Cerchiamo di dire qualcosa di non banale su Robert Francis Prevost, il nuovo Papa Leone XIV che sembra rappresentare una scelta di comodo per diversi schieramenti opposti, non solo “progressisti” e “conservatori”, ma anche “americani” e “cinesi”, primomondisti e terzomondisti, eccetera eccetera.
Spiace dover metter da parte le cose dello spirito discutendo di un Pontefice, ma dopo un’era in cui Bergoglio ha piegato la teologia a una politicizzazione spinta, ora l’unico modo di uscire dall’impasse sembrerebbe quello di compiere il percorso a ritroso, partendo dalla politica per tornare alla religione.
Gli americani si stanno già scannando sul woke: per molti commentatori di destra d’oltreoceano il fatto che Prevost si consideri successore del Papa della Rerum Novarum si traduce direttamente in social justice, qualcosa che ha più a che fare con il “socialismo” (come lo intendono loro) che con qualsiasi dottrina sociale della Chiesa.
Si ripescano dunque vecchie dichiarazioni pro-immigrazione dell’allora Cardinale che vengono però stemperate da altre osservazioni le quali sembrano andare in direzione opposta («Tutti questi immigrati continuano ad arrivare. È un problema enorme, un problema mondiale, non solo in questo Paese. Deve esserci un modo sia per risolvere il problema, sia per trattare le persone con rispetto»).
Pope Leo XIV: “All these immigrants continue to come. It’s a huge problem, and it’s a problem worldwide, not only in this country. There’s got to be a way both to solve the problem, but also to treat people with respect.”
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— AF Post (@AFpost) May 9, 2025
È ancora troppo presto (in effetti non è passato nemmeno un giorno!) per comprendere come Prevost si comporterà, tuttavia sarebbe veramente cristiano che la sua natura almeno all’apparenza “moderata” lo portasse a riflettere sulla Chiesa non solo da una prospettiva ideologica. Partiamo da un assunto: una tendenza sempre più marcata nel cattolicesimo odierno è quello di porre una rigida contrapposizione fra ethos ed ethnos. Non esistono dunque più nazioni, razze, tribù o identità, c’è solo un indefinito “prossimo” che si allarga fino ad abbracciare il complesso di tutti gli uomini viventi sulla terra.
Questo pensiero, più disumano che sovrumano, è stato alla base della pastorale di Francesco, che paradossalmente era cattolico e parlava italiano in quanto discendente di emigranti piemontesi. Tuttavia, la Chiesa non è mai stata così tanto dogmatica nel sostenere il “samaritanismo” fino a farne un solvente per qualsiasi spirito di comunità basato sulla vicinanza fisica, etnica e geografica.
Di certo la Catholica deve essere “universale” come obbliga la sua stessa denominazione, ma tale ispirazione non deve appunto trasformarsi in un’ideologia. Spero che anche il buon Prevost se ne renda conto, magari semplicemente guardandosi allo specchio: suo padre era di origini italiane e francesi, sua madre francese e spagnola.
Il sangue non è acqua, come si dice: Prevost è diventato Papa anche per questo. E se non avesse avuto tale etnica, quale etica avrebbe seguito, per giunta in un Paese profondamente anticattolico come gli Stati Uniti dove il più devoto dei “papisti” sceglie ancora la propria appartenenza religiosa in base a un gene Irish o Acadien? Su questo “dettaglio” bisogna meditare proprio per rispetto non solo della storia della Chiesa, ma della storia dell’umanità intera.
Le masse cattoliche sono stanche di “cittadini del mondo” la cui unica casa è un deserto prima spirituale che materiale. Lo stesso Cristo non ha rinnegato la sua appartenenza etnica presentandosi come “apolide”, al contrario ha annunciato di esser giunto in primis per “le pecore perdute della casa d’Israele” (Mt 15,24). Questa è la cifra del cattolicesimo: un universale che non cancella il particolare, ma lo trasfigura.
Non a caso questa fede nasce dall’incarnazione, e si spera perciò almeno che Leone XIV torni a rappresentare una Chiesa fatta proprio di comunità incarnate, di popoli concreti e di identità redente, alle quali non viene chiesto di dissolversi, annichilirsi e “disincarnarsi” per accettare la verità cristiana.
Fanno bene gli americani a essere anti-cattolici, se fossero cattolici non sarebbero stati la potenza che sono adesso.
L’unica potenza mondiale a reggere senza globalizzazione sono proprio loro, che anche se con enormi problemi interni.
Riesco a reggere.
I cinesi intrappolati dal maoismo marxista e dalla politica del figlio unico si sono creati enormi problemi difficili da risolvere.