Israel destroys Irish aid to Palestinian village community
(Naomi O’Leary, The Irish Times, 19 febbraio 2021)
Le scritte che recitano “Sostegno umanitario ai palestinesi a rischio di trasferimento forzato in Cisgiordania” spiccano tra le macerie di un villaggio devastato che ospita oltre 60 persone, metà delle quali bambini. I marchi “Irish Aid – Government of Ireland” sono chiaramente visibili tra i detriti dei pannelli solari distrutti, gli effetti personali dei bambini confiscati e le tende abbattute, su tutti gli oggetti donati alle famiglie palestinesi da un gruppo di Stati dell’Unione Europea che include l’Irlanda tra i principali contributori.
Lo scorso inverno, mentre la pandemia infuriava, il villaggio di Khirbet Humsah è stato ripetutamente raso al suolo dall’esercito israeliano in una lotta per il territorio in una parte remota della Cisgiordania palestinese sotto occupazione sionista dal 1967.
Secondo la Commissione Europea, negli ultimi tre mesi quasi 70 strutture fornite alla comunità come aiuti umanitari sono state distrutte o sequestrate. E questa settimana, nonostante le dichiarazioni di condanna dell’UE e dell’Irlanda, Israele ha distrutto i rifugi finanziati dall’UE “in diretta”, davanti a gli occhi di alcuni diplomatici europei in visita.
Il governo israeliano ha designato il villaggio come area per esercitazioni militari e dunque smantella periodicamente le tende per gli allevatori e i rifugi per il bestiame donati dall’UE, affermando che l’insediamento è illegale e i palestinesi devono andarsene per la loro sicurezza. I funzionari europei e i gruppi umanitari credono invece che le demolizioni siano un palese tentativo di accaparramento di terre che viola il diritto internazionale in un’area in cui gli insediamenti israeliani si stanno espandendo, offuscando qualsiasi prospettiva di uno Stato palestinese.
L’inizio della distruzione di Khirbet Humsah è avvenuta il 3 novembre 2020, lo stesso giorno in cui gli elettori degli Stati Uniti si sono recati alle urne. Il Cogat (“Coordinamento delle attività governative nei territori”), l’ente militare israeliano che si occupa delle questioni civili nei territori palestinesi, si è attivato per demolire i rifugi per il bestiame, i pannelli solari, i bagni chimici e le tende che ospitavano circa una dozzina di famiglie di allevatori. Per le Nazioni Unite è la più grande demolizione in un decennio, che si aggiunge alla distruzione di circa 689 strutture da parte di Israele in Cisgiordania e Gerusalemme est nel 2020, le quali, sempre secondo l’ONU, hanno lasciato 869 palestinesi senza una casa.
I residenti di Khirbet Humsah hanno però ricostruito il villaggio, piantando tende e rifugi per animali finanziati dell’UE per proteggere se stessi e il bestiame dalle dure condizioni invernali. Ciò nonostante il 3 febbraio 2021 i bulldozer delle truppe israeliane sono tornati per far scempio dei rifugi in acciaio e legno.
Martedì 16 febbraio le truppe israeliane hanno poi proseguito la distruzione mentre un gruppo di diplomatici in rappresentanza dei Paesi che avevano donato aiuti stavano visitando la comunità: sotto i loro occhi l’esercito israeliano ha smantellato i rifugi finanziati dall’Irlanda e da altri paesi dell’UE.
“C’erano diplomatici dalla Polonia, dal Regno Unito e dalla Francia“, ha detto Chris Holt, rappresentante dell’organizzazione West Bank Protection Consortium che ha assistito alla scena. “I diplomatici stavano parlando ai membri della comunità e l’esercito israeliano è venuto e ha sequestrato le strutture”. Hanno smantellato cinque rifugi per animali finanziati da Gran Bretagna, Irlanda e altri nove Stati membri dell’UE.
Il tutto è accaduto una settimana dopo le dichiarazioni di condanna dell’UE per la demolizione del villaggio, nelle quali tali iniziative sono definite “illegali secondo il diritto internazionale e un ostacolo alla creazione di due Stati”. Anche il ministro degli Esteri irlandese Simon Coveney ha condannato le demolizioni come “atti vergognosi contro un popolo indifeso”.
Per le ONG l’accaduto dimostra l’assoluta necessità di proteggere i residenti dei territori palestinesi. “Auspichiamo che l’Irlanda e gli altri donatori adottino misure concrete per ritenere Israele responsabile della distruzione degli aiuti umanitari”, ha aggiunto Chris Holt.
Le tende allestite per ospitare le famiglie dopo le demolizioni sono state confiscate in quattro occasioni, secondo una dichiarazione del Cogat. L’agenzia israeliana ha affermato che ciò è stato fatto perché “erette illegalmente e senza i necessari permessi e approvazioni”. Secondo il comunicato, “nelle ultime settimane il personale dell’amministrazione civile ha incontrato i residenti palestinesi di Khirbat Humsa e ha spiegato loro i pericoli legati alla loro permanenza all’interno dell’area, offrendo loro uno spazio alternativo in cui risiedere”.
Le Nazioni Unite hanno affermato che è quasi impossibile per i palestinesi ottenere permessi a causa di un “regime di pianificazione restrittivo e discriminatorio”, che le demolizioni sono “pensate allo scopo di costringere i palestinesi a lasciare le loro case”, e che il trasferimento forzato di persone rappresenta una “grave violazione” della Quarta Convenzione di Ginevra.
Gli operatori umanitari affermano che le ripetute confische e demolizioni riducono famiglie già povere in condizioni disperate: la situazione è inoltre aggravata dal rigido clima invernale, mettendo a repentaglio la vita del bestiame, loro unica fonte di sostentamento.
L’espansionismo israeliano è stato incoraggiato dall’amministrazione Trump: Khirbet Humsah era tra le terre assegnate a Israele in base alle proposte presentate congiuntamente alla Casa Bianca con il primo ministro israeliano Binyamin Netanyahu l’anno scorso. L’elezione di Joe Biden e l’assunzione da parte dell’Irlanda di un seggio nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite aprono nuove prospettive di pressione internazionale su Israele, anche se la questione non è nell’agenda UE, impegnata con la Birmania, la Russia, l’Etiopia, Hong Kong, l’Iran e la Bielorussia, nonché al ripristino delle normali relazioni con gli Stati Uniti.
Gli eurocrati riconoscono in privato che altre priorità di politica estera hanno messo in secondo piano la questione palestinese e che Israele è chiaramente indifferente alle ripetute dichiarazioni di condanna europee, pur essendo consapevole che i tentativi di concordare un’azione più forte dell’UE congiunta potrebbero essere ostacolati da stati membri come l’Ungheria, che abitualmente blocca il voto unanime richiesto.
Conor O’Neill, ricercatore di Christian Aid, che lavora nei territori occupati, ha auspicato che la politica irlandese vada oltre gli aiuti e le dichiarazioni:
“Questo genere di cose accade in un contesto di quasi totale impunità, in cui violazioni gravissime del diritto internazionale vengono sanzionate con blande dichiarazioni di condanna. Qual è la strategia a lungo termine? Continueremo a finanziare case e scuole, vedremo come vengono distrutte, e poi continueremo a dare aiuti per ricostruirle?“