non solo l’intervento dei caschi blu nella penisola (praticamente impossibile, per il diritto di veto esercitabile dalla Russia), ma una occupazione diretta della Nato, su modello di quanto fatto in Kosovo qualche lustro prima.