Siamo tutti affamati di gossip e drama: c’è il lettore che si indigna perché mi sono permesso di affermare che “conosco Marcello Veneziani” ma poi non ho snocciolato gli eventuali dettagli scabrosi di questa frequentazione, senza che gli sovvenga di quanto poco il mio inciso avesse a che fare con il reale tema di quel pezzo (la violenza delle donne sugli uomini beta).
Conosco Veneziani come tutti di quell’area che si chiama “destra intellettuale” o roba del genere, quindi se è già da plebei millantare chissà quali entrature, figuriamoci farlo nei confronti di uno dei milieu più sfigati (da varie prospettive, non solo intellettuale o sociale) che esistano attualmente, cioè dalla fine della Seconda guerra mondiale, nel Bel Paese e in Europa, nonché nell’intera Via Lattea.
Del resto, l’idea che avere le “conoscenze giuste” sia di qualche aiuto è un mito che ci siamo costruiti noi italioti alle prese col famigerato auto-odio: visto che siamo costretti a pensarci come un Paese di clientes e camarille, la “spintarella” dovrebbe diventare l’unico mezzo per riuscire a guadagnare un posticino al Ministero come a Mediaset. A mio parere invece questo è un modello che non spiega come funzioni davvero il potere, che più che per parentele o amicizia si struttura per tribù o, per dirla alla moderna, tramite network.
La meritocrazia, per fare un esempio, funziona esattamente tramite raccomandazioni tra gli stessi membri della cosca meritocratica: tuttavia, ciò non implica che lo zio affiliato alla setta sia automaticamente in grado di far assumere il nipote centrosocialaro se costui non aderisce in modo pressoché perfetto ai dettami del gruppo di riferimento (e tale discorso esclude il livello di igiene intima del soggetto). Questa regola vale ancor di più se abbiamo a che fare con conventicole che respingono l’appartenenza etnica per rifarsi a “ideali” di stampo paramassonico, adottando di conseguenza come unico foraggio allo “spirito di gruppo” l’attaccamento dogmatico ai propri principi e valori (la meritocrazia, l’omosessualità, la democrazia, il liberalismo, l’egualitarismo, la “libertà” con tante b, insomma in una parola: l’omosessualità).
Per fare un esempio: a ridosso dei vent’anni anni, mia madre cercò di farmi andare a una trasmissione di FF (ecco, certe persone non vanno proprio nominate, comunque era su RaiTre dunque potete benissimo capire a chi appartengono le perturbanti iniziali) perché aveva degli amici in comune con lui (lasciamo perdere le boomerate assortite, spero solo che mamma non l’abbia data a nessun hippie balordo, per riprendere una parte della tassonomia di American History X senza farmi censurare). La motivazione è che avevo pubblicato, cioè “autopubblicato” (con i risparmi delle mance della cresima) un libretto del quale lei non sapeva nulla ma che consisteva sostanzialmente in poesie di ispirazione Völkisch longobardista (siete di certo scusati per qualsiasi gesto scaramantico).
L’unica promozione a cui avevo pensato era spedirlo a un gruppo neonazista che un attimo dopo sarebbe stato sciolto dalla Digos con tanto di servizio del Tg Regionale di Rai3 (tutto torna). Ci tengo a precisare che erano tempi in cui (2004) quello che è attualmente il più noto longobardista del web neanche era nato (in senso metaforico), e come unico riferimento ideologico (almeno in Lombardia) c’era solo una galassia di band zekkose che faceva del longobardismo un contraltare del leghismo.
Ad ogni modo, quando FF telefonò a mia madre per dirle “Signora, mi mandi pure il libro di suo figlio, lo leggerò volentieri”, io diedi di matto come una dodicenne in piena crisi ipergamica e le dissi papale papale la verità: “Sono un ribelle, mamma”. A quel punto feci a pezzi tutte le copie del libretto e decisi che la mia unica ideologia sarebbe stato il trollaggio spinto proprio perché per la testa di cazzo che possedevo non ce l’avrei fatta in alcun modo nemmeno diventando lo schiavo sessuale di FF e sollazzandolo con la perfetta padronanza del suo sofisticato sistema di specchi.
