Grazie alla presenza del ricco catalogo delle Edizioni all’insegna del Veltro (casa editrice parmense specializzata in storia e filosofia) su Amazon, è possibile per ogni italiano arricchire la propria biblioteca con testimonianze della cultura romena ingiustamente trascurate dalle librerie italiane (probabilmente per razzismo). Vi ricordiamo che questo post contiene link di affiliazione attraverso i quali si ottiene una piccola quota degli eventuali ricavi senza variazioni dei prezzi.
Claudio Mutti
Eliade, Vâlsan, Geticus e gli altri.
La fortuna di Guénon tra i Romeni
(1999)
Sulla portata del pensiero tradizionale in un paese come la Romania fornisce nuovi elementi quest’ultima fatica di Mutti, specificamente dedicata alla fortuna di Guénon tra i Romeni. Come si desume dal titolo stesso, il libro tratta anzitutto di Mircea Eliade, Mihai Vâlsan e Vasile Lovinescu alias Geticus, tre scrittori che in un modo o nell’altro sono debitori nei confronti dell’opera di René Guénon. […] Praticamente ignoti fuori dei confini romeni sono invece i nomi di Anton Dumitriu e di Marcel Avramescu.
[…] Quelle menzionate più sopra sono soltanto le più rilevanti tra le personalità romene influenzate in un modo o nell’altro dall’opera di René Guénon. Il libro ne nomina alcune decine, tra le quali figurano due uomini politici attuali: l’ex vice primo ministro Gelu Voican Voiculescu (autore di una monografia su Guénon) e il ministro degli Esteri attualmente in carica, Andrei Plesu.
[…] Lo studio in questione, che si basa su una documentazione abbondante e rigorosa (tra cui numerose lettere inedite di Guénon e di Vâlsan), è preceduto da una presentazione del professor Enrico Montanari, titolare della Cattedra di Storia delle Religioni alla Sapienza di Roma.(“Orion”, 182, novembre 1999)
Claudio Mutti
Mircea Eliade e la Guardia di Ferro
(1989)
A far chiarezza sul passato guardista di Eliade – e con un taglio di ricerca storica, senza apologie o denigrazioni preconcette – provvede un saggio di Claudio Mutti. Un libretto importante, perché presuppone una meticolosa ricerca delle fonti, ricerca non molto agevole anche perché nel periodo della dittatura, in Romania, molta documentazione è andata distrutta. Un’opera importante, quindi, perché fa chiarezza sul periodo (1936-38) in cui Eliade militò nel movimento legionario “Guardia di Ferro” ed offre anche elementi interpretativi per la lettura di alcuni romanzi del pensatore rumeno, nei quali questi parlò di sé e dell’esperienza legionaria, sia pure in terza persona e in maniera velata. Mutti è stato il primo in Italia ad occuparsi, nel dopoguerra, dell’esperienza legionaria con particolare riferimento alle fonti e studiandone tutti gli aspetti. […] Una delle operazioni più interessanti che Mutti compie, nell’analisi dei rapporti fra Eliade e il movimento guardista, riguarda la decrittazione di alcune opere letterarie del prolifico studioso di storia delle religioni. […] Uno studio scientifico, quindi, che fa chiarezza su alcuni aspetti di uno studioso di grande livello e sgombra il campo da capziose ipotesi e analisi.
(M. Triggiani, “Vie della Tradizione”, aprile-giugno 2001)
Horia Cosmovici
Il processo Codreanu
(1989)
Le modalità scandalose con cui si svolse il processo, l’oltraggio che dovette subire Codreanu vennero raccontati dall’avvocato Horia Cosmovici (uno dei difensori del Capitano) in un libro pubblicato clandestinamente in Romania all’indomani del processo e contenente il resoconto delle udienze. Ora questo eccezionale documento è possibile leggerlo anche in italiano […] Dalla sua lettura risalta non solo l’ampiezza del progetto persecutorio, ma anche l’abissale distanza morale che separa il Capitano dai suoi persecutori. Codreanu è perfettamente consapevole che in quell’aula non si cercherà la verità, che questa, già precostituita, serve soltanto da pretesto per tenerlo in carcere e per colpire attraverso di lui la Guardia di Ferro […] La sua sorte è segnata? Codreanu non sembra preoccuparsene: come ogni soldato politico egli sa bene che il martirio, la prigione, la tortura, l’infamia sono possibilità da mettere, per così dire, in bilancio, soprattutto da chi come lui si propone obiettivi di rinascita spirituale e di perfezione morale. È questa la premessa di ogni cambiamento politico o istituzionale. È questo che ha continuamente insegnato ai suoi nell’esaltante esperienza della Guardia di Ferro.
