La critica al consumismo riparta da destra

Qualche anno fa (2013) Edward Snowden passò allo Spiegel delle slide da un seminario della National Security Agency nelle quali Steve Jobs veniva definito “Grande Fratello” e gli utenti Apple degli “zombie” (Who knew in 1984 that this would be Big Brother and the zombies would be paying customers?). Non sappiamo se a redpillare gli agenti siano stati gli anni passati a monitorare 4chan e affini ma -battute a parte- è interessante osservare come negli ultimi tempi le critiche al consumismo giungano perlopiù dai “cattivi”. Torna per esempio alla mente il blitz di Blocco Studentesco a suon di uova e farina (e al coro di “Ieri trincea e baionetta | Oggi un iPhone che ti aspetta”) contro gli “zombie” in coda da mezza giornata per comprare il giocattolone.

Negli Stati Uniti questa tendenza è obiettivamente più accentuata (ne abbiamo parlato qui, qui, qui, qui etc.), anche per l’influenza avuta da Trump nel fomentare il radicalismo americano, con un esito paradossalmente opposto a quello del berlusconismo (il quale  partiva da premesse simili a quelle del tycoon americano). Inoltre va ammesso che i blitz della destra d’oltreoceano sono decisamente più sofisticati, quasi delle psy-op – come quando 4chan fece appunto distruggere agli “zombie” gli iPhone appena acquistati convincendoli a: farci la doccia assieme perché un aggiornamento li avevi resi resistenti all’acqua; metterli nel microonde per ricaricare la batteria in soli due minuti; piegarli fino a distruggerli perché erano diventati più flessibili; trapanarli per infilarci il jack delle cuffiette.

Un tentativo di offrire alla destra italiana spunti per intensificare la guerra al consumismo proviene dal recente Schiavi Digitali (Passaggio al Bosco, 2019) di Riccardo Tennenini, giovane filosofo autodidatta (partito dal “pensiero di Julius Evola e René Guènon”, ahia) che imbastisce un volume pregevole nonostante la quantità stratosferica di refusi ed errori di stampa, nonché una pericolosa tendenza al “fusarismo”. Opera forse acerba, sicuramente ingenua e a tratti moralistica, ma che concorre a “ingrandire il concetto”, come direbbe il Leopardi, e perciò va ugualmente apprezzata.

Tennenini muove dall’ormai classica critica heideggeriana al Gestell (la tecnica come “im-posizione”) per identificare nell’odierna dipendenza da social una compensazione alle mancanze fondamentali dell’uomo tecnicizzato (Ratlosigkeit – mancanza di orientamento; Bodenlosigkeit – mancanza di radici; Heimatlosigkeit – mancanza di patria), mantenendosi tuttavia sempre un passo indietro rispetto alla nota conclusione del filosofo riguardo alla tecnica come coronamento della metafisica occidentale, e stemperandola invece con un patchwork di citazioni ideologicamente piuttosto composito, dai vieti De Benoist e Bauman al più sagace Morozov. Lo sforzo di tenere un orientamento apolitico (in senso evoliano) si argina però proprio nelle conclusioni, quando l’Autore perde tutto il suo contegno e si accanisce sugli  “zombie” di cui sopra:

“Iperconnessi e mutlitasking, sono ideologicamente vicini a quella sinistra dei diritti che blatera di cosmopolitismo, abbattimento delle frontiere, società aperta ed Erasmus. Li troviamo in fila, per ore, davanti all’ultimo franchising di Starbucks, come accaduto a Milano: non per bere un caffè – peraltro mediocre – ma per essere inseriti in quel flusso globale che li vuole nel posto giusto al momento giusto”.

Come diceva Giordano Bruno, “Se non è vero, è molto ben trovato!”. Davvero incoraggiante, questa inaspettata evoluzione del conservatorismo italiano, in parte -va detto- suscitata dalle varie mutazioni genetiche della sinistra, che ha contratto il liberismo come malattia senile e lo ha abbracciato con una cecità e un fanatismo che avrebbero lasciato interdetto persino un Milton Friedman.

Una sinistra che, come ha osservato giustamente Antonio Pilati (altro brillante opinionista di orientamento conservatore), ha “puntato tutto sui consumi, gonfiati con ampie quote di debito, come fattore di coesione sociale”, facendo degli zombie in coda davanti agli Apple Store le proprie truppe cammellate (ricordiamo con immenso imbarazzo -per loro- i manifesti funebri dedicati a Steve Jobs affissi per tutta Roma da Sinistra Ecologia e Libertà nel 2011). Forse è la volta buona per delineare finalmente posizioni nette sul tema, anche al rischio di radicalizzare entrambe le “derive” e avere da una parte una destra interessata solo alla patria, alle radici e all’orientamento; e dall’altra una sinistra delle multinazionali arcobaleno e dei telefonini da mille euro.

5 thoughts on “La critica al consumismo riparta da destra

  1. Insomma tra schiatterie editoriali, philosophe amateur e caccia agli zombie…ripartiamo col verso giusto!
    ci mancano solo l’Advaita e i tips and tricks di Nisargadatta…

  2. Io mi complimento invece per quest’ultima serie di post, che “fotografano” la modernità nel vasto mare che “navighiamo” quotidianamente e che provano ad indirizzare il lettore di questo blog verso riflessioni che possano aiutarlo a schivare rotte che conducano ad una certa deriva.

    Alle volte, piuttosto che puntare alle vette con voli pindarici sui massimi sistemi, è sufficiente focalizzarsi al tellurico delle abitudini quotidiane accettate, radicate e “mainstream” per scoprire in prima persona, che quel “think different” endemico e trasversale a cui siamo sottoposti (cfr. “per essere inseriti in quel flusso globale che li vuole nel posto giusto al momento giusto”) oltre ad essere un ossimoro, potrebbe essere il marchio dell’appartenenza all’omologazione che si manifesta nella propria condotta di vita.

  3. Ottimo articolo. Concordo con William Wilson, ultimamente ho trovato sul blog un gran numero di articoli e spunti davvero interessanti (a me sono piaciuti molto anche quelli sulle vite dei santi ortodossi, ma probabilmente perchè sono anch’io un po’ un punk to monk).
    La sinistra dello ius soli, dei telefonini da 1000 euro (e degli stipendi da 800) rimarrà comunque sorda a qualsiasi critica. Resta agli uomini liberi il compito di fare questa riflessione, se non altro per “ingrandire il concetto”, o anche solo per fissare su carta questi pensieri, in modo da non farci travolgere dall’ondata fluida e maleodorante del pensiero unico.
    P.s: anch’io ho un bel telefonino, non da 1000€ ma comunque da 300€, però non mi ci sego sopra e lo terrò fino a quando funzionerà

    1. Mi hai fatto tornare in mente la geniale pubblicità “dissing” che Samsung ha tirato fuori qualche anno fa nei confronti di Apple.
      Descrive un decennio di disavventure tecnologiche di uno “zombie” (tra l’altro “giovane, bello e abbronzato” (cit.)) che si conclude ovviamente con la “catarsi” verso la concorrenza, ma che soprattutto si palesa con uno sguardo di ironica commiserazione verso un altro “zombi”-simbolico (la cui bizzarra acconciatura ricorda la “tacca” – per i nerds il “notch”) in fila per il costoso gingillo: https://www.youtube.com/watch?v=0csgBLUv5W4

  4. È una pena che le case editrici di destra siano sprovviste di curatori trimegisti, redattori integrali e saggisti più che solidi. Per il resto c’è il self-publishing.

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