Il 17 settembre 2024 Israele ha lanciato un attacco di guerra ibrida contro il Libano facendo saltare i cercapersone utilizzati dagli appartenenti a Hezbollah per non essere intercettati. L’operazione, secondo quanto riportano le agenzie, ha ferito circa 4000 persone e ne ha uccise almeno una ventina, colpendo anche i militanti in Siria e Iran.
Lo Stato ebraico non ha ancora rivendicato quello che è a tutti gli effetti un attacco terroristico, dato che ha colpito indiscriminatamente gli obiettivi ovunque di trovassero (anche per questo tra le vittime si annovera una bambina di otto anni). Si cerca ancora di comprendere come i servizi segreti israeliani siano riusciti a organizzare l’azione, e al momento le ipotesi principali sono due: o sono riusciti tramite un malware/trojan a far surriscaldare la batteria dei dispositivi fino a indurre lo scoppio, oppure hanno precedentemente installato una piccola quantità di esplosivo dentro i cercapersone provocando il surriscaldamento in contemporanea in ognuno di essi.
La seconda ipotesi è quella che convince di più, o forse che inquieta di meno (perché altrimenti chiunque al mondo sarebbe bersaglio degli hacker ebrei, considerando anche la facilità con cui le batterie al litio prendono fuoco): tuttavia è necessario capire come il Mossad -o chi per esso- sia riuscito a intercettare la partita di dispositivi e a inserire all’interno di essi l’esplosivo.
L’azienda produttrice dei cercapersone, la taiwanese Gold Apollo, afferma di essere anch’essa vittima di questa operazione e dichiara che gli apparecchi sono stati prodotti da una loro filiale in Europa. Dunque si possono probabilmente già scartare le ipotesi, fatte dalla stampa americana, di un “dirottamento” del cargo proveniente da Taiwan e la seguente manipolazione del materiale, che invece sembra esser stata portata a termine in loco a febbraio (quando i dispositivi sono stati ordinati dai libanesi).
Alcune fonti affermano che degli agenti israeliani avrebbero iniettato nelle batterie dei cercapersone circa 50 grammi di un composto di tetranitrato di pentaeritrite, e forse anche un interruttore attivabile a distanza. I miliziani di Hezbollah avrebbero ricevuto un finto messaggio dalla dirigenza del Partito alle 15:30 (ora del Libano) che dopo qualche secondo avrebbe fatto saltare i dispositivi, presumibilmente per dare il tempo ai riceventi di portarseli ad altezza del viso prima dell’esplosione.
In realtà il metodo è stato comunque efficace dal momento che alle vittime sono saltati occhi, mani, braccia, gambe e anche testicoli, un particolare su cui gli influencer sionisti hanno avuto modo di ironizzare con il loro solito stile barbarico e pornografico (“Gli hanno fatto saltare le palle, ehehe“). C’è anche chi fantastica sulla genialità degli hacker del Mossad, ma a dire il vero una vigliaccata del genere avrebbero potuto organizzarla benissimo i marescialli Gargiulo e Scognamiglio, se avessero goduto di una rete di connivenza basata sull’appartenenza etnica (perché di questo si tratta) e dell’impunità assoluta a livello internazionale.
I nostri media parlano spesso di “terrorismo” quando si tratta di descrivere le azioni dei palestinesi o dei libanesi: ma quanto appena perpetrato da Israele, come si potrebbe definire altrimenti? Lo stesso discorso ovviamente vale per i bombardamenti indiscriminati su scuole e ospedali (i famigerati “covi” di Hamas).
Lasciamo da parte però le considerazioni non solo morali ma anche di legalità e legittimità della “guerra” alla sionista, e pensiamo solo alle ripercussioni che avranno in Occidente le continue provocazioni israeliane verso l’Iran (in questo caso a Beirut è stato ferito anche l’ambasciatore di Teheran Mojtaba Amani). Spesso abbiamo irriso alla titubanza persiana, ma al di là delle battute, cosa dovrebbero fare esattamente gli iraniani nel momento in cui gli Stati Uniti mobilitano dodici navi da guerra in difesa di Israele?
Il nuovo Presidente iraniano, Masoud Pezeshkian, è stato presentato come “moderato” e “riformista” solo nella misura in cui le etichette consentono alla cupola sinistroide di masturbarsi sulle “vittorie del progressismo”: in verità costui potrebbe fare di tutto a livello nazionale (eliminare l’obbligo del velo ecc.) e internazionale (genuflettersi a Washington ecc.), ma nel momento in cui la condotta degli americani è evidentemente condizionata istante per istante da quella degli israeliani, a cosa servirà? Diventerà anche lui l’ennesima emanazione del famigerato “Asse del Male”, volente o nolente.
Dalle nostre parti possiamo raccontarcela come vogliamo, ma chiaramente il primo fattore di instabilità nell’area è lo Stato israeliano, nella misura in cui gode di un “credito morale” che regolarmente si scioglie come neve al sole. Il discorso è lungo e dovrebbe estendersi al modo in cui la Shoah è stata presentata al mondo come “tragedia dell’umanità” ma è stata poi strumentalizzata per perpetrare quelli che si chiamerebbero semplicemente “crimini di guerra” se non ci fossero di mezzo gli ebrei: anche per questo il palestinismo può avvalersi di una solida base ideologica nel momento in cui si ispira all’umanitarismo sorto -per farla breve- dai Principi di Norimberga.
Al di là però della storia, possiamo vedere come la stessa propaganda sionista assolutizza la nozione di “terrorismo” riducendola esclusivamente agli atti compiuti dagli avversari dello Stato israeliano: anche qui, dove sarebbe la “moralità” superiore di Tel Aviv? E adesso aspettiamo pure che ci esplodano i pc in faccia.