Intervista sul bullismo alla psicologa Luisa Giordani

Come è noto il nostro blog affronta da tempo l’annosa questione del “bullismo”, avendone individuato la causa, a fronte di innumerevoli studi, nell’ipergamia femminile, cioè nella tendenza delle donne a darla ai bulli sin dalla più giovane età (Ramsland, 2012; Seltzer, 2012; Mehta, 2013; Birnbaum et al., 2014; Haslam & Montorose, 2015; Koh & Wong, 2015; Peterson & Palmer, 2017; Provenzano et al., 2017;  Gul & Kupfer, 2018; Totalitarismo, 2019; Totalitarismo, 2019).

Ora finalmente anche il servizio pubblico viene incontro alle nostre istanze con una straordinaria intervista alla psicologa Luisa Giordani realizzata dal giovane presentatore Valerio Lundini alla fine di settembre 2020.

Secondo la dottoressa Giordani, il fenomeno del bullismo è diffuso per tutta la Penisola, sia tra le “periferie” che nelle “zone residenziali”. I segnali coi quali i genitori possono comprendere se il proprio figlio ne sia vittima possono essere un “occhio nero” o una “buccia di banana” addosso (nel caso egli sia stato infilato nei bidoni dell’immondizia della scuola e poi fatto rotolare per una collina).

La psicologa traccia un profilo psicosociale del bullo: egli è “corpulento”, indossa spesso “giubbotti di pelle e felpe con le scritte della propria squadra di football”, è “pettinato coi capelli all’indietro” e a volte ha in tasca un coltellino che però è soltanto un “pettine a scatto” usato per spaventare il prossimo. I nomi più comuni usati dal bullo sono Ryan, Trevor o Josh. Purtroppo questi ragazzi sono spesso i più “popolari” del college: come afferma la dottoressa con un esempio efficace, “non sono quelli che prendono lo scuolabus perché usano il pick-up del padre”.

Le angherie più comuni del bullo nei confronti del malcapitato di turno sono rinchiuderlo negli armadietti dei corridoi, infilargli la testa nel water, rompergli gli occhiali o sottoporlo al terribile rituale della “smutandata”. Un altro tipo di violenza più sottile, “gestuale” la definisce la psicologa (“spesso anche molto più forte di quella fisica”) è il porre la mano destra con il pollice e l’indice alzati sulla fronte a modo di raffigurare una “L” (che sta per loser, “perdente”).

Una soluzione proposta dalla professionista per arginare il fenomeno è quella di chiedere aiuto a un vecchio maestro di karate giapponese, i cui insegnamenti rappresenterebbero un “supporto determinante”.

In coda all’intervista, un’opinione sul cyberbullismo, cioè il bullismo dei cyborg programmati per fare i prepotenti coi più deboli: altro fenomeno che la società dovrà cominciare a prendere sul serio poiché, come sostiene la Giordani, esso inizierà a dilagare già a partire dal 2005.

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