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In Memoriam Piero Vassallo

Mi avvisa un amico della scomparsa del maestro Piero Vassallo (nato a Genova nel 1933 e morto ieri 29 giugno 2022). Il suo nome è legato a un periodo molto particolare della mia vita, quell’era in cui noi militanti dell’area della destra cattolica credevamo (senza eccessive illusioni) che con Ratzinger ci saremmo ripresi tutto.

Penso di aver letto quasi l’intera sua opera, dagli articoli giovanili fino ai trattati più maturi, e tuttavia ora la mia biblioteca di quegli anni è lontana, materialmente e, purtroppo, anche spiritualmente. Nel periodo 2009-2011 ci sentivamo quasi tutti i giorni e Piero mi aveva anche trovato diversi ingaggi: per giovanile e acerba sprezzatura rifiutai l’ingresso nella sezione ligure de “Il Giornale”, mentre accettai di buona lena le collaborazioni con riviste più specializzate di storia e filosofia.

La sua immensa generosità si manifestò anche nella dedica di un intero capitolo di un suo volume del 2011, Contravveleni e antidoti al pensiero debole, alla mia modestissima opera di blogger. Sono contento, per questo, di averlo citato a mia volta nel mio ultimo libro (nel capitolo su Gianni Baget Bozzo), anche se non vorrei trasformare questo encomio nella solita marchetta a me stesso.

Preferisco parlare del pensiero del Maestro (seppur è inevitabile intrecciarlo al mio percorso intellettuale, avendolo così tanto influenzato): non avendo sottomano alcunché di suo, mi piace andare a memoria e partire dalla sua formazione “siriana”, nelle scuderie della mitica rivista “Renovatio” animata dal “principe vescovo” di Genova e orientata (già “in tempi non sospetti”) alla polemica contro la mania neognostica che avrebbe infine contagiato la Chiesa stessa con il Concilio Vaticano II.

L’angoscia di Vassallo verteva soprattutto sulla netta separazione tra Carità e Legge, che contraddistingueva le inquietudini millenaristiche del dopoguerra a livello politico, sociale e ovviamente teologico: Piero, animato da una logica filosofica in cui aveva attecchito la Grazia (ché per un cattolico la via regale alla verità è in effetti solo questa), osservava come questa rottura avrebbe prodotto gli errori contrapposti del buonismo (il “dio della carità” senza legge) e del cattivismo (il “dio della legge” senza carità).

Questa dialettica era il fulcro del neognosticismo moderno, dove al demiurgo malvagio corrispondeva la militanza di una sinistra che a suo parere era tutta caratterizzata da delirio e nichilismo. L’analisi filosofico-teologica era molto più profonda e ispirata, oltre che all’immenso Siri, ad altri giganti come Cornelio Fabro: l’errore moderno per tale corrente era fondamentale l’essenzialismo, etichetta che nella identificazione di essenza ed esistenza ha sostanzializzato il nulla e portato a nastro di Möbius del progressismo imperante, il quale si è logicamente pervertito nel decadentismo/regressismo. E da questo punto di vista Vassallo ne aveva per tutti, da Heidegger a Kojève, da Quinzio a Zolla, da Jung a Basaglia, da Gómez Dávila a Cacciari.

Risolvere una bibliografia sterminata in poche righe è comunque impossibile: io poi, che sono l’ultimo dei guitti, posso solo limitarmi a discutere del più grande insegnamento lasciatomi dal Maestro (la nostra frequentazione peraltro è stato, forse a torto, solo culturale e mai personale, non avendolo mai incontrato di persona), che risiede tutto nella riscoperta del Vico come unico “antidoto” alla modernità.

Per questo mi piace, almeno per il momento (e sempre a memoria), evocare un godibilissimo volumetto, Giambattista Vico, che Vassallo pubblicò per la casa editrice di Giovanni Volpe nel 1978. Di fronte al pessimismo ormai penetrato nel profondo nella destra italiana, Piero invitava i camerati a non porre il problema della sovversione in termini drammatici (à la Guènon, per intenderci), dal momento che appunto anche il “cattivismo” di una certa destra non era che una forma di immanentismo, la convinzione che se la destra avesse perso il mondo (un mondo impazzito), allora non ci sarebbe stata alcuna salvezza.

Interessantissimo il percorso di restaurazione vichiana di una società devastata dal sessantottismo (ormai fattosi mos maiorum già dopo un decennio) proposto dal Vassallo, che cercava di indottrinare i “bestioni” dell’epoca sulle possibilità offerte da una interpretazione provvidenziale della storia, istituendo un parallelo tra il caos della modernità e quello delle tenebre arcaiche, laddove lo spiraglio di luce sul disordine collettivo fu offerto dalla benevolenza divina in maniera imprevedibile e inaspettata. Una lettura tipicamente spes contra spem che contraddistingue l’approccio di un vero cattolico alla politica.

Sit tibi terra levis.

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