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Israele ha creato Hamas

Nel volume The Other Side of Deception (non tradotto in italiano) l’ex agente del Mossad Victor Ostrovsky approfondisce in tempi non sospetti (1994) la strategia del divide et impera adottata dai servizi segreti israeliani nei confronti della Palestina: favorire la nascita di un’organizzazione fondamentalista da additare al mondo intero come prova che “con gli arabi non si può trattare” e dunque distruggere il palestinismo tramite una guerra civile tra fazioni laiche e islamiste. Si può dire quel che si vuole sulla credibilità di una fonte come Ostrovsky, ma è un dato di fatto che le sue previsioni nei decenni successivi si siano per la maggior parte avverate.

L’Autore infatti delinea un quadro di destabilizzazione totale del Medio Oriente da parte di Israele, un “piano generale” del Mossad  che avrebbe portato a uno stallo nel dialogo tra il mondo arabo e l’Occidente (Israele dunque “unica democrazia” ecc…) e, nel caso della Palestina, a un isolamento radicale, non solo politico, di Gaza con la Cisgiordania. Gli elementi che egli aggiunge (il supporto indiretto, logistico e militare, alla Fratellanza Musulmana, la sobillazione degli studenti per scatenare le rivolte e il punto di riferimento dell’Egitto per qualsiasi manovra) lasciano intuire quale sia stata la longa manus a scatenare le “Primavere Arabe”.

Concentriamoci però su Hamas. Negli anni ’80 del secolo scorso la coltivazione in vitro di fondamentalisti islamici sembrava aver funzionato alla grande con gli Stati Uniti (in Afghanistan, nelle allora Repubbliche Sovietiche a maggioranza musulmana, come in Pakistan o nei Balcani): la creazione della jihad contro l’Urss rappresenta ancora una delle operazioni segrete più ambiziose (e forse più costose) della CIA.

Il Mossad decise di replicare le movenze dei “colleghi” americani finanziando direttamente le attività dei Fratelli Musulmani nella Striscia di Gaza: l’allora governatore militare israeliano di quel territorio, il generale di brigata Yitzhak Segev, rivelò nel 1981 di aver ricevuto fondi per finanziare gli islamisti palestinesi allo scopo di contrastare il crescente potere delle organizzazioni laiche.

D’altro canto, ci sono testimonianze meno nebulose a sostegno di tale scenario, come per esempio quella di Avner Cohen, ex funzionario degli affari religiosi che ha lavorato a Gaza per più di vent’anni, il quale il 24 gennaio 2009 dichiarò al Wall Street Journal senza mezzi termini che “Hamas è una creazione di Israele”.

Già a metà degli anni ’80, Cohen aveva ufficialmente ammonito i suoi superiori a non scherzare col fuoco nei Territori Occupati: “Suggerisco di trovare un modo per disfare questo mostro prima di sbatterci il muso”. Il funzionario in particolare era rimasto colpito dalla facilità con cui nel 1984 soldati israeliani avevano rilasciato lo sceicco Ahmed Yassin, il padrino di Hamas, arrestato proprio tramite una soffiata di alcuni sostenitori dal Fatah, accettando la sua versione dei fatti che i depositi di armi nelle moschee non servissero ad attaccare Israele ma i rivali “laici” palestinesi.

Quarant’anni dopo, ci si può rendere conto di come un nemico quale Hamas abbia obiettivamente consentito a Israele di maciullare Gaza senza troppe remore. Da tale prospettiva scaturisce anche più di un dubbio su come il servizio d’intelligente più preparato al mondo (loro almeno si definiscono così), non sia stato in grado nemmeno di intuire i preparativi di Hamas per l’attacco del 7 ottobre. Dopo il divide et impera, il casus belli…?

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