Qualcuno alla fine è riuscito a capire quel che è successo nell’ultima settimana? Ricapitoliamo… anzi no, perché è da giorni che tutti la raccontano senza nemmeno fornire uno straccio di spiegazione, o per meglio dire la raccontano come se fosse una cosa assolutamente normale (e appunto per questo non c’è bisogno di alcuna spiegazione).
Cerchiamo solo di riassumere i plot point in una frase: un Presidente della Repubblica, ad onta del tono dimesso, si è permesso di rompere ogni etichetta istituzionale attaccando apertamente un ministro che “non piaceva”; lo stesso Presidente, con un’ulteriore dose di faccia tosta, ha poi chiamato Cottarelli, un “Monti qualsiasi” (© Giggino Di Maio), il quale, vistosi scaricato pure dai piddini, è letteralmente “fuggito dal retro” del Quirinale; dopo un’altra mezza giornata di pianto e stridor di denti, il governo “nazi-fascio-sovran-populista” si è insediato, addirittura col terribile professor Savona nelle vesti di ministro (spostato dall’economia ai più eufemistici “affari europei”).
Un primo dato significativo da sottolineare è che gli spin delle grandi firme contro la coalizione giallo-verde non sono durati che un pomeriggio: “Salvini ha fatto saltare tutto per andare a elezioni”, “Mattarella ha fermato il fascismo”, “Cottarelli ha placato i mercati”. Quest’ultimo fiasco è stato forse il più duro da mandar giù: l’annuncio di un governo tecnico, che di per sé doveva correggere il “disastro” causato dagli elettori italiani (che “votano con i piedi”, come affermano i bocconiani), ha invece portata al crollo delle borse e a un’impennata dello spread, costringendo la stampa mainstream ad abbandonare i toni allarmistici e provare opportunisticamente ad analizzare l’argomento finanza con un granello di sale.
Sfortunatamente, dopo anni di propaganda, ci siamo un po’ tutti convinti, anche inconsciamente, che lo spread rientri tra i parametri obbligatori per comprendere la politica attuale; per questo ci si chiede, sempre resistendo alla tentazione del complottismo, per quale motivo esso non abbia superato quota 500, come ai bei tempi di Sua Eccellenza Monti. Lo stesso Gran Tecnocrate ha confermato in un’intervista recente che il differenziale tra Btp e Bund fu manipolato dal governatore della Bce per “farsi bello” agli occhi di Berlino costringendo l’Italia alle “riforme”:
«Draghi doveva accreditarsi presso quel mondo tedesco che era preoccupato per l’arrivo al vertice della BCE di un italiano, sia pure con ottima reputazione. Draghi decise anche di cessare gli acquisti di titoli di Stato italiani da parte della Bce».
Oh, lo ha detto Monti, mica “Napalm51”: ciò significa che molte delle paranoie attuali verranno forse confermate tra qualche anno. In particolare, è intrigante l’ipotesi che a riportare lo spread sotto i 300 sia stato… Donald Trump. E’ la tesi sostenuta da “La Verità” (La sponda dei fondi americani al governo Salvini-Di Maio, 1 giugno), che delinea uno scenario “fantafinanziario” (ma, come detto, molto suggestivo):
«Martedì sera, mercoledì e pure ieri. I grandi fondi americani hanno dato il via ad acquisti massicci di titoli di Stato italiani. […] Il primo effetto dell’ingresso massiccio americano è stato quello di bilanciare i rendimenti e di mitigare al ribasso l’andamento dello spread sul bund tedesco.
[…] Alcuni osservatori suggeriscono che tra i nomi dei buyer spuntano manager vicini al mondo repubblicano. Non è un caso se nella lista non compaia Goldman Sachs, storico simpatizzante del versante democratico. Probabilmente è una coincidenza, che rispecchia però le nuove posizioni del Partito repubblicano degli States. Una parte, allineata a Donald Trump, vedrebbe l’ Italia sempre più allontanarsi dalla Germania, mentre gli uomini del partito che ancora oggi rispondono alla famiglia Bush preferirebbero che Roma rimanesse in scia a Berlino. O meglio che il nostro Paese mantenesse un ruolo complementare all’economia tedesca per evitare che la Germania abbia contraccolpi economici».
Sempre in un’ottica “complottista”, del resto, ciò appare l’unica spiegazione plausibile al repentino passo indietro di Mattarella (che è molto più compromettente di quello di Savona): dopo quella sorta di autodafé nei confronti della Merkel e di Draghi, concretizzatosi anche nella scelta di un “uomo dei mercati” tutt’altro che “neutrale” (poiché ormai dall’opinione pubblica i “mercati” non sono più considerati una cartina tornasole, ma un avversario politico), il Presidente ha dovuto ripiegare evidentemente di fronte a ragioni ben più solide e convincenti. E chi avrebbe potuto fornirle, se non lo Zio d’America?
Se l’analisi fosse giusta, allora dovremmo concludere che la giudeo-massoneria è dalla nostra parte (oggi persino Soros sul “Corriere” difende l’Italia!), ovvero, al di là delle metafore (è solo uno scherzo, suvvia), che Washington può aver scelto Roma come alleata in Europa per la guerra commerciale in atto. Da tale prospettiva, anche un’eventuale messa in discussione delle sanzioni alla Russia che partisse dal nostro Paese rientrerebbe nel gioco di appeasement con Mosca (che sulla lunga distanza metterebbe in difficoltà Pechino). Ci sarà da ridere quando l’apparato politico-mediatico “più realista del re” si metterà a strillare (ma già lo sta facendo) sui pericoli di un’uscita dell’Italia dalla Nato, senza comprendere che qualsiasi mossa di avvicinamento al Cremlino rientrerà sempre nella logica del Washington Consensus…