Due parole sulla polemica balneare all’interno del Governo Meloni riguardante il cosiddetto ius scholae, visto che un mio lettore vi ha accennato chiamando in causa anche il sempre eccellente Progetto Razzia:
«In Italia è bastato che una pallavolista negra vincesse una medaglia d’oro per far commuovere le anime belle e far tentennare un centrodestra micropenico (copyright Progetto Razzia), sulla necessità di farci sostituire etnicamente e per accelerare il nostro genocidio di velluto e la nostra estinzione fisica».
Forza Italia si è messa infatti in testa di ripresentare il progetto piddino dello ius culturae ancorandolo più saldamente al completamento di almeno un ciclo scolastico (si parla comunque di elementari o medie). La Lega si opporrà, Meloni medierà, qualcosa si farà ecc…
Dalla mia prospettiva di ex insegnante (EX, ci tengo a sottolinearlo) ci sono tante elementi che mi irritano nella proposta: anche nel migliore dei mondi possibili, l’idea stessa di delegare alla scuola l’ottenimento della cittadinanza è risibile, nel momento in cui esistono altre istituzioni più atte a occuparsi della questione. E proprio perché non viviamo nel migliore dei mondi possibili, una proposta intrinsecamente fallace (che infatti nessuna nazione allo stato attuale prende seriamente in considerazione) non può che contribuire all’aumento dei disagi in un sistema già da tempo compromesso quale è quello dell’istruzione italiana.
La nostra scuola, che non riesce più nemmeno a “conferire” le tabelline nonché le regole basilari della lingua italiana, dovrebbe prendersi a carico la formazione di un cittadino modello, per di più in un contesto in cui è in corso da anni, se non decenni, un demenziale Kulturkampf contro la fatidica “ora di educazione civica”?
In aggiunta, vorrei osservare che l’introduzione di un eventuale ius scholae potrebbe per certi versi rendere più complicato per la maggior parte dei giovani stranieri il conseguimento della cittadinanza, nel momento in cui la dispersione scolastica tra gli studenti non italiani è del 30% (di contro a meno del 10% degli italiani) e il 12% di essi viene già bocciato alle elementari (a fronte di un 2% di italiani), mentre alle superiori la percentuale sale al 48% (16% per gli italiani).
Allo stato attuale è semmai troppo facile diventare italiani, considerando che il nostro Paese nell’Unione Europea è il primo in assoluto per concessione di cittadinanza (e al terzo posto in percentuale alla popolazione). Un vero ius scholae, o ius culturae, dovrebbe comportare prima di tutto la possibilità che il conferimento possa venire negato almeno a chi non non è in grado di esprimersi italiano.
Apriti cielo! Qualcuno ricorderà quanto accaduto nel febbraio scorso in un paesino del bresciano, quando il sindaco (leghista) ha respinto la domanda di cittadinanza di fronte a uno straniero incapace anche solo di pronunciare la formula del giuramento, nonostante, tra le altre cose, il comune gli avesse offerto corsi gratuiti di alfabetizzazione. Come si fa ad affrontare un dibattito minimamente sensato se questi sono i presupposti? Allo ius scholae verrebbe da rispondere Non scholae sed vitae discimus.
Voglio però concludere allargando la visuale oltre i confini nazionali. Non so da quanto tempo Forza Italia maturasse tale progetto, ma mi lascia perplesso che la proposta giunga un attimo dopo che Donald Trump ha accennato alla possibilità di legare la concessione della fatidica Green Card (la carta che consente a un cittadino straniero di risiedere negli Stati Uniti per un tempo illimitato) proprio al completamento di un percorso scolastico. Riconosco perlomeno al candidato repubblicano di aver parlato da una prospettiva imprenditoriale e non “civica”; poiché tra le altre cose ha infatti affermato che:
«Ci sono laureati che volevano aprire un’azienda o iniziare un progetto negli Stati Uniti e invece sono tornati in India o in Cina, hanno fatto la stessa cosa in quei luoghi e sono diventati multimiliardari, dando lavoro a migliaia e migliaia di persone. E avrebbero potuto farlo qui».
.@realDonaldTrump on granting automatic Green Cards to college graduates:
“… What I want to do and what I will do is, you graduate from a college, I think you should get automatically, as part of your diploma, a Green Card to be able to stay in this country.”
“And that… pic.twitter.com/oV8v67FSNA
— The All-In Podcast (@theallinpod) June 20, 2024
Frasi del genere non si sarebbero mai sentite dal Trump del 2016, e forse nemmeno da quello del 2020: la “normalizzazione” dell’outsider operata da un cordone sanitario di “esperti” che l’hanno sostanzialmente circondato e ridotto a una brutta copia di se stesso, nella quale ovviamente rientra la contrapposizione artefatta fra immigrato “legale” e “illegale” (distinzione che otto anni fa il tycoon considerava ipocrita), alla fin fine si esprime in dinamiche molto simili. Tutto sommato è quasi un miracolo che non sia stata la Lega a tirar fuori dal cilindro una pensata dal genere…. ma diamo tempo al tempo.
Fare una battaglia identitaria seria significa partire da un dato di fatto: la demografia ci condanna senza appello, gli errori sono stati fatti 50-60 anni fa, hai voglia a recuperarli con atti parlamentari (“ciao core… ” come dicono a Roma).
Bisogna pensare a strategie nuove, per esempio allearsi con la componente slava (e forse anche con quella cinese). Soprattutto ragionare in termini di una guerra e di un dopoguerra che ormai sono vicinissimi.
Che poi, la famosa medaglia d’oro era pur sempre per un gioco di squadra, mica ha fatto tutto la tizia…