Fonti interne all’establishment americano hanno spifferato ai principali organi di stampa d’oltroceano (CNN, Washington Post e New York Post) che Israele avrebbe già approntato i piani di contrattacco contro l’Iran e sarebbe intenzionato a metterli in atto prima delle elezioni americane (previste per il 5 novembre).
All’avvicinarsi della tornata elettorale, l’amministrazione Biden ha iniziato a esercitare nuove pressioni su Israele perché almeno consenta il passaggio di convogli umanitari a Gaza, portando persino il Segretario di Stato Antony Blinken (di origine ebraica) a minacciare una sospensione dell’indispensabile assistenza militare statunitense.
L’ultimatum per consentire il passaggio di aiuti umanitari a Gaza cade dopo le elezioni. E l’avvertimento è arrivato la stessa settimana in cui alcuni componenti del sistema avanzato di difesa aerea sono giunti dagli Stati Uniti a Israele.
Netanyahu ha giurato vendetta contro l’Iran per l’attacco del 1° ottobre, ma la scorsa settimana ha rassicurato Biden che la risposta sarà limitata ad obiettivi militari piuttosto che alle raffinerie di petrolio o alle centrali nucleari. Biden, e con lui la Harris, hanno più volte espresso la propria opposizione a un attacco a siti petroliferi e nucleari di Teheran, sentendosi ribattere dal Presidente israeliano che qualsiasi decisione sulla rappresaglia sarà presa in base agli “interessi nazionali” dello Stato ebraico.
Gli israeliani in effetti stanno aspettando troppo: o stanno pianificando un attacco su larga scala e dunque attendono di sapere chi sarà il nuovo Presidente, oppure approfitteranno dell’inevitabile confusione legata al clima elettorale, magari auspicando che vinca un fanatico sionista come Donald Trump, il quale nel suo delirio filosemita sembra in effetti completamente uscito fuori di testa.