(Aldo Di Lello, “Secolo d’Italia”, 12 maggio 1990)
Guardia di Ferro
Al passo con l’arcangelo. Ritmi legionari
(1982)
È apparsa in Italia, a Parma, un’opera di eccezionale valore storico, sotto il titolo Al passo con l’Arcangelo. In effetti il canto legionario riflette qualcosa del ritmo celeste, delle trombe invisibili degli eserciti arcangelici. […] L’opera può dirsi bipartita. La prima comprende una serie di articoli e saggi che spiegano l’essenza del canto legionario, gli stati spirituali da cui volta per volta esso si è sviluppato. […] La seconda parte comprende la maggioranza del patrimonio poetico della Legione, tradotto in italiano secondo il ritmo originario da Claudio Mutti. Un lavoro che denota grande abilità e una profonda conoscenza delle due lingue. Ogni canto legionario è preceduto da una nota, nella quale vengono spiegate le circostanze in cui il canto è comparso e il suo significato nel contesto della lotta legionaria. La maggior parte del patrimonio poetico della Legione, che accordava al canto un’importanza primaria. Due testimonianze sul canto legionario, dovute a Ion Mânzatu e a Radu Gyr, i due creatori dei canti legionari più sublimi. Un’opera di qualità eccezionale.
(“Țara şi Exilul”, XIX, 7-8, maggio-giugno 1983)
Ion Moța
Testamento di Ion Motza
(1984)
Bene ha fatto l’Editore a riproporre la lettura delle ultime lettere che Ion Motza [ucciso in battaglia durante la guerra civile spagnola] invia ai genitori, allo stesso Capitano e ai suoi camerati. In poche pagine si racchiude il significato di una vita veramente grande, vissuta con purezza e abbandonata con fermezza. Si vivono momenti, nella sua lettura, toccanti, che scuotono l’intimità del nostro essere, che fanno pensare a quanta nobiltà c’è nell’uomo, se solo volesse ridestarla, che fanno aprire al senso di infinito che c’è nella morte accettata come dovere.
[…] Spesso un messaggio intimo e puro, come questo di Motza, comunica direttamente tanta verità, più di quanta ne possa dare la meditazione di un libro nato dallo sforzo dell’intelletto. Testamento è una lettura che consigliamo vivamente a tutti i giovani, perché li aiuterà a maturare e a capire che cosa è il senso del sacrificio e del coraggio; agli adulti, perché rivedendo l’esempio della forza del distacco dai “sentimenti domestici”, potranno ritrovare un poco della loro giovinezza.(“Heliodromos”, 24, dicembre 1985)
Nae Ionescu
Il fenomeno legionario
(1998)
Il fenomeno legionario raccoglie i testi di una serie di conferenze tenute da Nae Ionescu – complessa ed affascinante figura di intellettuale e giornalista, morto in circostanze perlomeno sospette – ai militanti del movimento di Codreanu, detenuti nel campo di concentramento di Miercurea Ciuc, dopo la repressione del 1938 ordinata da re Carol II.
(“Il Bargello”, giugno-luglio 1999)
Da questo libro, gli integralisti cattolici potranno apprendere che Nae Ionescu riteneva addirittura incompatibile la qualità di cattolico con quella di romeno; e i reazionari scopriranno che egli rifiutava recisamente di collocarsi “a destra”. Infatti, in quanto esponente di una forma di Lebensphilosophie e capofila di una sorta di “rivoluzione conservatrice” romena, egli mirava a realizzare una sintesi armonica tra un nazionalismo sottratto all’egemonia reazionaria e una versione della modernità che prescindesse da liberalismo e democrazia parlamentare.
