Due turiste scandinave, Louisa Jesperen (danese, 24 anni) e Maren Ueland (norvegese, 28) partite zaino in spalla per un viaggio nell’Alto Atlante marocchino, sono state stuprate e decapitate da quattro autoctoni “affiliati all’Isis” (indipendentemente da quel che significhi ormai questa formula, la matrice del caso viene ritenuta dagli stessi inquirenti come terroristica).
Gli assassini hanno girato un video di rivendicazione in cui una delle vittime viene brutalmente sgozzata mentre è ancora cosciente. Nel filmato si sente urlare in arabo “Questa è una vendetta per i nostri fratelli di Haji” e “Questo è per la Siria, ecco le teste dei nemici di Allah”, mentre il capo della povera ragazza viene scagliato a terra con disprezzo.
Potremmo dire tante cose su questa vicenda, anche ai limiti dello sciacallaggio: c’è chi per esempio ha ritrovato sul profilo Facebook della ragazza norvegese uno di quei tipici video dalla morale fiabesca (“non giudicare dalle apparenze”), nel quale viene imprevedibilmente arrestato un “colletto bianco” invece che un arabo con barba lunga e borsone.
Qualche commentatore in vena di cinismo ha avuto gioco facile nel postare senza commento i volti degli aggressori (se il tweet non appare di seguito è perché quasi sicuramente è stato censurato – lo trovato comunque archiviato qui):
"Never judge people by their appearance". The young blonde Scandinavian girl wrote on her Facebook before travelling to Morroco, where she was decapitated. This is what the three men who did it looked like pic.twitter.com/wLUI8XBlni
— 0biJon (@0biJon) December 20, 2018
La storia ricorda in effetti casi troppo simili per non essere citati: per esempio quello dei due ciclisti americani che, intenzionati a girare il mondo in bicicletta per dimostrare che “il male è un concetto che ci siamo inventati per far fronte alla complessità dei valori e delle opinioni dei nostri fratelli umani” (citazione letterale dal loro profilo comune di Instagram), sono stati anch’essi uccisi in Tagikistan da autoctoni, sempre dichiaratamente “affiliati all’Isis”.
L’ingenuità di questa coppia farebbe impallidire il Candide di Voltaire, soprattutto alla luce di alcuni aspetti della vicenda nascosti dai media, come le continue lamentele sul loro blog riguardo ai comportamenti dei “fratelli umani” nei Paesi islamici (Marocco in primis), tra i quali aggressioni, insulti e minacce:
Sarebbe facile irridere i ridicoli propositi da anima bella dei due malcapitati d’oltreoceano, anche perché la stampa ha deciso ugualmente di celebrare lo “spirito” della loro “missione” (“il male non esiste, è una costruzione culturale”) nonostante sia stato tragicamente smentito dagli eventi stessi.
Tuttavia ciò ci porterebbe a riservare un’eguale dose di “cattivismo” al caso delle turiste scandinave, cosa che invece non vogliamo non solo per semplice dignità, ma segnatamente perché ci sta già pensando la grande stampa, introducendo in modo sottile l’idea che il “viaggiare da sole” non sia più tanto un diritto, se di mezzo c’è l’islam.
Pensiamo, per fare un esempio, all’odierno editoriale comparso sul blog femminista del “Corriere”, Le viaggiatrici solitarie e la sicurezza. Voglia di libertà ma a quale costo? (“La 27 Ora”, 21 dicembre 2018), nel quale l’autrice stigmatizza la “colpevolizzazione della vittima” quando è donna, ma al contempo non riesce a trovare una parola sul senso di questo tragedia, preferendo recuperare l’hashtag #viajosola (“viaggio sola”) utilizzato in occasione l’assassinio di due turiste argentine ma accuratamente ignorato per la mattanza delle scandinave.
Certo è strano che mentre nessun giornalista si sognerebbe di “colpevolizzare la vittima” in un caso di stupro-omicidio in qualsiasi parte del mondo, è solo quando entra in scena un Paese islamico che fa capolino con esso la suggestione di una “cultura da rispettare”, di una sensibilità etnico-religiosa che può sentirsi provocata dal fatto che una donna viaggi da sola.
Non è un forse caso che anche i due ciclisti americani avessero una concezione del “mondo” ridotta al Medio Oriente e all’Asia musulmana: difficile non leggervi una qualche inconscia “islamofilia“, la stessa che poi porta la mentalità politicamente corretta a irrigidirsi quando il carnefice fa parte di una “minoranza oppressa”. Certo è prevedibile che per quest’ultima carneficina nessuna delle “femministe d’ordinanza” avrà il coraggio di proclamare Io Viaggio da Sola: troppo offensivo, provocatorio, occidentale e, perché no, imperialista e razzista. Per il momento è una macabra battuta, ma temo che presto saremmo costretti ad assistere anche a tali siparietti.