Ultimamente Twitter sta intensificando la censura nei confronti di quei profili che sfottono i militanti di sinistra riducendoli a “personaggi non giocanti“, in inglese Non-Player Character (NPC), comparse di quell’anti-conformismo di massa che rende i contestatari simili ad automi, zombie o appunto creature «gestite da un’altra entità» (come si esprime Wikipedia).
Ebbene sì, si tratta di un meme, dunque di una questione puramente politica che vede ancora l’intero apparato mediatico schierato compatto in difesa degli attivisti liberal (uno degli attacchi più ridicoli è quello del “New York Times”, che prima si indigna per la “disumanizzazione” e un attimo dopo accusa gli “estremisti di destra” di essere tutti dei Russian bot).
La sostanza del meme è quella di ridicolizzare l’attricetta, il comico, l’opinionista o il black bloc di turno facendoli apparire degli stereotipi viventi, riproducendo i loro banalissimi slogan e le ancora più banali coreografie secondo i canoni della migliore tradizione distopica americana (da Essi vivono a scendere):
Hello fellow humans, I am celebrity No. 2932, I believe in everything that is safe and popular with people aged 18-35.
You may now praise me on the social media platform of your choice, remember to purchase my newly manufactured album. pic.twitter.com/wOUv3RK58U
— 💀 Spooky Nerd 💀 (@LilithLovett) 8 ottobre 2018
La sparizione di centinaia di questi profili ha fatto nascere un curioso paradosso post-moderno, sintetizzato così in un tweet:
«Su Twitter censura di massa contro chiunque usi un nickname o avatar che si riferisce al meme #NPC. È un processo automatico messo in atto da umani per eliminare altri umani da Twitter che deridono altri umani che agiscono come processi automatici».
Si potrebbe rintracciare in tutto ciò un ritorno della dicotomia tradizionale fra “risvegliati” e “dormienti”, con le ambiguità che essa comporta: in primis il paradosso di un’area politica, quale quella dei “progressisti” d’oltreoceano definiti sprezzantemente dagli avversari anche come SJW (Social Justice Warriors), che si crede comunque “risvegliata”, tanto che per indicare se stessa utilizza un’espressione dello slang afro-americano, woke.
Più in generale, invece, giusto per recuperare qualche scampolo di sapienza religiosa, notiamo che un paradosso simile sorge per esempio nella concezione del “sonno” nella dottrina induista: se in sanscrito termini come सुप्ति (shupti) e स्वाप्न (svapna) indicano sia il semplice dormire che il “sonno profondo” del non-risvegliato, in talune accezioni, come सुषुप्ति (sushupti) esse si riferiscono al contrario al terzo stadio del risveglio spirituale nel quale «la coscienza vaga nell’universo separata dalla mente».
Dunque persino la memetica ripete le ambiguità con cui l’uomo ha a che fare da secoli, probabilmente accentuate dal taglio sempre più smaccatamente “destrorso” che sta assumendo. In ogni caso questo meme è troppo efficace per poter essere liquidato come semplice mania del momento: se non vogliamo scomodare gli dèi, perlomeno gli si dia la nobiltà del folklore.