Uno dei motivi per cui è difficile credere alla propaganda riguardante lo spread e “i mercati” è il fatto che non solo il loro andamento venga strumentalizzato contro gli avversari politici, ma anche che esso sia preso in considerazione esclusivamente per esprimere un giudizio negativo.
Lo abbiamo visto proprio in questi giorni: dopo settimane di allarmismo per sabotare l’accordo Lega-M5S, una volta profilatasi la possibilità di un esecutivo “tecnico” la grande stampa ha dovuto ripiegare dalla paranoia allo “spiegazionismo” per non far cadere anche il povero Cottarelli nella trappola dello spread.
Tuttavia ora che, raggiunta l’intesa tra leghisti e pentastellati, per un giorno la borsa sale e lo spread scende, nessuno ovviamente si azzarda a congratularsi con Di Maio e Salvini: il senso del ridicolo dunque funziona come limite solo in positivo, mentre se c’è da fare del terrorismo psicologico allora tutto fa brodo.
A proposito di questi perversi intrecci tra politica, media ed economia, mi torna alla mente un titolone de “La Stampa” del 19 marzo 1978: La Borsa assorbe il contraccolpo dopo il rapimento dell’onorevole Moro. All’epoca non c’era ancora lo spread, ma c’erano comunque “i mercati”: se nemmeno il rapimento di uno statista riuscì a turbarli, cosa potrebbe farlo?