The people of Germany are turning against their leadership as migration is rocking the already tenuous Berlin coalition. Crime in Germany is way up. Big mistake made all over Europe in allowing millions of people in who have so strongly and violently changed their culture!
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) 18 giugno 2018
Crime in Germany is up 10% plus (officials do not want to report these crimes) since migrants were accepted. Others countries are even worse. Be smart America!
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) 19 giugno 2018
Hanno fatto molto discutere i tweet di Trump riguardo l’aumento della violenza in Germania in seguito all’immigrazione incontrollata: tutti si sono precipitati a smentire il Presidente americano sventolando sia i dati ufficiali che mostrano un calo progressivo della criminalità dal 1992, sia i sondaggi sull’intramontabile popolarità della Merkel.
Dall’altra parte, i sostenitori di Donald hanno invece raccolto una miriade di articoli a dimostrazione che la “criminalità violenta” [Gewaltkriminalität], a fronte di un calo in generale, dal 2015 sia in aumento. Per esempio, la “Reuters” (che ora si “allinea” alle altre agenzie) il 3 gennaio di quest’anno (Violent crime rises in Germany and is attributed to refugees) scriveva che:
«Uno studio ha dimostrato che i crimini violenti sono aumentati di circa il 10 per cento nel 2015 e nel 2016, attribuendo più del 90% di essi ai giovani rifugiati maschi. […] Lo studio commissionato dal governo ha mostrato un impennata del crimine tra i migranti maschi di età compresa tra 14 e 30 anni».
Osserviamo che lo studio in questione, citato anche da “BBC” e “Newsweek“, è stato commissionato all’Università di Zurigo dal governo stesso, probabilmente per fargli trarre la conclusione che, essendo il tasso di criminalità più alto tra gli appartenenti a etnie che generalmente non ottengono lo status di rifugiato, basterebbe favorire o accelerare i ricongiungimenti familiari per ridurlo.
Dunque le fonti dietro ai tweet di Trump sono piuttosto “pacifiche”: l’unico errore è stato quello di riferirsi al crimine in generale e non alla categoria del “crimine violento” [Gewaltkriminalität], che pur non apparendo nel codice penale tedesco influenza l’entità della pena e, come abbiamo visto, ha anche rilevanza statistica.
Quelli che hanno tempo e voglia possono facilmente risalire alle statistiche degli anni passati attraverso una semplice ricerca con Google: purtroppo i media mainstream non lo fanno perché devono ovviamente dar addosso al cattivone di turno, ma è sui loro stessi portali che si possono trovare le conferme alle “sparate” di Trump…
Detto questo, c’è un altro punto sollevato indirettamente dal leader repubblicano sul quale vale la pena soffermarsi: mi riferisco al’allusione a una presunta “omertà” delle autorità (officials si può tradurre in mille modi) riguardo ai crimini degli immigrati. Anche se non si capisce bene a cosa Trump si riferisca (del resto il suo stile è quello), sull’onda dell’entusiasmo alcuni siti tedeschi di destra hanno insinuato che le statistiche siano falsate dalla mancata denuncia dei crimini.
Il fenomeno non deve sembrare così inusuale a un lettore italiano, poiché anche nel nostro Paese vige da tempo un andazzo simile (generalmente la denuncia viene fatta perlopiù se funzionale a un risarcimento assicurativo):
«Le denunce per scippi e borseggi sono fatte solo in circa la metà dei casi. Raramente si sporge denuncia per minacce (27,6% dei casi), aggressioni (19), tentate rapine (15,1), furti di oggetti esterni all’abitazione (12,8%). Fattori importanti che spingono a denunciare sono: l’ammontare delle perdite economiche (quando il valore dei beni rubati supera i 500 euro la rapina viene denunciata nel 90 per cento dei casi), le ferite (la percentuale di denunce in seguito all’aggressione raggiunge il 53,6) e il tipo di beni rubati» (fonte).
