La crisi di governo italiana vista dalla Russia

Che si dice a Mosca della crisi di governo italiana?
(Gog&Magog, 2 settembre 2019)

I commentatori non paiono preoccupati: i governi italiani di ogni colore e tendenza hanno sempre cercato di avere buoni rapporti con la Russia, e senza Salvini potrebbe essere pure più facile…

Un articolo della ​Vedomosti (Ведомости) del 28 agosto 2019, dopo un asciutto resoconto della crisi di governo italiana, risponde altrettanto laconicamente alla pratica domanda “che cosa cambia ora per la Russia?”. In sostanza, riflette il corrispondente da Roma, ben poco. Negli anni, infatti, “chiunque sia salito al governo italiano, per forza di cose ha poi cercato di avvicinarsi a Mosca, nei limiti del possibile”. E su Matteo Salvini, un rapido, ma forse significativo, inciso: pur essendo uno dei più filo-russi, se ha attaccato spesso Bruxelles su bilancio e immigrazione, «non si è vista una tale disponibilità a difendere la “sua” posizione nei confronti della Russia, nonostante le promesse pre-elettorali».

Poco male, perché i buoni rapporti con la Russia sono una costante della politica estera italiana: per qualcuno risulterà strano, ma uno dei primi paesi a riconoscere l’Urss fu l’Italia fascista, nel 1924. E così pure il governo Badoglio contattò i sovietici “di nascosto” dagli Alleati. Una tendenza proseguita nel Dopoguerra, con Mattei che firmava contratti petroliferi, e la Fiat a Tol’jatti… In tempi più recenti, Berlusconi col vertice Nato-Russia a Pratica di Mare nel 2002 e la mediazione nella crisi georgiana del 2008, fino ad arrivare a Letta unico premier occidentale alle Olimpiadi di Soci del 2013, Renzi nel 2014 primo politico europeo a tornare a Mosca, etc.

Riccardo Amati, su “Lettera43” riporta le taglienti riflessioni di Elena Maslova, docente alla Mgimo, (l’università moscovita che forma i diplomatici russi):

«Mosca guarda all’Italia con realismo. La considera una media potenza con interessi e ambizioni globali ma risorse insufficienti per raggiungere indipendentemente i suoi obiettivi. Anche nel Mediterraneo. Mosca sa che Roma non può fare a meno dell’Unione Europea e della Nato. Né, d’altra parte, di solidi rapporti bilaterali con altri che le risorse naturali e politico-militari le hanno, come la Russia. E Mosca sa che, per motivi politici, economici, scientifici e storico-artistici, l’Italia è “una superpotenza culturale con un significativo soft power“, per citare ancora Elena Maslova. Un potere “dolce” talvolta prezioso, sullo scacchiere internazionale. Intanto, potrebbe contribuire a far rinascere il G8. L’Italia, per Mosca, è un amico utile. Chiunque ci sia a Palazzo Chigi».

Tirando le somme di queste prese di posizione, si può arrivare con Amati ad una conclusione “inaspettata”: un governo Conte “desalvinizzato” è più, non meno, utile al Cremlino.

L’affaire del hotel Metropol è tutt’altro che alle spalle, e ogni iniziativa pro-Russia di un Salvini al governo comporterebbe critiche immobilizzanti. E poi il premier uscente nonché incaricato ha già detto a Donald Trump di esser d’accordo sulla riammissione della Russia al G7 — consesso da cui è stata esclusa dopo l’annessione della Crimea. A Mosca la cosa peraltro non suona come una novità. È ritenuta in linea con posizioni italiane consuete.

«Al summit di Biarritz sono state espresse opinioni molto contrastate circa l’eventuale partecipazione della Russia. In ogni caso, toccherà al leader americano, che farà gli onori di casa al prossimo vertice, risolvere il dilemma se invitare Mosca nel 2020 o meno. Se non c’è una posizione consolidata sulla riconversione del G7 in G8, Trump potrebbe, teoricamente, invitare Putin solo quella volta, in qualità di ospite d’onore. Roma non potrà che appoggiare tale decisione, qualora fosse presa, in quanto la Russia rappresenta un suo importante partner strategico, per non dir privilegiato».

L‘Italia, insomma, continuerà a esercitare “il suo tradizionale ruolo diplomatico di ponte, di mediatore e di facilitatore” nei confronti della Russia, sostiene la Maslova:

«La necessità di dialogare e la convinzione che non si possano trovare soluzioni per i dossier ucraino, siriano o iraniano senza la partecipazione della Russia sono un mantra della diplomazia italiana».

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