Sul numero di “Sette” del primo di questo mese è comparso il solito servizio sulla Polonia (Per la Polonia girare a destra) praticamente identico a quello dell’anno scorso: l’unica differenza è che stavolta l’hanno fatto firmare a una donna, Micol Sarfatti (complimenti per il nome – e anche per il cognome), che almeno non ha perso tempo a sdilinquirsi sul biondo assoluto delle polacche. Certo, pure lei si fa tentare dagli “occhi azzurrissimi” di un portavoce di Kaczyński, ma alla fine riesce comunque riuscita a mettere assieme il suo atto di accusa contro il clerico-fascismo.
Difficile aspettarsi altro: qualsiasi cosa i giornali italiani scrivano sulla Polonia, al 99% deve essere negativa. I “medio-progressisti” di fantozziana memoria (Corriere in primis) attaccano Varsavia con ogni pretesto (in ordine sparso: anti-europeismo, hooligan, immigrazione, olocausto…), mentre quelli di destra si indignano perché i polacchi talvolta fanno piangere Sua Maestà San Vladimiro da Pietroburgo. Perciò stupisce lo stupore della giornalista dinnanzi a situazioni del genere:
«I movimenti di estrema destra si sono fatti vedere soprattutto durante le marce per l’anniversario dell’Indipendenza, lo scorso 11 novembre. Chiedevano a gran voce il ritorno della “Polonia bianca e cattolica”. Con l’aiuto di un mediatore polacco provo a contattare uno dei gruppi promotori della manifestazione: Marsz Niepodległości. Sul sito e sulle pagine social si inneggia alla difesa dell’identità polacca e si comunicano orari delle Sante Messe. Per finanziarsi vendono gadget dedicati alla “grande Polonia”. Tazze con l’aquila simbolo del Paese e stemmi delle forze armate nazionali. Sono diffidenti. Alla persona che li ha contattati per mio conto dicono che io lavoro per il Corriere della Sera, “un giornale schierato”. Poi ammettono: “Nessuno di noi sa l’inglese”. Potremmo incontrarci solo con un interprete di loro fiducia, ma al momento non ne hanno uno. Come siano giunti alla conclusione che lavoro per un “giornale schierato”, parlando solo polacco, resterà un mistero»
Non serve immaginare chissà quale complotto internazionale contro il “Corriere”: il fatto è che il quotidiano milanese da anni infanga la Polonia in modo così plateale da dover costringere di continuo l’ambasciata a intervenire (gli ultimi due casi qui e qui).
L’idea che tutto ciò non abbia alcuna ripercussione nel dibattito interno è a dir poco risibile; se i polacchi sono regolarmente rappresentati come antisemiti e fascisti dal più importante giornale italiano, prima o poi laggiù qualche testata (anche non “nazionalistica”) il problema se lo pone.
L’Europa è piccola, la gente mormora… in definitiva, ognuno ha quel che si merita. Eppure basterebbe poco, per esempio usare nei confronti della Polonia la stessa benevolenza che si usa verso non dico Israele, ma almeno l’Arabia Saudita. Tuttavia è probabile che le forze schierate contro Varsavia siano così potenti da schiacciare qualsiasi appello all’onestà intellettuale: va bene così, ma almeno evitiamo di piagnucolare.