I miei lettori, che per la maggior parte dovrebbe essere cattolici tradizionalisti (un po’ dissociati), mi hanno letteralmente intasato l’email con il video porno di Belle Delphine di cui ho parlato qui, quello in cui vestita da scolaretta viene rapita e stuprata nei boschi da un uomo mascherato.
Belle Delphine ha girato un porno in cui viene rapita e sodomizzata
C’è chi mi suggerisce di metterlo online e “fare er botto”, ma per innumerevoli motivi trovo che questa cosa sia sbagliata a ogni livello, a partire dalla lettura del fenomeno che ne dà Dustin O’Daffer, cioè quello di una ragazzina complessata che ha accettato di vendere l’anima a Satana.
Naturalmente esistono anche interpretazioni più problematiche, come quella di un anonimo lettore che la butta sull’erotismo sacro:
“Belle Delphine è chiaramente una performer, mette in piedi degli spettacolini, si muove sul piano dell’effimero, dell’uscita da sé, del mascheramento e del carnevale. È anzi, a suo modo una dea dell’amore, una prostituta sacra in parrucca fucsia (in versione involgarita e de-sacralizzata forse).
Teatralizzare il sesso si è fatto umano culturale, ritualizzare l’evasione dalle regole lo hanno sempre fatto le élite e le masse si sono sempre arrangiate, che il potere glielo consentisse o meno.
Il femminile è programmato biologicamente per inscenare la performance (pornografica?), si addobba, si fa sacerdotessa pornostar per il suo maschione montone, per il rito dell’accoppiamento, succede il natura e nei domini della cultura; rappresentarsi, farsi fotografare e filmare nell’atto prima e dopo, nelle sue fantasie è proprio del femminile.
Il tema è vecchio e la questione sta nel mezzo, nel senso dei media, delle piattaforme che rendono accessibili queste performance senza iniziazione, nel ruolo della pornografia di massa in questa fase storica di riconfigurazione; una delle domande è se la funzione di grande assorbente e drenante delle pulsioni delle orde maschili abbia più vantaggi dell’episodico abuso, stupro, femminicidio”.
Sì, beh, si potrebbe liquidare il tutto ammettendo che sono soltanto seghe, ma a ripensarci non è nemmeno così: a parte che, pur non essendo un appassionato del genere, noto che il cortometraggio è di bassissima qualità (quando invece non dovrebbe esserlo, proprio perché non si tratta solo di seghe), che la “sacerdotessa” non sa “recitare” granché e che in ogni caso ha il volto travisato da nastro adesivo telato, eventualità che diminuisce sicuramente la fruibilità del prodotto da parte del suo pubblico (le sue pudenda, per quanto leggiadre, potrebbero appartenere a una delle migliaia di femmine le cui prodezze online sono disponibili senza sborsare alcunché).
Il problema in questione dunque non sono le seghe, e forse nemmeno il porno (perlomeno non è quello dell’ora presente), ma OnlyFans, la piattaforma che consente a qualsiasi femoide di vendere le proprie foto di nudo a dei catorci umani che fatico a definire “uomini” (tanto meno “maschi”). Ci si è messo pure il fottutissimo Corriere a fare il lavaggio del cervello alle d-parola italiane, con uno spot bello e buono al “servizio di intrattenimento” che farebbe diventare milionarie le cameriere trevigiane.
#treviso La vicenda | Da disoccupata a star (erotica) del web. Leggi l'intervista https://t.co/4r5O9oJWYt pic.twitter.com/DPzIVnFc5q
— Corriere del Veneto (@corriereveneto) January 23, 2021
Va bene, ok, finché ruba qualche soldo ai simp d’oltreoceano ci può stare, in fondo abbiamo ancora gli arretrati del Piano Marshall da riscuotere. Però che gli italiani non iniziano a iscriversi in massa: “Stop It, Get Some Help”, come direbbe Michael Jordan. Io vi vedo che simpate sempre, ho fatto anche screenshot molto deprimenti. “Smettetela, Fatevi Aiutare”.
La storia della ragazza in questione è del resto piuttosto emblematica di una generazione di femmine persa: trentenne che invece di metter su famiglia sceglie la “carriera” (anzi il “carrierone”: da segretaria a cameriera a… bocca tasi) e poi Satana fa il resto con i suoi giornali. Su OnlyFans si definisce come “The girl next door”: uno dei tanti topoi del romanticismo hollywoodiano divenuti veicolo di degenerazione. La ragazza della porta accanto si spoglia per una ridda di dementi.
Il motivo per cui il fenomeno viene regolarmente approcciato con euforia boccaccesca è che si considera scontato l’effetto “drenante” che la pratica detiene nei confronti della frustrazione dei maschi soli; come aggiunge l’anonimo commentatore appena citato: “Le masse rispondono bene, nel senso che sono intontite, spettatrici entusiaste, non rivendicano il loro quarto di figa, sublimano come sublimiamo tutti”. Ma abbiamo la certezza che sarà sempre così?
Belle Delphine, per esempio, sa benissimo qual è il suo target, ecco perché vende ai seguaci l’acqua in cui fa il bagno, si fa immortalare in atti di feticismo con selvaggina assortita e mette in scena fantasie di stupro e violenza in forma pornografica (se avesse coltivato i suoi talenti avrebbe potuto fare qualcosa di più di un filmino – Satana fa le pentole ma non i coperchi ecc). Sostenete dunque che una società in cui la maggior parte degli uomini sono così può comunque funzionare. Io dico di no, ecco perché non vi autorizzo a farvi le seghe alle mie spalle (in senso figurato, lol ma che immagine ghei con cui chiudere).
Il punto evidentemente non è Belle Delphine:
Delle note biografiche che la riguardano forse il dato più interessante è la madre divorziata, il bullismo, la scuola cattolica nell’Hampshire abbandonata a 14 anni. Per il resto, la sciroccataa fa il suo mestiere, vende un prodotto esperienziale su un mercato e la sua estetica è studiata, muovendosi tra sottogeneri in maniera non banale; il video finto stupro non-consent, il corplay leccato, i rimandi all’octopus fetiscism hanno uno loro sofisticatezza, la stessa vendita del gadget feticista richiede una qualche forma di imprenditorialità.
Il punto sono le piattaforme porno, porno-soft (o peggio quelle che si presentano come social) che creano il mercato e che evidentemente hanno compreso come lucrare su un’ampia gamma di godimenti e istinti umani, quello di guardare e farsi guardare, farsi le seghe e farle fare, mostrare se stessi, la moglie, etc.
Se c’è una domanda e un’offerta di godimento e se questa è accessibile senza mediazione, iniziazione alle masse ci possiamo scandalizzare? Ci possiamo scandalizzare del quotidiano di provincia che presenta appetibile il mestiere della cam-girl?
La pornificazione dell’immaginario di massa è iniziata con la tv generalista trent’anni fa e le adolescenti scoprono subito come maneggiare quei codici seduttivi e trasformarsi in impreditrici di se stesse, sin complejos.
Il punto più interessante forse è di tipo psicologico e biografico, capire le parabole di migliai porno-femmine della porta accanto, una generazioni (perduta?) di femmine, spesso bellissime che nel ventennio dell’internet in vario modo, più o meno professionale o amatoriale si sono consegnate al mercato e alla riproducibilità del mezzo, comprese quelle che apparentemente non hanno fatto nessun patto con Satana e imprudentemente, per amore, gioco o narcisimo sono finite in milioni di gallery.