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Il tono di voce delle donne sta diventando sempre più mascolino

Secondo un articolo della BBC (The reasons why women’s voices are deeper today, 13 giugno 2018), “le donne oggi parlano con un tono più profondo e maschio di quanto avrebbero fatto le loro madri o nonne, grazie alle mutevoli dinamiche di potere tra uomini e donne”.

L’articolo menziona dettagli interessanti: Cecilia Pemberton dell’Università dell’Australia Meridionale ha studiato le voci di due gruppi di donne australiane di età compresa tra i 18 e i 25 anni. I ricercatori hanno confrontato le registrazioni d’archivio di donne che parlavano nel 1945 con registrazioni più recenti effettuate all’inizio degli anni ’90. Il team ha scoperto che la “frequenza” è scesa di 23 Hz in cinque decenni, da una media di 229 Hz (all’incirca un La diesis sotto il Do centrale) a 206 Hz (all’incirca di un Sol diesis). Una differenza significativa e immediatamente riconoscibile.

I ricercatori hanno accuratamente selezionato i campioni per circoscrivere eventuali fattori demografici: le donne erano tutte studentesse universitarie e nessuna di esse fumava. Il team ha anche considerato il fatto che i membri del gruppo più recente degli anni ’90 usassero la pillola contraccettiva, il che potrebbe portare a cambiamenti ormonali in grado di alterare le corde vocali. Eppure il calo di tono è rimasto anche quando la squadra ha escluso le donne che hanno usato la pillola dal proprio campione.

I ricercatori non hanno potuto confrontare il profilo ormonale delle donne nello studio. La voce è direttamente influenzata dall’equilibrio ormonale, che a sua volta influenza pensieri e comportamenti. Se un fattore qualunque distorce le voci delle donne a livello biologico, è inevitabile che influenzi anche i loro comportamenti e il loro aspetto fisico.

La spiegazione offerta dai ricercatori è che le voci delle donne stanno diventando più profonde in virtù delle nuove dinamiche sociali tra uomini e donne, comunemente note come “emancipazione femminile”. La trasformazione rifletterebbe il raggiungimento da parte delle donne di ruoli più importanti nella società: il tono più profondo sarebbe un modo per esprimere autorità e dominanza sul posto di lavoro.

L’ex primo ministro britannico Margaret Thatcher, per esempio, aveva assunto un insegnante per aiutarla a sembrare più autorevole abbassando volontariamente il tono della propria voce di ben 60 Hz.

Ciò che dovrebbe essere preso in considerazione è che non sono solo le voci delle donne a cambiare. Anche i volti, le mascelle e i corpi delle donne stanno cambiando. Il loro aspetto diventa sempre più maschile, mentre l’aspetto degli uomini sempre più femminile.

Le implicazioni psicologiche di donne con voce più profonda degli uomini (e viceversa, cioè uomini con una voce più acuta) sono notevoli. In uno studio per l’Università dell’Illinois (Dynamic vocal signals of dominance predict emergent social rank in humans), lo psicologo Joey Cheng ha sottoposto gruppi da quattro a sette partecipanti a un esperimento che comprendeva la scelta di oggetti di cui un astronauta avrebbe avuto  bisogno per sopravvivere a un allunaggio. Infine, ha chiesto a ciascun membro di descrivere (in privato) l’ordine gerarchico del gruppo e di classificare la predominanza di ciascun membro.

Registrando le discussioni dei partecipanti durante l’attività, il ricercatore ha scoperto che la maggior parte delle persone ha modificato rapidamente la propria intonazione nei primi istanti della conversazione, cambiamenti che hanno predetto la loro successiva classificazione all’interno del gruppo.

Sia per gli uomini che per le donne, gli individui che avevano abbassato il tono hanno poi dimostrato un rango sociale più elevato e una dominanza all’interno del gruppo, mentre le persone che avevano alzato il tono erano considerate più sottomesse: “Siamo riusciti a prevedere le gerarchie all’interno del gruppo sono da questi lievi mutamenti iniziali”, ha affermato il professor Cheng.

Si tratta di una tattica comune a molti altri primati, dai macachi rhesus ai nostri parenti più stretti, gli scimpanzé, che abbassano il tono della voce durante gli scontri, per “manifestare l’intenzione di esser pronti a combattere, proteggere le proprie risorse e affermare il proprio status”. Le stesse connotazioni erano evidenti anche per gli umani che avevano abbassato il tono di voce. “Sono stati valutati dagli altri come più prepotenti e più disposti a imporre la loro volontà sugli altri, e in funzione di ciò, sono stati in grado di essere più influenti e prendere decisioni per conto del gruppo“.

I risultati di Cheng sono certamente coerenti con l’ipotesi di Pemberton secondo cui una maggiore uguaglianza di genere spiega il cambiamento vocale a lungo termine nelle donne australiane, andamento registrato anche in Svezia, Stati Uniti e Canada. Consciamente o inconsciamente, le donne sembrano adeguare la propria voce alle opportunità per esse disponibili nella società odierna.

È interessante notare che l’influenza della dominanza percepita sul tono vocale può essere ascoltata anche quando si confrontano le voci tra persone di diverse nazioni: le donne nei Paesi Bassi parlano con voci più profonde rispetto alle donne giapponesi, ad esempio, e questo sembra essere collegato agli stereotipi di genere prevalenti – indipendenza contro sottomissione, per esempio – nelle diverse culture (una disuguaglianza che si riflette anche in molto divario retributivo di genere più ampio in Giappone).

Cheng sottolinea che queste mutevoli dinamiche vocali potrebbero non essere sempre un vantaggio per le donne, anche nei paesi in cui una voce più profonda è ora più comune: “Mentre le voci più basse, e altri comportamenti assertivi in ​​generale, denotano potere e autorità nelle donne come negli uomini, questi potrebbero anche sortire l’effetto di suscitare repulsione”: la ricerca infatti mostra che una voce più profonda in una donna è considerata meno attraente e meno piacevole, anche dal punto di vista sessuale.

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