Andrzej Duda, presidente conservatore della Polonia, ha fatto i complimenti a Joe Biden per la sua campagna elettorale di successo, ma al contempo ha inviato ad aspettare la nomina a Presidente degli Stati Uniti prima di congratularsi ufficialmente.
Congratulations to @JoeBiden for a successful presidential campaign. As we await the nomination by the Electoral College, Poland is determined to upkeep high-level and high-quality PL-US 🇵🇱🇺🇸strategic partnership for an even stronger alliance.
— Andrzej Duda (@AndrzejDuda) November 7, 2020
“Congratulazioni a Joe Biden per il successo della sua campagna presidenziale. In attesa della nomina da parte del Collegio Elettorale, la Polonia è determinata a mantenere una cooperazione strategica di alto livello e qualità per un’alleanza ancora più forte [con gli Stati Uniti]”.
Anche per questo non è ancora il momento di fare previsioni sui rapporti tra Stati Uniti e Polonia nella prospettiva di una presidenza Biden: tuttavia si può già ipotizzare che, come in un copione già scritto, la solida convergenza tra i due Paesi, dettata perlopiù da ragioni geopolitiche, verrà periodicamente minata da divergenze di altro tipo.
Durante la lunga presidenza Obama, per esempio, i rapporti col presidente Donald Tusk, espressione del conservatorismo filoeuropeista, eccellenti dal punto di vista politico (nonostante l’appartenenza a schieramenti opposti) sono stati in parte indeboliti dall’annosa questione dello “scudo spaziale” (il sistema missilistico ufficialmente schierato contro l’Iran, ma naturalmente pensato come deterrente nei confronti di Mosca). Il progetto, annunciato dall’amministrazione Bush con la firma di un accordo bilaterale nel 2008, è stato poi ridimensionato e posticipato nel 2009 dallo stesso Biden in veste di vicepresidente, per poi essere rimandato sia nel 2018 che nel 2020 (ora la data dovrebbe essere il 2022, ma chissà).
Il balletto missilistico è sintomo della fragilità politica del progetto europeistico abbinata alle pretese contraddittorie di Obama, che da una parte favoriva l’afflato continentale di Tusk ma dall’altra pretendeva che Varsavia diventasse serva di due, anzi tre, padroni: Washington, Berlino e Mosca. Tusk si trovò nell’impossibilità di mediare tra le esigenze di sicurezza americane e necessità energetiche dei tedeschi (che implicavano comunque un appeasement con la Russia) e per tutta risposta si lasciò inglobare nell’eurocrazia, aumentando peraltro l’astio dei polacchi nei confronti di Bruxelles.
Ancora più complesse, sempre per restare dell’era obamaniana, le trattative con i Kaczyński, rappresentanti di una destra più intransigente e anti-europeista che non solo non venne mai considerata interlocutrice degna di rispetto, ma addirittura dovette subire l’onta di non trovare l’allora Presidente americano ai funerali di Lech, deceduto nel 2010 nel famoso incidente aereo di Smolensk.
Anche uno come Andrzej Duda, diretta emanazione del partito dei Kaczyński Diritto e Giustizia (Prawo i Sprawiedliwość) si prepara dunque a ricevere lo stesso trattamento: Joe Biden, oltre ad aver inserito la Polonia tra i “regimi totalitari” dell’Est Europa (accanto alla Bielorussia) in un recente discorso, ha già fatto capire che Washington tornerà a porre l’accento sulla questione LGBTQ stigmatizzando l'”omofobia di Stato” polacca su Twitter nel settembre scorso.
Let me be clear: LGBTQ+ rights are human rights — and “LGBT-free zones” have no place in the European Union or anywhere in the world. https://t.co/zc8YvSq6iN
— Joe Biden (@JoeBiden) September 21, 2020
Oltre a quattro anni di stillicidio arcobaleno, con una presidenza Biden Varsavia dovrà inoltre prepararsi a non esser più considerata avamposto speciale della NATO in Europa: per i dem qualsiasi sbavatura nel processo di integrazione Ue sarà considerata contraria agli interessi stessi degli Stati Uniti.
Probabilmente l’unico modo per i polacchi di compensare la limitazione di sovranità in favore dell’asse franco-tedesco, sarà di premere nuovamente sulla cancellazione del Nord Stream 2 o comunque usare l’argomento come arma di ricatto nei confronti di Berlino. Non sappiamo a chi spetterà l’onere della mediazione, ma una probabile presidenza Biden con queste premesse parte già con le movenze del proverbiale elefante nella cristalleria.