Joker: Folie à Deux è probabilmente uno dei film più patetici che abbia visto ultimamente (e ce ne vuole): il livello di disagio è così inteso che viene proprio da distogliere lo sguardo e tapparsi le orecchie (in pratica è come se inducesse all’autismo per overdose di cringe). Grazie al cielo non sono andato a vederlo al cinema, non solo perché sarei stato costretto a trafugare pezzi d’arredo a mo’ di rimborso, ma anche perché non avrei potuto skippare ogni canzoncina e balletto, cioè circa 3/4 della pellicola.
Sì, il sequel di Joker è letteralmente un musical, ma intenso non come una versione critica, riflessiva, post-moderna o che ne so di Broadway, ma proprio un musical in senso “non-ironico”: Lady Gaga starnazza tutto il tempo su un repertorio improponibile, che per il regista e gli sceneggiatori di certo rappresenterà una manifestazione -comunque ineffabile ed equivoca- di dissenso nei confronti della cultura popolare americana, ma che sul grande schermo finisce per assomigliare a una serata karaoke fra tossici (la voce di Joaquin Phoenix è inascoltabile, non si capisce se stia recitando o se abbia completamente disimparato a cantare dai tempi in cui faceva Johnny Cash – in effetti sono passati quasi vent’anni…).
Per farvi capire, è come se Matteo Garrone avesse deciso di girare un Dogman 2 con Elodie che mugugna su Gigliola Cinquetti e Nilla Pizzi: da un punto di vista artistico, il risultato sarebbe stato pressoché identico a questo Joker. Riguardo invece al fatidico “messaggio”, a me pare che Folie à Deux sia un tentativo da parte di regista, attori, sceneggiatori e anche produttori, di farsi “perdonare” lo sconvolgimento nell’immaginario collettivo causato dal capolavoro del 2019.
Partiamo da una constatazione piuttosto pacifica: il “primo” Joker (anzi, l’unico Joker, nel senso che è l’unico che merita di esser visto) era espressione di diversi dogmi sinistroidi, dalla convinzione che il crimine sia un prodotto delle condizioni sociali (o psico-sociali) alla necessità che la società ascolti il “grido di dolore” dei reietti, dall’idea che il nichilismo possa tradursi in propositi rivoluzionari alla vecchia polemica sull’operato intrinsecamente “fascista” di supereroi come Batman (il quale peraltro non viene mai evocato in modo diretto, anche se almeno nel secondo episodio sarebbe stato bello vederlo irrompere nel tribunale per prendere a calci nel didietro sia J. Phoenix che Lady Gaga).
Chiunque può comprendere come l’operazione di giustificazione, recupero e infine esaltazione della figura del “cattivo” facesse parte di un precisa impostazione ideologica, che per l’appunto non crede alla “repressione” come mezzo per contrastare il crimine e in aggiunta considera il fuorilegge una sorta di “messia” in grado di esplicitare tramite la violenza le contraddizioni insite nel “sistema”.
Nel Joker del 2019 questi elementi c’erano tutti: il protagonista è un animo gentile corrotto dai traumi infantili (causati dalla madre psicopatica), dalle condizioni di emarginazione e isolamento economico-sociale, nonché dai ripetuti “schiaffi” ricevuti dalla vita, come attesta l’emblematica scena dell’aggressione sulla metro da parte di tre “colletti bianchi” (che tra l’altro lavorano per la Wayne Investments, di proprietà del padre miliardario del futuro Batman).
Insomma, Joker sulla lunga distanza doveva essere una delle tante “arringhe difensive” (anche nella prospettiva complottista del predictive programming) per i disordini causati da Black Lives Matter (rigorosamente messi in scena da attori bianchi, ché a Hollywood è vietato dipingere un nero in modi che potrebbero mettere in cattiva luce la beneamata comunità afroamericana). Il film tuttavia ha sortito un effetto esattamente opposto, e l’antieroe decostruito è diventata una specie di “martire” per quella galassia riconducibile -a partire dalla prospettiva dei suoi stessi patrocinatori- alla cosiddetta “destra alternativa”.
Dunque, se da una parte il Joker del film si innamorava di una madre nera single e si atteggiava a Che Guevara del nulla, in universo memetico parallelo esso diventava il “primo Incel supereroe” (sic), mentre le sue risatine nevrotiche accompagnavano come sottofondo diverse istanze “estremiste”, tipo la proclamazione pubblica del rapporto tra i crimini commessi dagli afroamericani e la loro percentuale a livello di popolazione degli Stati Uniti (13% di neri che compiono il 52% degli omicidi), e il suo make-up veniva adottato da suprematisti bianchi come lo svedese Marcus Follin (“The Golden One”) o l’ancor più celebre GypsyCrusader (che è quello che compare truccato -per l’appunto- da Joker in vari siparietti razzisti su Omegle).
I motivi di tale “appropriazione culturale” da parte dei nazi-incel risiedono principalmente nel fatto che allo stato attuale chiunque possa atteggiarsi a vittima e dipingersi come parte di una “minoranza perseguitata” in base al proprio orientamento politico (nazista), alla propria etnia (bianco), alla propria religione (cristiana) e naturalmente al proprio orientamento sessuale (etero). Perciò, se per il regista il Joker era un perseguitato dal regime fascio-borghese-capitalista (rappresentata dalla famiglia Wyane), per gli spettatori esso è divenuto, anche in maniera contradditoria, un oppresso dalla dittatura del politicamente corretto, dal femminismo, dal woke, in generale dal mainstream di orientamento sinistroide.