Veniamo perciò al punto: posto che, come ho detto, non esistono i “raccomandati” ma solo, eventualmente, gli “integrati” (mi dispiace chiamare in causa un altro innominabile, ad ogni modo non uso la definizione nel suo senso), esiste del resto chi riesce a farsi strada con le “proprie capacità”, cioè in sostanza grazie ad alcune caratteristiche fisiche e comportamentali (cioè caratteristiche fisiche che si riflettono nel portamento).
Il meritocratico, sempre per citare, è perfettamente in grado di valutare il “merito” di una bella figa, anche in quanto pederasta (e un meritocratico, come abbiamo appena osservato, è naturaliter un pederasta). Qualcuno ricorderà certe bellissime pagine de Lo snobismo liberale di Elena Croce, dove si parla dell’èlite novecentesca, quei circoletti culturali pseudo-iniziatici che non hanno mai mollato un’oncia di potere, come di una setta di devoti allo “spietato culto della bellezza”.
Far gestire le logge degli intellettuali a delle cozze obese (per dire) sarebbe stata una solta di abdicazione della élite al proprio dovere, che rimaneva in primis quello di mostrare ai convitati la “grande bellezza” (sic). Per il resto, le regine del gotha della cultura e dell’arte nazionale potevano benissimo essere “quasi cretine, di un’ignoranza abissale”, ma proprio in virtù della loro avvenenza avrebbero imparato immediatamente a “stroncare con una parola, un gesto soave […] qualsiasi affermazione di valore e di fede”. E a tale ruolo dovevano attenersi per tutta la vita, anche con la massima serietà, pena la caduta in disgrazia. Per certi versi, questa è la cifra dell’atteggiamento “istituzionale” che tutti noi (persino chi non è una bella figa) assumiamo una volta lambiti dal successo.
Veniamo però al punto (sarà la ventesima volta che lo ripeto): io la conoscevo bene. Sapete di chi sto parlando, ma qui davvero non metto nemmeno le iniziali perché l’isterismo è alto come la minaccia di querele. Mi esprimo meglio: l’ho conosciuta durante un happening che in questi frangenti non vale la pena menzionare, dove tutti ne parlavano come di qualcosa di straordinario da seguire sui social. Non ricordo quasi nulla della nostra brevissima conversazione anche perché ero come al solito completamente ubriaco, ma posso almeno risalire a un paio di passaggi, per esempio quando lei si lamentava del fatto di non poter votare perché minorenne e io le risposi che a mio parere le donne non dovrebbero comunque votare (perché o si limitano a duplicare il voto del proprio marito-padrone, oppure votano contro le opinioni dello stesso minando le basi della relazione, oppure ancora perché sono donne sole e rappresentano automaticamente un pericolo per la società ecc…), e poi quando si mise a citare “Il Foglio” io espressi indicibili tropi antisemiti che la lasciarono interdetta e probabilmente la convinsero a dileguarsi in tutta fretta.
Ricordo ancora che per qualche tempo la seguii sui social (ovviamente con un account farlocco): aveva un volto enigmatico, certo dai forti tratti romaneschi ma con un non-so-che di levantino (che mi pare rappresenti un tocco necessario per frequentare certi ambienti dell’area). Trollava spesso con riferimenti verboten che penso tuttavia non emergeranno in questi giorni perché, alla fine, una volta integrati lo si è per sempre (oltre al fatto che avrà probabilmente cancellato ogni cosa): ad ogni modo, quando mi riscrissi dopo l’inevitabile blocco su Facebook non la riaggiunsi tra i contatti, anche perché nel frattempo aveva intrapreso la carriera nel mainstream che l’avrebbe portata molto lontano, forse troppo, considerando i recenti sviluppi.
Sono dubbioso su cosa dire a riguardo l’ennesimo affaire, ormai divenuto di routine per quelle d-parola italiano che perseguono il “mi piace viaggiare” con altri mezzi: in passato non ho avuto alcuna remora a (s)parlare di Silvia “Aisha” Romano o Alessia Piperno, ma in tal caso non vorrei scadere, per l’appunto nel gossip, oppure –anatema– in una sorta di simpaggio al contrario.