Tale discrepanza sta alla base della puntuale “esultanza” di politici e giornalisti, che confondono a bella posta il “calo dei reati” col “calo delle denunce”, archiviando l’insicurezza del cittadino a fattore psicologico (la “percezione”).
In Germania il problema negli ultimi anni è emerso in maniera più eclatante agli occhi dell’opinione pubblica, a seguito di una serie di provvedimenti di “depenalizzazione” informale dei crimini commessi dagli immigrati. Il primo esempio che si può portare è la fine della politica di “tolleranza zero” contro gli spacciatori del Görlitzer Park decisa dal Senato “rosso-verde” di Berlino: il “calo” è avvenuto in automatico dopo che alla polizia è stato impedito di fermare chi detiene fino a 15 grammi di sostanze illegali. Dalla proclamazione della Null-Toleranz-Zone alla sua repentina cancellazione erano già state emesse oltre cinquecento condanne: ora il numero è sceso a… zero, naturalmente (fonte). Non ditelo a quelli del “Corriere” o “Repubblica” perché sarebbero capaci di fare titoloni del tipo Scomparsa miracolosa degli spacciatori da Berlino.
Va peraltro ricordato che la “tolleranza zero” non era stata imposta per motivi elettorali, ma perché la situazione in uno dei parchi pubblici più visitati della capitale era precipitata (come dimostrano numerosi servizi: per chi capisce il tedesco suggerisco quello della “Welt“). Il “trucco” del senatore verde, che ha di fatto legalizzato lo spaccio, sta nell’aver malignato sull’utilità immediata del provvedimento: l’ovvia risposta dei sindacati di polizia è stata sottolineare come l’applicazione della “tolleranza zero” fosse durata troppo poco per trarne una valutazione obiettiva e completa degli effetti.
Un altro “contributo” alle statistiche che ha destato qualche malumore è la circolare interna dell’ottobre 2015 con cui la direzione della polizia di Kiel ha chiesto agli agenti di “chiudere un occhio” sui reati minori commessi dai migranti (taccheggio, spaccio, vandalismo):
«Questa prassi deve trovare applicazione quando il personale di polizia non è in grado di ottenere subito o in un lasso di tempo di 12 ore le generalità della persona fermata, cosa che accade spesso con i migranti che non hanno con loro i documenti. Nel caso invece di reati più gravi e di violenze fisiche, i dati personali devono essere rintracciati e registrati» (“Today“, 23 gennaio 2016).
Altro calo miracoloso dei furti nei supermercati, titolerebbe “l’Espresso”?
Al di là delle battute, un ulteriore elemento che aumenta l’esasperazione è l’impotenza nel perseguire i criminali: l’Ufficio della Polizia Criminale di Berlino (che, ricordiamolo, è una città-stato e fa Land a parte) l’anno scorso ha superato il record di indagini fatte cadere (ben 55.000). Manco a farlo apposta, l’articolista di “B.Z.” (dal quale abbiamo tratto la notizia) nota che diese Fälle tauchen nicht in der Kriminalstatistik auf! (dunque nemmeno i crimini denunciati e “caduti” finiscono nelle statistiche). Alla luce di ciò, la sortita di Trump ha portato a una sommessa protesta dei sindacati di polizia, che hanno ricordato come, oltre ai 55.000 casi di Berlino, ve ne siano decine di migliaia in altre città tedesche.
Concludendo con un dato politico (mentre i dati statistici li trovate qui, in rosso gli stupri e in verde le lesioni gravi, tutti aumentati in modo preoccupante), se fosse davvero solo un problema di “percezione”, la Merkel non potrebbe comunque dormire sonni tranquilli, perché ormai ogni fatto di cronaca in cui è coinvolto un immigrato le viene indirettamente addebitato. E stiamo parlando di storie atroci, come stupri di anziane e sevizie di adolescenti: soltanto i casi di questo mese comprendono lo strazio di una quattordicenne di origine ebraica da parte di un profugo iracheno e l’assassinio di una militante dell’SPD per opera di un camionista marocchino. Crimini che per l’opinione pubblica tedesca gridano vendetta al cospetto di Dio Trump.