(“Rinascita”, 3 giugno 1999)
Horia Sima
Il crollo di un’oligarchia
(1985–1987)
Lo scorso 25 maggio è morto in Spagna, ultraottuagenario, Horia Sima, che tra il 1940 e il 1941 fu vicepresidente del Consiglio dei Ministri nel governo presieduto dal generale Ion Antonescu. La notizia è stata ignorata dagli organi di stampa. Eppure Horia Sima ha svolto un certo ruolo nella storia del nostro secolo: impostosi alla guida del movimento legionario romeno dopo che nel 1938 il re Carol II ne aveva fatto eliminare il “Capitano” Corneliu Codreanu, Sima ebbe una funzione rilevante nel preparare l’insurrezione nazionale del 3 settembre 1940, che si risolse con la fuga del sovrano e con l’instaurazione dello “Stato nazional-legionario”. Queste vicende, d’altronde, sono state narrate dallo stesso Horia Sima in un’opera di memorialistica uscita in Italia col titolo Il crollo di un’oligarchia.
“L’Umanità”, 1 luglio 1993
“Conosco Horia Sima”, scriveva Indro Montanelli in una corrispondenza inviata da Bucarest al “Corriere della Sera” nell’ottobre del 1940. (…) Nell’articolo scritto per il “Corriere”, Montanelli riassumeva, con quasi cinquant’anni d’anticipo, quelle vicende avventurose che Sima ha raccontato in un’appassionante e storicamente utilissima opera di memorialistica, tradotta in italiano col titolo Il crollo di un’oligarchia.
(“Storia verità”, III, 16, luglio-agosto 1994)
Mihail Sturdza
La fine dell’Europa
(1999)
Il principe Mihail Sturdza, ministro degli Esteri della Romania nel governo nazional-legionario, servì nel corpo diplomatico del suo paese, pressoché ininterrottamente, per venticinque anni. […] Queste memorie ruotano intorno a tre drammi fondamentali, collegati tra loro e poco noti al lettore italiano: il ruolo svolto dai patti dell’alleanza militare tra Francia, Cecoslovacchia e Urss nello scoppio della seconda guerra mondiale; i tentativi fatti dalla Germania per evitare la guerra all’ovest; la storia della Legione Arcangelo Michele. Il principe Sturdza ritiene che la Romania abbia rappresentato il perno degli avvenimenti che portarono alla guerra. In ogni caso, la lunga attività nel campo diplomatico gli ha consentito di venire a conoscenza di parecchi retroscena degli eventi del secolo che sta per chiudersi e di scrivere un libro che, per la prima volta, presenta una prospettiva est-europea della Seconda guerra mondiale. Sarà dunque impossibile, d’ora in poi, scrivere una storia del secondo conflitto mondiale senza fare riferimento alle memorie del principe Sturdza.
(“Rinascita”, 29 maggio 1999)
Vasile Lovinescu (“Geticus”)
La Dacia iperborea
(1984)
Vien data attenzione a miti, simboli, fiabe e folclore di quelle regioni dell’Est europeo lambite da propaggini islamiche innestate sulla primordiale Tradizione Iperborea nel volume La Dacia Iperborea di Geticus. Trovavasi la Dacia nell’odierna Romania, che deve il suo nome alla fusione dei Daci coi Romani conquistatori. Geticus esamina simboli, miti, tracce dell’autoctono popolo dacico, che come i Traci, Celti, Arii, affonda nelle radici della Tradizione Iperborea, riferentesi alla mitica primordiale Thule, culla della luce solare del Nord, e si pone la questione della fine del dacismo operante. L’autore, constatata la morte degli dèi primevi, si fece islamico.
(Mariella Bernacchi, “Dimensione Cosmica”, 10, dicembre 1990)
Geticus, con uno studio di tradizioni culturali e di simbologie della scuola di Guénon, attribuisce alla Dacia un ruolo centrale nella mitica storia degli iperborei (…) Dunque la Dacia sarebbe stata “la sede del Centro spirituale supremo”.