Credo che l’aver mandato in vacca (senza offesa per Angelina Germanotta) il personaggio sia stato un modo per “vendicarsi” di quella che è stata percepita come una strumentalizzazione: ecco perché il Joker II bacia in bocca un altro uomo, si sdilinquisce in canzonette e infine si consegna alla Legge negando la sua stessa esistenza (peraltro, la trama regala episodi ancor più sgradevoli come lo stupro da parte delle guardie carcerarie, che poi trovano il tempo di uccidere il George Floyd di turno che si era messo anche lui a cantare).
Il risultato però è esattamente la stessa merda che la “sinistra” propina a livello politico come tentativo di fuga dal vicolo cieco del nichilismo. Qualsiasi esigenza artistica viene svilita, umiliata, letteralmente stuprata (come il Joker) per comunicare un messaggio che comunque nessuno capirà. Mi domando se sia lecito rovinare un meme in questa maniera, indipendentemente dalle convinzioni ideologiche individuali: è probabile che la risposta sia positiva per chi si illude ancora che il normaloide possa essere indottrinato così a buon mercato come si è fatto negli ultimi decenni.
Ad onta di tutto ciò, sono convinto che il Joker non smetterà di essere un meme in barba ai tentativi di farlo tornare un avatar del progressismo hollywoodiano, nelle stesse modalità in cui hanno resistito Pepe the Frog o, per restare in tema di cinema, Ryan Gosling e Leonardo Di Caprio.
Il fatto stesso che ci si affidi a un tentativo di pessimo gusto come Folie à Deux per “chiudere la stalla quando i buoi sono scappati” dimostra indirettamente come a livello collettivo la voglia di “estremismo” sia così potente da dover ricorrere a simboli e icone offerti dal mainstream contro la volontà stessa dei loro creatori, che evidentemente ora reagiscono in modo isterico alla costante perdita del monopolio nell’ambito della sedicente “cultura popolare”.
… È non si può vedere Lady Gaga, sembra una rom razziatrice delle metro (a un certo punto speravo arrivasse Cicalone…)
Cicalone è il Batman italiano
Pensi davvero che gli americani spendano cento milioni di dollari per fare un film che smentisca un’interpretazione di una piccola cricca di internet? A dire la verità a volte è anche difficile capire a cosa ti riferisci: in America Joker è diventato un simbolo della destra alternativa? Che percentuale della popolazione italiana credi sia a conoscenza di questa storia? Tu pensi davvero che ci sia tutt questa voglia di estremismo? A noi la società sembra praticamente sedata, incapace persino di vedere fenomeni giganteschi e quindi figurati queste piccolezze.
Non penso tu abbia torto, ma una spiegazione per cui è stata fatta una roba del genere ci deve pur essere. La mia mi sembrava la più plausibile, anche perché è proprio l’unica che riesco a concepire: un conto era fare il solito sequel arraffasoldi sfruttando un brand, un altro distruggerlo trasformando in un musical, con Lady Gaga, e dissuadendo chiunque a recarsi al cinema. Alla fine ho applicato lo stesso ragionamento che mi balza in testa quando vedo le pubblicità di telefoni o sughi pronti con due maschi che si baciano: servirà ad aumentare le vendite? Questa mi sembra la versione cinematografia di quella famosa vignetta di Stone Toss divenuta meme…
Bello scambio, come sempre quando c’è di mezzo anche la Spallanzani (a proposito, il blog della spettabile Fondazione?). Io la vedo come il Mister, seppur non creda che il primo Joker fosse malgré lui un film anarchico e destabilizzante: lo era a bella posta, e fatico a leggerci un’apologia del perbenismo (se non nella misura in cui la verità dell’antipsichiatria è in sé anti-establishment, ma è una scoperta dell’acqua tiepida). Insomma, il primo Joker l’ho visto in compagnia di ignari memetici e hanno avuto la stessa impressione tutti: è un messaggio pesante e inatteso. Mi convinco ancora di più della vecchia storia che gli USA non hanno un ministero della cultura perché hanno la CIA (dove l’ho letta?) – che è certamente falsa quando si tratta del jazz e di Pollock, molto meno quando si parla dell’arma letale cinematografica. Penso che abbiano voluto prima incanalare lo scontento, lasciarlo sfogare, per poi ridicolizzarlo: ottima tattica di controllo.
Insomma, riassumo: un caro saluto a entrambi!
Un lettore
Superbo commento.
Già, perché il blog della FES è privato?
La Fondazza, nom riuscendo a farsi pagare nemmeno due centesimi per la sua indefessa opera culturale, ha scelto meschinamente il muoia Sansone con tutti i filistei.
Qualche anno fa Roberto Quaglia avanzava una tesi simile sullo 007 interpretato da Daniel Craig: 007 era sempre stato troppo bianco, maschio, mignottaro e strafottente per (((loro))).
Bisognava farne una mammoletta piena di problemi (Craig nei film frigna ogni 5 minuti…). Quaglia addirittura insinuava che lo avessero scelto in quanto quasi-sosia di Putin, per convogliare su di lui l’antipatia degli americani