Leggo che qualcuno ha definito la malcapitata con l’aggettivo “innocua”, inteso in senso positivo: essere integrati comporta in effetti la convinzione che la normalizzazione e la neutralizzazione valgano di se stesse come lasciapassare universale: tanti camerati sono caduti nella trappola, ma certo è clamoroso che ci finisca anche chi si era almeno guadagnata una allure parapiddina.
O probabilmente l’avranno scelta proprio per questo, perché la personificazione dei “valori occidentali” odierni è la donna che viaggia, preferibilmente giovane, di bell’aspetto e col pedigree progressista. Quante volte è stata scritta la commedia? L’imbarazzo in conclusione è tutto nostro, intendo di “maschi occidentali” che non riescono mai a tenerle in cucina, nemmeno quando si avvicinano alla soglia di essa, cioè della loro salvezza.
ti sbagli ero innamorata di te tu non mi hai degnato di attenzioni ho dovuto sgrassarti via dal mio cuore morto non capisci ero troppo triste mi sentivo brutta ascoltavo la canzone di canino in loop infine ho conosciuto ff che mi ha fatto uscire da questa tragedia ora sono una splendida segretaria
ma che c’entra lei con Fabia Fozio?
Il Sale dalla Figa
ogni volta che si dedica all’autobiotanatografia il Mister sale in cattedra e la qualità S’IMPENNA
Dal punto di vista puramente cinico.
L’unico settore dove esiste la meritocrazia e quello del meretricio.
Settore che i socialisti e comunisti hanno sempre voluto abolire e vietare perché non riescono a “raccomandarci” dentro nessuno.
Non commento quasi mai, ma il racconto ha un non so che di poetico, è la storia dell’incrociarsi di due destini opposti in tutto. Lei: di bell’aspetto, ben impostata, sicuramente intelligente, sta venendo fuori dalla giungla dell’adolescenza lasciando morire i suoi elementi più ribelli, diretta verso le glorie del mainstream. Lui invece, non bello e irrequieto, ha già di fatto imboccato l’altra strada, quella che lo porterà a vivere ai margini della società (se non del tutto fuori, come ebbe a dire un certo vile affarista) in quella dannazione mondana da cui non sembra esserci redenzione. Chissà cosa sarebbe successo se le sue ossa facciali fossero state solo qualche millimetro un po’ più in là, quella sera come nel resto della vita… L’augurio che posso fargli, contro il mio interesse di lettore accanito, è che il 2025 gli porti in dote quella pace che deriva dalla piena e serena accettazione della sorte che gli è toccata. Buon anno Tota!
ma quali elementi ribelli che è figlia del banchierazzo di turno
ma davvero Licia Salace pensava di farsi il natale a Teheran? come se il fenotipo iranid armenoid (levantino?) la rendesse invisibile ai Guardiani della Rivoluzione? ma davvero pensava di fare le intervistine e correre in albergo incontinente a spippolare il suo twittino/instagramino contro il patriarcato teocratico?
E noi qui -come giustamente scrivi- col maschio imbarazzo per tanta mitomania, per quell’urgenza di selfarsi, velata reporter e grave per un servizietto su la7, per l’idiozia e la smania civettuola che alla fine la s-vela per quello che è, irrimediabilmente Donna!
Bell’articolo, pazienza se comincia con un “blastaggio” ai miei danni derivato da un equivoco. Alla fine questo resta l’unico blog degno di essere letto
Grazie amico mio, se non polemizzo con te con chi potrei farlo?
Nella ignoranza e provincialismo in cui non mi vergogno di sguazzare non ho idea di chi siamo i personaggi a cui il Nostro fa riferimento e puntualmente non ci capisco niente delle sue frecciate. Rimane comunque un piacere leggere e scommetto anche che i suoi pezzi più “gossippari” sono quelli più letti (smentiscimi se sbaglio).
P.S. Buon anno nuovo Mr Thot.
delle belle fighe de Il Foglio, preferiamo Ginevra Leganza, stesso non-so-che-levantino
Haha spettacolare articolo, adesso lo pubblico
Sarebbe stato interessante vederti da FF con il tuo librello longobardista. Penso che colpo gli sarebbe venuto…
Ed è stata un’evoluzione positiva non essere finito a fare la macchietta come il “più noto longobardista del web”…