Si fa fatica a commentare le elezioni francesi senza riproporre le argomentazioni del 2022, o del 2017. Personalmente non mi va di ripetere quanto già scritto circa due (o sette!) anni fa, perciò cercherò di essere estremamente sintetico.
Prima di tutto, a meno che non si sia militanti di questo o quel partito, è sempre sbagliato per un analista scambiare la realtà con la propria pensée désidérative (per i francesi, tradizionalmente molto confusi sulle questioni sessuali, il pensiero è infatti femmina): Marine Le Pen vincerà sempre alle prossime elezioni, come Achille raggiungerà la tartaruga nel famoso paradosso. Dunque, jamais.
Inutile parlare di congiura contro il Rassemblement National, perché la proposta politica di qualsiasi Fronte Repubblicano (o Popolare) risponde alla vacuità e ai paradossi del lepenismo: vogliono uscire dall’Europa o avere un’Europa dei popoli? Ce l’hanno con tutti gli immigrati o solo con quelli di fede islamica? Vogliono la difesa delle frontiere solo in senso politico o anche economico? Risposte mai pervenute, anche dal giovane candidato Jordan Bardella (l’unica novità rispetto alla scorsa tornata elettorale), una star di TikTok che stranamente nei momenti più intensi della campagna ha sfoggiato il più moderato dei registri.
Da tale prospettiva, concedetemi la polemicuccia contro l’opinionismo nostrano a tutto tondo (non per altro, ma sono irritato dal fatto di non poter leggere un articolo decente sul tema): da una parte c’è l’establishment mediatico, il quale da destra ripete per l’ennesima volta le fanfaronate apocalittiche di un Michel Hoellebecq (che essendo un romanziere giustamente dice tutto e il contrario di tutto), mentre da sinistra continua a oscurare una figura come Jean-Luc Mélenchon, che è il vero vincitore di queste elezioni sotto ogni punto di vista.
Per quanto riguarda invece l’informazione “alternativa“, noto un’americanizzazione sempre più pericolosa: già vedo troppi commentatori adottare la retorica trumpiana delle “elezioni rubate”, come se in Francia il risultato delle europee avrebbe mai potuto combaciare perfettamente con quello delle presidenziali, roba da far ridere i polli, perché parliamo di pianeti completamente differenti. Non ha senso però continuare a divagare su questo punto, perciò torniamo a discutere dell’attualità francese, cioè del nulla.
A mio parere, un Mélenchon avrebbe molto più diritto di affermare rispetto a una Le Pen che alla prossima vinciamo noi (posto che il suo novello Fronte Popolare non riesca a governare già da ora). Del resto la sua proposta politica surclassa quella dei “sovranisti” da diverse prospettive: sulla questione più impellente, che è quella della guerra, a una Le Pen “filo-russa” l’ultrasinistra che vince risponde: “Sì ma voi state con Putin solo per -blandi- motivi ideologici, però quando Washington fa un fischio obbedite subito, mentre noi odiamo la Nato sempre e comunque”.
Sull’immigrazione, Marine sembra ridurre il problema, come si è visto, solo agli islamici, mentre i rappresentanti dell'”estrema destra” promettono che il flusso di manodopera straniera non verrà interrotto ma solo regolato, offrendo il destro (scusate il gioco di parole) ai mélenchonistes per irridere a questo razzismo a fasi alterne apertamente subalterno alla grande industria. Sulla globalizzazione poi, la sinistra francese non ha obiettivamente mai ceduto a certi miti imbracciati invece persino dalle destre europee “dure e pure” nei baccanali del post-89, dunque anche qui riesce sulla lunga distanza a risultare più credibile.
Certo, sono sempre promesse elettorali, ma è con quelle che si arriva al governo di una nazione. E poi c’è il convitato di pietra della composizione sociale (per così dire) francese a rendere sempre meno probabile una vittoria di un “Fronte Nazionale” nonostante l’aumento effettivo dei consensi: i lepenisti continuano a campare dello scontento e della disillusione della classe media e dei “bianchi” della periferia, ma ci sono troppe “ipoteche” da superare per riuscire ad arrivare al potere senza rinunciare sostanzialmente ai principi che ispirano la loro azione politica. Non so se si capisce, ma in fondo il problema è questo, e la risposta non può essere una qualche ideologia arrabattata post-repubblicana tra securitarismo e costituzionalismo.