Il professor Paolo Savona beve un bicchiere d’acqua

La memetica italiana di fronte al governo Lega-Cinque Stelle sembra trovarsi continuamente spiazzata: sarà perché non ha ancora forgiato una sua identità né individuato un porto sicuro, che dovrebbe collocarla naturaliter a “destra” (populismo, sovranismo) come reazione allo iato esistente tra la popolarità a livello elettorale riscossa dai due partiti e la demonizzazione perpetua esercitata da chi controlla  i media.

Come avevo già notato ai tempi della querelle sul Kekistan, noi italiani non siamo ancora preparati culturalmente e spiritualmente alla memepoiesi: me ne sono accorto in occasione dell’incredibile intervento del professor Paolo Savona a commento del Documento di Economia e Finanza 2018.

Al di là dei concetti rimarcati, pienamente condivisibili ed espressi con una autorevolezza che noi italiani avevamo dimenticato di fronte al lugubre profilo di Mattarella (per il quale c’è stata un’apprezzabile stoccata: «Ero uno dei candidati [dell’Ufficio parlamentare di bilancio], non riesco a pronunciarlo perché io ero uno dei candidati in quella posizione, che non mi fu assegnata, quindi ho rimosso dalla mia mente l’idea»), un momento in particolare avrebbe dovuto innescare la memepoiesi: precisamente quando il professor Savona ha chiesto un bicchiere d’acqua.

In primo luogo, perché il gesto è in sé politico, trattandosi, come ha inteso persino la stampa, di una punzecchiatura indiretta nei confronto di Juncker e del suo noto alcolismo («Scusate io vado ad acqua»; e lontano dal microfono: «Ogni riferimento…» AH AH AH).

In secondo luogo perché il gesto, già entrato nella storia, richiama circostanze altrettanto storiche, se non leggendarie: quando Andreotti versò l’acqua a Craxi durante il discorso per la crisi di Sigonella. Gennaro Acquaviva, consigliere del leader socialista, osservò che «se Andreotti dava dell’acqua all’oratore, vuol dire che l’oratore c’aveva ragione».

Ecco, quando tutto ciò non diventa immediatamente un meme, vuol dire che abbiamo un problema. Penso che sia sempre più impellente la necessità di dotarci di una nostra memetics, ovvero, già che ci siamo, di nazionalizzare, oltre alle autostrade e tutto il resto, anche i meme.

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