Nel maggio 2014 il Corriere della Sera lanciò un’ambiziosa impresa editoriale (leggi psy-op): La biblioteca di Papa Francesco, venti dei libri preferiti da Bergoglio pubblicati in allegato al quotidiano di Via Solferino sotto la supervisione di padre Antonio Spadaro, che ricordiamo per alcune importantissime interpretazioni teologiche della pastorale di Francesco come quella che segue:
#PapaFrancesco alla Case Bianche di Milano usa il bagno chimico come la gente. pic.twitter.com/rQiPTtOQlQ
— Antonio Spadaro (@antoniospadaro) March 25, 2017
Non sfugga l’ironia, dopo anni di disinteresse verso un vero intellettuale prestato al Soglio quale fu Joseph Ratzinger, di far passare per fine lettore un personaggio che invece già si era presentato come antitesi del topo di biblioteca, uno che piuttosto che portarsi addosso l’odore dei tomi preferiva -metaforicamente- quello “delle pecore” e che in uno dei suoi tanti “discorsi a braccio” -preparati a tavolino?- avrebbe tacciato i teologi di “studiare le cose astratte della teologia” (ma in generale Bergoglio ha sempre dimostrato di affidarsi perlopiù alla cultura del “sentito dire”, non solo in campo dottrinale).
Credo probabilmente di essere uno dei pochi ad aver acquistato l’intera collezione (a parte forse Spadaro, ché su Melloni ho più di un dubbio), quasi per propiziare il sorgere di una obščina catto-comunista che sarebbe riuscita finalmente a unirci tutti tutti. Invece poi è andata maluccio e pochi (o troppi) anni di bergoglismo hanno portato a termine dal punto di vista materiale e quantitativo ciò che rivoluzionari, anticlericali e anticristi non erano nemmeno riusciti a elaborare dal punto di vista teorico.
Adesso essa giace in uno scaffale impolverata. Ammetto di non aver aperto nemmeno un volume per sbaglio. All’inizio, per scherzare, le avevo anche opposto una contro-biblioteca ratzingeriana, con il Malleus Maleficarum, il Necronomicon e le memorie del Panzer General Heinz Guderian. Poi è passata anche la voglia di sorridere, ed è rimasta solo questa benedetta “Bergoglioteca” che sembra quasi una cattedrale nel deserto dedicata all’ultimo pontificato, simbolo del proposito di imporre alle masse cattoliche la loro stessa dissoluzione.
Prima o poi dovrò prendermi l’impegno di leggermela tutta, provare a darle un senso e magari scriverci su qualcosa, dal momento che nemmeno i blog più sputtanati hanno speso una parola su di essa, nonostante Dostoevskij e Borges (piuttosto che Leonardo Boff o Eugenio Scalfari) gli avrebbero forse aiutati a interpretare Francesco in maniera più dignitosa.
Temo tuttavia che alla fine farò anch’io come l’insuperabile Ratzinger, che interpellato da un monsignore su una nuova collana dedicata ancora ai libri preferiti di Bergoglio così risposte (e all’epoca, seppur da “emerito”, sgambettava ancora):
«In tutta la mia vita è sempre stato chiaro che avrei scritto e mi sarei espresso soltanto su libri che avevo anche veramente letto. Purtroppo, anche solo per ragioni fisiche, non sono in grado di leggere gli undici volumetti nel prossimo futuro, tanto più che mi attendono altri impegni che ho già assunti».