(Giorgio Galli, La politica e i maghi, Milano, 1995, p. 222)
Vasile Lovinescu (“Geticus”)
La Colonna Traiana
(1995)
La Colonna Traiana riunisce le lezioni che Vasile Lovinescu tenne nel 1968 per la Confraternita di Iperione, una cerchia che si riuniva regolarmente a Bucarest per studiare le dottrine tradizionali. […] Lo studio di Lovinescu contiene diverse riflessioni sulla Dacia, tra le quali in particolare si inserisce una digressione assai interessante sulla sinergia e sull’antagonismo che esistettero tra il messianismo imperiale romano e il messianismo semitico-cristiano. I testi di Lovinescu ruotano infatti intorno ad una questione centrale ed essenziale: era possibile che l’Europa evitasse l’imposizione di una forma tradizionale a lei estranea? Non sarebbe stato possibile ravvivare l’antica tradizione greco-romana, di modo che la rivelazione d’origine semitica risultasse superflua? No, risponde l’autore, perché la realtà concreta e politica che ostacolava le tendenze dissolventi era proprio l’Impero Romano. Il cristianesimo fu necessario per accelerare il processo del Kali Yuga e l’esaurimento del nostro ciclo di umanità.
(“Nouvelles de Synergies Européennes”, 14, sett.-ott. 1995)
Vasile Lovinescu (“Geticus”)
Vremea
(2012)
Vasile Lovinescu è uno scrittore e intellettuale romeno di grande interesse sebbene poco conosciuto: amico di Eliade e di Cioran, componente con loro della scuola di pensiero della “Nuova generazione” romena. Lovinescu studiò a fondo gli autori spirituali di tutte le epoche come Meister Eckart e Guénon, Apollonio di Tiana e Boehme, Platone e Pitagora e tanti altri. Dei suoi scritti ora è in libreria una raccolta di saggi pubblicati da questo autore sulla rivista “Vremea” (Il tempo), negli anni Trenta, tradotti e prefati da Claudio Mutti, che da molti anni si occupa, fra l’altro, di questioni legate alla cultura romena. Dalle riflessioni sul libro a Wagner, dall’attualità culturale del tempo a Guénon alle riflessioni sulla natura, questi articoli mostrano quanto interessante fosse la cultura romena, in linea con quella europea.
(“La Gazzetta del Mezzogiorno”, 25 novembre 2012)
Vasile Lovinescu (“Geticus”)
Rex Absconditus
(2012)
È nota l’esistenza di leggende che in tutta l’Eurasia parlano di sovrani ed eroi i quali, ritenuti morti, vivrebbero invece nascosti in qualche luogo recondito, destinati a manifestarsi alla fine dell’attuale ciclo d’umanità per restaurare un ordine di giustizia. Artù, Carlo Magno, Federico I di Svevia, Gesar de Ling, il Mahdi sono solo le figure più celebri di questo archetipo.
A questa serie di sovrani e di eroi appartiene anche Stefano il Grande, voivoda di Moldavia. Secondo Vasile Lovinescu, sarebbe proprio lui il personaggio raffigurato in un’icona del XVII secolo ai piedi dell’Arcangelo Michele “che fa il gesto dell’androgine ermetico” (come osservò René Guénon commentando la foto dell’icona).
Mircea A. Tămaş
Agarttha transilvana
(2003)
Agarttha è un termine sanscrito, la lingua sacra dell’India antica: è a dir poco curioso vederlo associato alla Transilvania, la regione rumena nota, qui da noi, per lo più per tenebrose storie di vampiri e legata alla figura storica e leggendaria del Principe Vlad l’Impalatore, meglio conosciuto come Dracula. Ebbene, in sanscrito la parola Agarttha designa una remota e segreta regione “al centro del mondo”, ove la tradizione primordiale si sarebbe ritirata e occultamente conservata, in un “oscurissimo Tibet”, per citare l’espressione usata a questo proposito dallo scrittore tedesco Ernst Jünger. La ragione per cui uno studioso tradizionalista rumeno (Mircea Tămaş) utilizza l’espressione Agarttha Transilvana si spiega con un’appassionata e approfondita ricerca, che lo ha portato a identificare nei miti, nel folklore e nelle leggende di quella regione un’impressionante serie di riferimenti e richiami, appunto, alla nozione di “centro del mondo”. Quella regione si troverebbe per l’appunto nel territorio della Transilvania.
(Alberto Lombardo, “Il Tempo”, 6 ottobre 2003)
Dan Stanca
Scrittore o profeta?
