TAIPEI (Taiwan News, 26 febbraio 2021) – Diplomatici statunitensi in Cina lamentano di essere stati sottoposti al tampone anale per trovare tracce di covid nelle feci
Il 18 febbraio 2021 il Washington Post ha riportato che alcuni diplomatici statunitensi in Cina sarebbero stati costretti a sottoporsi a tampone anale per COVID-19.
Nel tentativo di colmare le crepe nel sistema di prevenzione delle epidemie, Pechino ha iniziato a utilizzare il controverso metodo di test, avvalendosi di studi secondo i quali il virus sopravvivrebbe più a lungo nell’ano rispetto agli orifizi della parte superiore del corpo.
Il Dipartimento di Stato americano è deciso ad andare a fondo e ha affermato di “valutare tutte le opzioni” per preservare la dignità dei diplomatici statunitensi “in linea con la Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche”. Giovedì 25 febbraio 2021 il Dipartimento di Stato ha dichiarato di aver avuto da Pechino la garanzia che non avrebbe più sottoposto i funzionari statunitensi ai tamponi anali, considerato appunto come un trattamento “poco dignitoso” da parte di Washington.
Mercoledì 24 febbraio, un funzionario del Dipartimento di Stato ha dichiarato a Vice di “essersi rifiutato di sottoporsi al tampone e aver protestato direttamente al Ministero degli Affari Esteri dopo aver appreso che alcuni membri del personale a seguito erano stati costretti a farlo“. In risposta, Pechino ha affermato che i tamponi sono stati effettuati “per errore” e che il personale diplomatico dovrebbe essere esonerato da questo tipo di esami.
Tuttavia, quando è stato chiesto di rispondere durante una conferenza stampa, il portavoce del ministero degli Esteri cinese Zhao Lijian ha detto di aver discusso con i suoi colleghi riguardo alla questione, affermando che “per quanto ne sappia, Pechino non ha mai ha chiesto ai diplomatici statunitensi di stanza in Cina di fare tamponi anali“.
Il Global Times, vicino al Partito Comunista Cinese, ha bollato l’articolo del Washington Post sui tamponi anali come fake news e ha riportato la smentita di Zhao, pur ammettendo che gli stranieri che giungono negli aeroporti di Pechino e Qingdao sono tenuti a “sottoporsi a tampone anale prima del periodo di quarantena”, aggiungendo inoltre che la città di Yangzhou nella provincia di Jiangsu ha già adottato la tecnica come “monitoraggio di routine” per i lavoratori nella logistica.
La notizia di un malcapitato sottoposti a due tamponi anali che gli hanno causato diarrea è diventata virale nel gennaio scorso sui social cinesi, diffondendo il panico tra chi teme che Pechino possa adottare un approccio draconiano a questa nuova modalità di test.
Tutto a posto, l’importante è che l’infermiere di turno si ricordi di dire “no homo” dopo avere eseguito il tampone.
Diplomatici ammeregani trollati dai cinesi, che volevano umiliarli… Sono tempi interessanti.