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La cinquina di Ratzinger non esce: si proceda dunque a scisma e controgolpe

È da inizio dell’anno che sto giocando al lotto la famigerata “cinquina di Ratzinger” (9-31-34-12-22) senza alcun successo, a parte qualche sporadico ambo su tutte e lo stillicidio degli estratti su ruota (Torino, Roma… comunque puntate impraticabili senza perderci più di quanto non si vincerebbe).

Con qualche milione di euro in saccoccia mi sarei pure messo il cuore in pace (nel senso che avrei potuto finanziare qualche network alternativo alla sovversione e al degrado), invece ora mi tocca sposare la tesi del Codice Ratzinger di Andrea Cionci, cioè che Benedetto XVI non ha mai rinunciato al papato, proclamando semmai la sede impedita per far eleggere un antipapa e costringere la Chiesa a uno scisma purificatorio.

Il grande Cionci è conscio di aver stilato un’opera di fantapolitica, o fantateologia (addirittura auspicando, ironicamente ma neanche troppo, che il suo volume diventi “il più grande capolavoro della narrativa di tutti i tempi”), peraltro in un contesto, quello del “fantastico vaticano”, da qualche secolo decisamente inflazionato (senza dilungarsi o scomodare titoloni –Les Caves du Vatican ecc…-, ricorderete Il Papa Negro di Emilio Cavaterra, il pontefice-robocop di Hanno rapito il Papa di Renée Reggiani e del classico Urania Buone notizie dal Vaticano di Robert Silverberg – è noto che Bergoglio talvolta si presenti come ologramma – e tanti altri); tuttavia egli è ugualmente riuscito ad offrire una “ipotesi di lavoro” per aspiranti controriformisti/controrivoluzionari/antimodernisti.

Partiamo, appunto, dall’ipotesi: Benedetto XVI si sarebbe auto-esiliato causa sede impedita in quanto assediato da nemici interni (come le fazioni progressiste del clero, la cosiddetta “Mafia di San Gallo”), ed esterni (in primis il sistema politico-mediatico, di per sé già in odore di massoneria se non satanismo, impegnato quotidianamente a infangarne l’immagine), attraverso uno “stratagemma” retorico-canonico (o addirittura uno “scherzo di Carnevale”, avendo proclamato la Declaratio proprio nel Rosenmontag) che risiede nella rinuncia al ministerium (l’esercizio pratico del potere pontificale) ma non al munus petrino (il titolo stesso di Papa), decisione che in sostanza si tradurrebbe sia nell’invalidità della sua abdicazione che della successiva elezione di Bergoglio (e di conseguenza, delle nomine, degli atti di governo e di magistero di quest’ultimo).

Per il Conci dunque la conclusione è abbastanza agevole: “Il ‘papa Francesco’ non è mai esistito”. Così, papale papale (senza offesa). Ad ogni modo, nella prospettiva millenaria della Chiesa, la sua tesi non dovrebbe apparire eccessivamente “eretica” (anche qui, absit iniura verbis), poiché in fin dei conti Franciscus sarebbe solo uno dei tanti nomi nella sterminata lista di antipapi che hanno costellato la storia della Catholica. E per sbarazzarsene basterebbe semplicemente dichiararlo tale e riportare ogni cosa allo status quo ante prima della (falsa) rinuncia.

Tutto ciò, ovviamente, sarebbe possibile se vivessimo in epoche più semplici, come quelle in cui i Santi Padri chiamavano gli usurpatori con il loro nome, eventualmente perseguitandoli, facendoli arrestare e giustiziare. Invece qui ci troviamo di fronte a un Papa legittimo che oltre a comunicare in “codice” nel frattempo è anche morto… L’idea che un “piccolo resto fedele” debba intestarsi la resurrezione della Chiesa tramite l’elezione di un pontefice “in esilio” dovrebbe come minimo basarsi su una dichiarazione concreta, che da Ratzinger non è mai arrivata in modo esplicito. Altrimenti resta poco con cui imbastire una revolutio come Dio comanda (chiedo scusa per questo continuo scadimento in inopportuni idiotismi chiesastici), se non attraverso sogni, visioni e miraggi.

Eppure… eppure… Si Deus pro nobis, quis contra nos? Alla fin fine è Conci il primo ad ammettere che se le sue interpretazioni a livello esegetico e filologico lasciano il tempo che trovano, dal punto di vista “fattuale” serbano un enorme potenziale, nelle forme di un vero e proprio “Piano B” (così lo definisce) per “liberarsi di Francesco” e “mettere a punto strategie e soluzioni operative”. Cioè, quel che conta sul serio non è tanto che il “Codice Ratzinger” sia un’ipotesi vera o almeno verosimile, ma che qualcuno si impegni a farla diventare tale.

Qual chimera, ci pensate? Dieci anni di bergoglismo archiviati con uno schiocco di dita, si torna infine a vivere la fede con un minimo di decenza. In fondo, è almeno da Adamo ed Eva che noi uomini proviamo la costante sensazione di una inarrestabile decadenza. E come la mettiamo con l’esito della Seconda guerra mondiale? E della Grande Guerra? Possiamo risalire all’infinito, anche se da bravi schmittiani dovremmo arenarci al modello vestafaliano (ma siamo forse ricchioni?). Pensate invece che Dio, attraverso la sua Santa Chiesa, ci offre l’opportunità di scomporre la tessitura del continuum spazio-temporale risparmiandoci persino la fatica di costruire una macchina del tempo…

Concretamente, però, è spiacevole osservare che l’Autore non riesca a offrire uno straccio d’indicazione su come agire in tal senso (del resto non sarebbe nemmeno suo compito, perciò questa non può rappresentare in alcun modo un’accusa). In ultima analisi pare che Conci riesca solo a proporre, come unico consiglio pratico, una sorta di “sciopero sacro”, allo scopo di “anteporre la salvezza della Chiesa ai propri bisogni spirituali” sulla scorta del rifiuto da parte dei cattolici nella Francia rivoluzionaria di farsi amministrare i sacramenti dai sacerdoti che avevano accettato la Costituzione civile del clero. Quasi una forma di accelerazionismo teologico, in un contesto comunque già compromesso, con o senza Ratzinger.

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