(2012)
Finora Dan Stanca (nato a Bucarest nel 1955) era noto ai lettori delle Edizioni all’insegna del Veltro soltanto per il saggio introduttivo pubblicato nel volume di Nae Ionescu Il fenomeno legionario. Ma Dan Stanca è soprattutto l’autore di una quindicina di romanzi, che gli hanno valso numerosi premi e prestigiosi riconoscimenti. Un autorevole critico letterario ha scritto di lui: “Dan Stanca è un eretico… Originale promotore del radicalismo spirituale e metafisico in una letteratura che si trova sotto il segno del relativismo, è un rappresentante d’avanguardia della più importante tendenza della nostra prosa postcomunista: il realismo visionario ed apocalittico… Il suo spiritualismo ortodosso, di derivazioni gnostiche ed esoteriche, si associa ad uno scetticismo radicale”. Gli scritti che sono stati riuniti in questo elettrolibro costituiscono un nuovo eccellente campione della saggistica di questo autore.
Marco Costa
Conducător. L’edificazione del socialismo romeno
(2012)
Secondo il dott. Marco Costa, autore del saggio Conducator: l’edificazione del socialismo romeno, pubblicato dalle Edizioni all’insegna del Veltro, gli avvenimenti romeni del dicembre 1989 costituiscono il primo episodio di un’onda lunga di destabilizzazione condotta dall’Occidente, che, proseguita nel corso degli anni in Serbia e in Ucraina, arriva oggi fino alla Libia e alla Siria. Durante il periodo della “Guerra Fredda” la Romania ebbe una sua autonomia e l’elemento di rottura con il blocco sovietico fu quello identitario; da qui la definizione di “nazionalcomunismo” per l’esperimento condotto da Ceausescu. Il Conducator si oppose alla divisione internazionale del lavoro programmata a Mosca, secondo la quale alla Romania doveva essere assegnato il ruolo di semplice fornitrice di materie prime nell’ambito del Patto di Varsavia. Ma, dopo le aperture fatte ad Ovest negli anni precedenti, Bucarest giocò la carta autonomista anche nei confronti dei “poteri forti” vicini a Washington, svincolandosi dal ricatto usurocratico imposto dal Fondo Monetario Internazionale e azzerando il proprio debito estero. A caratterizzare il progetto di Ceausescu fu, in particolare, la dottrina del “multilateralismo sviluppato”, cioè una richiesta di policentrismo nelle relazioni internazionali; la fine della politica dei blocchi, lo scioglimento della NATO e del Patto di Varsavia, il ritiro delle basi statunitensi dell’Europa ne avrebbero dovuto costituire i presupposti. Questa idea antimperialista si scontrò con alcune contraddizioni della politica romena. Davanti al conflitto arabo-israeliano del 1967, per esempio, mentre gli altri paesi del Patto di Varsavia rompevano i rapporti diplomatici col regime sionista, la Romania si limitava ad una condanna formale dell’aggressione militare intrapresa da Tel Aviv. Una analoga posizione di equidistanza venne assunta da Bucarest nel 1968, al momento dell’entrata dei carri armati sovietici a Praga: la Romania non avallò l’intervento di Mosca e, pur non schierandosi a favore delle controriforme promosse da una parte della classe dirigente cecoslovacca, ne sostenne le ragioni autonomiste. Diversi i rapporti di Ceausescu col Terzo Mondo. Quelli con l’Iran furono sempre ottimi, sia prima sia dopo il 1979; quanto all’Africa, Ceausescu sostenne finanziariamente la guerriglia antimperialista in Angola.
[…] Secondo Costa [il 1989] si trattò della prima controrivoluzione postmoderna. In Italia, le falsificazioni su questi avvenimenti vennero accolte acriticamente da tutto quanto lo schieramento politico, PCI compreso, nonostante negli anni precedenti Nilde Iotti fosse arrivata a candidare Ceausescu al Premio Nobel per la Pace. Se importanti opinionisti come Ignacio Ramonet hanno definito l’invenzione dell’eccidio di Timișoara e le presunte fucilazioni attribuite a Ceausescu come “il più grande inganno mondiale dopo l’invenzione della televisione”, rimane indispensabile ancora oggi sottoporre ad un’obiettiva indagine storica l’esperienza nazionalcomunista della Romania.(Eurasia, 16 aprile 2012)